giovedì 28 ottobre 2010

Un “fascista” scomodo

Nel genetliaco della nascita di Giovanni Preziosi urge dare una seria testimonianza di ciò che rappresentò realmente il suo infaticabile lavoro, incominciato con l’abito talare a Torella dei Lombardi e finito in camicia nera a Milano. Il nome di Giovanni Preziosi è stato praticamente cancellato dall’album dei ricordi e delle commemorazioni. E qui, non parliamo, ovviamente, del mondo accademico “democratico”, da cui non è nemmeno lecito aspettarsi qualcosa, ma della cosiddetta “destra” o, meglio, di quell'area di riferimento politico culturale che dice di volersi richiamare al fascismo. Persino lo storico Renzo De Felice - illustre accademico, prediletto dall'area neofascista che pure gli ha dedicato fittissime pagine - si sofferma unicamente sull'ultimo periodo della sua vita, tralasciando il periodo antecedente alla R.S.I. L’ unica volta in cui lo sentiamo nominare è per denigrarlo ed accostarlo alle figure più abiette che animarono l’ultimo periodo dell’epopea fascista: la R.S.I. In quest’ambito egli è stato relegato nel posto più basso, tanto che nemmeno i “sedicenti fascisti” osano nominarlo pur di non incorrere nella furia iconoclasta di stampa resistenziale. In realtà, Giovanni Preziosi rimarrà negli annali di storia per essersi guadagnato sul campo la qualifica di principale studioso della questione ebraica, della cui rettitudine e analisi ne beneficeranno, due lustri dopo, alti esponenti del Governo Nazional-Socialista tedesco.

sabato 16 ottobre 2010

IL MONDIALISMO

Riproponiamo all'attenzione dei "camerati" e, più ampiamente, dei lettori l'articolo di Maurizio Lattanzio:"il Mondialismo", già pubblicato sul n°15 della rivista "Orion" nel dicembre 1985 e successivamente ripubblicato dalla rivista "AVANGUARDIA".
 

La Società Massonica

«Il mondo si divide in tre categorie di persone: un piccolissimo
numero che produce gli avvenimenti; un gruppo un poco più
numeroso che vigila alla loro esecuzione e ne segue il compimento, e, infine, una stragrande maggioranza che non conosce mai ciò che si è prodotto in realtà»



Il termine "mondialismo" si riferisce ad una concezione politico-culturale di cui si fanno portatori e diffusori potenti gruppi tecnocratico-plutocratici occulti o, quanto meno, "defilati", non esposti alle luci dei riflettori - cioè dei mass-media sapientemente manovrati - che "illuminano" la grande ribalta politica internazionale. Costoro operano tramite istituzioni parimenti occulte o, se si preferisce, semi-pubbliche (Trilateral Commission, Bilderberg Group, Council on Foreign Relations, Pilgrims Society, sistema bancario internazionale, ecc.), con l’obiettivo di giungere alla realizzazione di un progetto che prevede l’instaurazione di un unico Governo Mondiale, depositario del potere economico, politico, culturale e religioso. Le articolazioni strutturali di un simile progetto - già in via di attuazione, si pensi solo al M.E.C. - sono fondate sulla integrazione dei grandi insiemi (USA - in posizione preminente - Europa Occidentale, Giappone, Russia e relativi "satelliti", Cina Popolare, Terzo Mondo), che saranno sottoposti al dominio dei tecnocrati-funzionari dell’apparato di potere plutocratico installato nei consigli di amministrazione delle banche e delle multinazionali. Sono le strutture operative del comando oligarchico dal quale l’Alta Finanza internazionale pianifica e concretizza l’asservimento dei popoli mediante i diabolici meccanismi della Grande Usura. [1]
La manifesta aspirazione a fare dell’ordine di valori di cui si è portatori il centro di gravità di un processo di unificazione mondiale, è stata sempre caratteristica costante di ogni forma tradizionale, di ogni religione e, più ampiamente, di ogni movimento di Idee ispirato ai valori della tradizione. È la ordinatio ad unum, l’universalità - cioè il progetto di integrazione dei popoli nel quadro di un ordine gerarchico a contenuto etico-spirituale, modellato sui valori dell’Essere e culminante nella dimensione metafisica o Unità Principale (chi "sa" mi intende ...). Ciò avviene all’interno di differenziate e organiche forme tradizionali conformi alle vocazioni spirituali e alle conformazioni etiche delle diverse comunità umane.
Il mondialismo, invece, è la "scimmia" dell’universalità; è la contraffazione antitradizionale delle idealità universali che hanno omogeneamente permeato le costruzioni politiche ed hanno ispirato le vicende storiche delle Civiltà tradizionali. L’universalità è un sistema di gerarchie ontologiche che configurano un ordine piramidale ascendente lungo un asse cosmico verticale, mentre il mondialismo, al contrario, è la materializzazione e la decomposizione internazionalistica in senso orizzontale dell’idea-forma universalistica. É la reductio ad unum, un processo dissolutivo discendente, il cui tratto distintivo è il riduzionismo, cioè la degradazione dell’umanità ad una poltiglia indifferenziata, secondo i perversi ritmi scanditi da condizionanti e alienanti dinamiche massificatorie. Punto d’arrivo è la serie degli individui-robot che ripetono demenzialmente uno stesso tipo dalle bestiali caratteristiche di tesaurizzatore, trafficante e consumatore di cose materiali. Questo obiettivo tattico è perseguito dall’oligarchia mondialista in funzione di una strategia di dominio planetario. Religione e politica, nazione e razza, cultura e costume, diventeranno puri nomi carenti di qualsivoglia contenuto; rappresentazioni multicolori da immettere nei mercantili e cosmopoliti circuiti della società mondiale dello spettacolo; allucinazioni collettive che surrogano la realtà, estraendo da ogni organico rapporto di interazione con il mondo interiore dell’uomo, il quale, del resto, dovrà essere ed è sostituito da una scatola vuota riempita, anzi, meglio, ingozzata dai falsi bisogni - ci sono anche idioti che li chiamano aspirazioni (sic!) - indotti dall’alienazione consumistica a fini di conservazione e di potenziamento del sistema capitalistico internazionale. Ridotto il valore ad interesse, l’individuo diventa schiavo della ricchezza e, conseguentemente, di coloro che la creano, la controllano e se ne servono con diabolica perizia.
L’istituzione mondialista è occulta, o, se si preferisce, per dirla con Bordiot, «discreta». È quindi necessario l’uso di una metodologia interpretativa storico-politica e sociologico-giuridica che miri alla individuazione di due oggetti o, meglio, di due aree di indagine situate in dimensioni diverse: quella dell’istituzionalità pubblica e quella dell’istituzionalità occulta. Queste due nozioni sono meri rilievi descrittivi; per quanto riguarda l’aspetto sostanziale, è più appropriato parlare, rispettivamente, di società «strumentalizzate» e di società «strumentalizzanti».
Il complesso istituzionale pubblico è il quadro di riferimento giuridico-costituzionale nel cui ambito si snoda la vita politica ufficiale delle nazioni (governi e parlamenti, partiti e sindacati, dichiarazioni politiche e prese di posizione diplomatiche, ecc).
L’istituzionalità pubblica presenta dei profili e delle dinamiche esterne, apparenti, palesi, a volte addirittura appariscenti, che si articolano in una serie di atti e di fatti, i quali, ripresi, rilanciati e, soprattutto, gonfiati dai mass-media, servono alla fabbricazione delle opinioni che saranno poi propinate come materia di dibattito, nel libero confronto democratico, alle turbe di imbecilli che infestano l’epoca contemporanea.
L’istituzionalità occulta o, per usare un eufemismo, "ufficiosa", è il complesso degli organismi privati (consorterie ebraico-massoniche, Banca, Multinazionale, CFR) privi di qualsiasi rilievo giuridico-costituzionale, mediante i quali l’oligarchia matura le scelte funzionali alla realizzazione dell’obiettivo strategico ultimo: il raggiungimento del potere mondiale.
La corte degli stracci che cela l’esistenza e l’operatività della dimensione istituzionale occulta, è rappresentata dall’istituzionalità pubblica. Essa provvede all’esecuzione di decisioni e progetti adottati dall’oligarchia mondialista in ambienti esclusivi, ristretti, sottratti a qualunque forma di controllo popolare e in regime di assoluta irresponsabilità. Il complesso istituzionale occulto decide felpatamente al riparo da occhi indiscreti; il complesso istituzionale pubblico esegue tra i grandi clamori e le scintillanti coreografie approntati dagli squallidi giullari dell’informazione del Sistema.
La dimensione occulta è il luogo politico, l’ambito di ricezione e lo spazio di aggregazione delle risultanti del processo di "distillazione" e "condensazione" verso l’"alto sociale" dei soggetti, delle tendenze etiche e delle connotazioni psicologiche che caratterizzano in senso mercantile e materialistico la borghesia e il proletariato. Siamo di fronte a categorie economiche che, nel corso dell’esercizio della loro prassi di potere, non possono esimersi dal subire un processo di "decantazione" che proietti ai vertici delle "loro" società - rispettivamente, all’ovest come all’est- l’oligarchia tecno-plutocratica e l’oligarchia tecno-burocratica. Esse - data l’identità del materiale umano da cui sono formate, delle premesse ideologiche illuministiche da cui muovono e dall’azione di collegamento "omogeneizzante" sviluppata dalle componenti tecnocratiche, comune ai due sistemi - sono quindi destinate alla fatale convergenza mondialista.
Dunque da non sottovalutare gli impulsi alla interazione - l’istituzionalità pubblica li definisce «pacifica cooperazione internazionale» - indotti nei due «massimi sistemi» contemporanei dalle tecnocrazie operanti al loro interno, allo scopo di pervenire a una gestione unitaria, su scala mondiale, dei meccanismi di produzione, al di sopra delle distinzioni politiche e al di fuori dei vincoli di sovranità degli stati nazionali.
Ma quali sono le origini storico-culturali del mondialismo? A quali referenti culturali di fondo va ricondotto questo fenomeno sovversivo operante ormai da secoli?
Universo religioso-culturale dell’ebraismo e massoneria - le cui vicende storiche si intrecciano inscindibilmente con quelle dell’ebraismo, il quale, alla fine, ne farà un suo prezioso strumento- sono la cornice teorica nella quale inquadrare il fenomeno mondialista.
In origine la Massoneria è un’organizzazione iniziatico-spirituale, espressione, relativa al piano delle forme storiche, procedente dalla dimensione informale nella quale si situa la Tradizione Primordiale.
Rispetto ad essa, la Massoneria rappresenta una Via di partecipazione basata sull’analogia simbolica esistente tra i gradi ontologici della realizzazione spirituale e l’arte della costruzione degli edifici, cioè la «muratoria». Si tratta della «massoneria operativa», formata da adepti: i massoni, i quali svolgono un’attività materiale inerente alla costruzione di edifici e, forse, di templi e cattedrali le cui linee architettoniche esprimono una simbologia metafisico-tradizionale. Di qui l’intima connessione tra massoneria operativa e corporazioni medioevali.
«La costruzione materiale - scrive Julius Evola [2]- divenne cioè una semplice allegoria per un’opera creativa interna e segreta; il tempio esteriore fu simbolo per quello interno; la pietra grezza da squadrare era la comune individualità umana, da rettificare affinchè fosse qualificata per l’ "opus transformationis", cioè per un superamento della caducità umana e per l’acquisizione di un sapere e di una libertà superiore, i gradi di tale realizzazione corrispondendo a quelli originari della vera gerarchia della "massoneria operativa" e non ancora "speculativa"».
Però, tra i secc. XVII e XVIII, la Massoneria subirà gli effetti di un processo degenerativo che la ridurrà ad organizzazione profana, ispirata a principi laici ed umanitari, che ne faranno la protagonista del secolo dell’illuminismo e la promotrice delle rivoluzioni borghesi dei secoli successivi.
«Effettivamente nel quadro del processo controiniziatico che vide organizzazioni regolari e tradizionali, o i loro residui, cadere in preda di influenze di segno opposto, anche molte logge massoniche subirono un’inversione di polarità e tradussero in termini individualistici, laici e democratici aspetti del diritto iniziatico, quali, ad esempio, i concetti di libertà, parità, fraternità». [3]
Nell’ambito di questa vicenda che, prima di essere storica, è metastorica, si inserisce la nascita della «massoneria speculativa», cioè della massoneria moderna di Rito Scozzese Antico e Accettato, importante espressione e supporto storico della Sovversione. Essa nasce a Londra il 24 giugno del 1717, giorno della festa di S. Giovanni Battista, patrono dei costruttori delle città. In quel giorno, infatti, quattro logge: "Crown Alehouse", "Apple the Taverne", "Rummer and Grape", e "Goose and Gridirion Alehouse", decidono di unificarsi nella "Grande Loggia" di Londra, dalla quale si irradierà un vasto e rapido movimento di espansione che, nel giro di 10-15 anni, vedrà l’Europa punteggiata di logge massoniche.
La Massoneria speculativa ad indirizzo illuministico ed aconfessionale, diventerà il punto di aggregazione di filoni di pensiero ad orientamento umanitario e cosmopolita sparsi nell’Europa; essa ne farà i coefficienti di organizzazione, secondo i moduli di un abile sincretismo, di una ideologia laico-democratica ed egualitaria, il cui internazionalismo di fondo, negatore delle specificità etnico-culturali dei popoli e delle civiltà, sarà la solida piattaforma su cui poggiare la «Repubblica Universale» ispirata ai valori del deismo razionalista e vagheggiata - tra gli altri- anche dal massone Giuseppe Mazzini.
Nel corso della storia, l’ebraismo si infiltrerà massicciamente nelle logge massoniche, fino a farne sostanzialmente un suo strumento -per altro conforme- di cui servirsi per l’attuazione dell’aspirazione ebraica all’egemonia mondiale.
Mayer Amschel RothschildNel 1773 [4], a Francoforte di Baviera, l’ebreo Mayer Amschel Rothschild - fondatore della casa bancaria omonima - riunisce nella sua casa d’affari 12 alti esponenti del mondo bancario, finanziario e industriale per presentare loro lo schema di fondo di un piano di dominio mondiale. Rothschild affiderà al consanguineo Adam Weishaupt il compito di fornire un decisivo contributo al raggiungimento di questo obiettivo.
Nel 1776 [5] nasce l’Ordine degli Illuminati di Baviera o "Gesellschaft der Perfectibilisten", associazione di indirizzo gnostico-razionalista alla cui fondazione - oltre a Weishaupt - concorreranno gli ebrei Wessely, Moses Mondelssohn, unitamente ai tre banchieri, parimenti giudei, Itzig, Friedlander e Mayer. Il programma [6] degli Illuminati contiene riferimenti teorici che costituiranno i cardini del pensiero radicaldemocratico successivo, specie marxista, e dell’ideologia che alimenterà "I Protocolli dei Savi Anziani di Sion" e il "Patto Sinarchico". In questo programma si afferma la necessità dell’abolizione della proprietà privata e del diritto ereditario, del capovolgimento dell’ordine politico sociale, della lotta contro le religioni, di rivoluzione permanente internazionale. Inoltre nel punto 20 si descrivono i lineamenti di un Unico Governo Mondiale, la cui direzione politica, nel punto 23, è riservata ad una classe dirigente tecnocratica (finanzieri, industriali, scienziati, economisti).
Nel 1782 [7], al congresso massonico di Wilhelmsbad, l’Ordine degli Illuminati confluirà nella Massoneria che, di li a pochi anni, ricoprirà un ruolo centrale nel sussulto sovversivo del 1789, mentre nei secoli seguenti porterà a termine l’attacco decisivo all’ordine aristocratico europeo. Infatti l’assalto coordinato all’Europa aristocratica sarà messo a punto nel corso del Congresso Massonico Internazionale di Strasburgo tenutosi nel 1847.
L’anno seguente -il 1848 delle barricate tanto care all’oleografia risorgimentale- l’Europa vacillerà sotto i colpi della sovversione giudaico-massonica: da Parigi a Vienna, da Milano a Berlino, da Venezia a Madrid, da Roma a Napoli, le pretestuose parole d’ordine (indipendenza nazionale, costituzione liberale, ecc.) e i metodi insurrezionali -i cui sincronismi spaziali e temporali lasceranno chiaramente intuire un’unica regia- non riusciranno a mascherare il vero obiettivo dell’attacco: lo Stato aristocratico-gerarchico e l’universo politico-ideale che le sorregge.
Il Talmud ha rappresentato il tessuto unificante e l’elemento di coesione che ha garantito all’ebraismo della Diaspora la conservazione della sua profonda identità religiosa, spirituale ed etico-culturale, a dispetto della sua dispersione nel mondo. In esso e nella cultura dell’ebraismo diasporico sono rintracciabili i più solidi riferimenti storici e religioso-culturali del fenomeno mondialista.
Originariamente la forma tradizionale ebraica si riconnette alla tradizione Primordiale, la cui origine metafisica e non-umana opererà un’indubbia azione disciplinatrice e rettificatrice nei confronti delle perverse e dissolventi tendenze presenti nel corpus razziale ebraico. L’ebraismo, comunque, non si sottrarrà ad un processo di decadenza - comune ad altre forme tradizionali e riferibile ad un periodo compreso tra l’VIII e il VI secolo a.C. - che affonda le sue radici nel piano della metastoria, e che propizierà nell’ebraismo un’assunzione profana e materializzata dei princìpi dell’antica tradizione, soprattutto il tema dell’elezione divina del popolo ebraico. «Questo tema che nell’ebraismo antico era stato contenuto, bene o male, entro il quadro organico di una tradizione, subì, col degenerare della tradizione in un tradizionalismo residuale, un processo di materializzazione, dando luogo a un razzismo intransigente e ad un risentimento smisurato nei riguardi dei non ebrei. (...) la fine politica degli ebrei, la loro dispersione, la loro condanna in quanto popolo deicida fecero scattare, come un’idea di rivalsa e una speranza di revanche, la teoria di Israele quale popolo destinato al comando universale. La volontà di dominio mondano, prodotta e giustificata dalla laicizzazione del tema biblico della scelta di Israele quale "popolo di Dio", si legò a un desiderio sfrenato di ricchezza materiale e a una pronunciata propensione per il mercato; e ciò, in parte, è senza dubbio da mettersi in relazione con la materializzazione di un altro motivo tradizionale: quello del Regno». [8]
Il Talmud è la raccolta giurisprudenziale costituita dall’esegesi e dal commento rabbinico del Vecchio Testamento; la codificazione dei rabbini diventerà quindi la depositaria dell’identità cultural-razziale dell’ebraismo. Secondo l’ebreo Graetz, storico del giudaismo, «il Talmud è stato il simbolo che ha tenuto assieme i Giudei dispersi nei vari paesi, custodendo l’unità del Giudaismo». Un altro ebreo, I. Epstein, scrive: «... ed è il Talmud che ha formato le dottrine religiose e morali del giudaismo odierno». Senz’altro interessante la considerazione di alcuni passi del Talmud: «Il Messia darà agli Ebrei il dominio del mondo, al quale serviranno e saranno sottoposti tutti i popoli» [9]. Oppure: «Il Santissimo parlò così agli Israeliti: Voi mi avete riconosciuto come unico dominatore del mondo, e perciò io vi farò gli unici dominatori del mondo». [10] E, ancora: «Tutti i popoli verranno al monte del Signore e al Dio di Giacobbe e saranno soggiogati dagli Israeliti». [11]
L’etica talmudica, nel corso dei secoli, si sedimenterà nell’anima razziale del popolo ebraico, facendone il principale supporto antropologico delle forze dell’Antitradizione e il più efficace propagatore storico dei processi sovversivi che da essa si esprimono. L’idea-forma mercantile, concepita come condizione dell’anima, connotazione psicologica e status interiore, troverà nel giudeo il riflesso storico più omogeneo e conforme. Ben presto, però, essa esprimerà un’ampia tendenza espansiva che la condurrà a valicare i confini delimitati dall’unità etnica -la razza ebraica- postasi in origine quale sua condizione di manifestazione.
Dal punto di vista storico e culturale, questo straripamento etico si renderà palese attraverso «... quella mercantilizzazione dell’esistenza che trovò, almeno in sette secoli di storia europea (effettualmente, data l’europeizzazione del mondo, oggi si può dire, purtroppo, della storia mondiale), nell’anima ebraica la sua matrice più frenetica e virulenta, e nell’ebreo il suo tipico, più incisivo e potente, veicolo d’infezione». [12]
L’affermazione e la diffusione della mentalità giudeo-mercantile -tramite le ideologie individualistiche e materialistiche- anche tra i non ebrei, rappresenterà una decisiva vittoria giudaica. L’ebraismo fornirà un contributo primario alla propagazione delle ideologie cosmopolite, ma, allo stesso tempo, custodirà gelosamente la propria identità razziale, culturale e nazionale, conscio del fatto che ciò gli avrebbe assicurato una fondamentale posizione di preminenza e di vantaggio nei confronti di popoli sradicati e di civiltà dissolte nella massificazione mondialista.
«Facciamo notare che noi Ebrei siamo una nazione singolare, della quale ogni ebreo è suddito incondizionatamente, quali che siano la sua residenza, il suo mestiere e la sua fede». (Luigi Brandeis del Tribunale Supremo degli Stati Uniti). Joseph Morris, rabbino londinese, autore dell’opera "Israele una Nazione", sostiene che «... Israele costituisce una grande nazione (...) Nessuna setta, nè comunità religiosa avrebbe il diritto di portare tal nome (...) Negare la nazionalità ebraica equivarrebbe a negare l’esistenza degli Ebrei». O, ancora, Mosè Hess dall’opera "Roma e Gerusalemme": «Ogni ebreo appartiene alla propria razza e di conseguenza al giudaismo e non ha importanza alcuna che egli stesso e i suoi antenati abbiano rinnegato la propria fede religiosa».
L’internazionalismo finanziario, accompagnato e coperto dagli alibi ideologici e dalle parole d’ordine pacifiste e umanitarie, sarà un corrosivo fermento cosmopolita che aprirà continuamente varchi alla marcia, apparentemente inarrestabile, del progetto relativo al "One World", cioè al livellamento e all’unificazione mondialista degli uomini e dei popoli ridotti a segatura senza identità, senza rango, senza razza, in una parola: senza senso.
«Non esiste - scrive Jean Izoulet [13], professore di filosofia al Collége de France - che un solo problema sulla terra, ed è il problema di Israele. Problema delle due facce, di cui la faccia interna è il laicismo (rapporti tra scienza e fede) e la faccia esterna, l’internazionalismo (rapporti tra patria e umanità). Laicismo e internazionalismo sono le due facce del giudaismo».
Il denaro diventerà strumento di attualizzazione ed elemento di mediazione del rapporto di schiavitù che lega gli individui -ormai sradicati- all’oligarchia giudeo-plutocratica; l’individuo schiavo del denaro è automaticamente schiavo degli usurai che detengono il monopolio dell’emissione della moneta e della distribuzione del credito. «Dallo stato caotico dell’economia il genio ebraico sviluppò il sistema del capitalismo organizzato, grazie allo strumento più efficace: il sistema bancario ...». [14]
L’egemonia ebraica nelle banche e nelle istituzioni finanziarie configurerà i coefficienti di organizzazione di una struttura mercantile internazionale; il pianeta sarà concepito come un immenso mercato che faccia da premessa per la realizzazione di un progetto di unificazione mondiale che, partendo dal piano economico, investirà via via il piano sociale, politico, culturale, religioso.
«Per questa oligarchia il Tempio sarà uno solo, per tutto il mondo cosmico abitato dall’uomo. E si edificherà, nel segreto dei conciliabili bancari, nella Banca del Mondo, centro di emissione dove la cabala degli iniziati trasformerà la carta in oro. Là celebreranno il rito dell’inversione di tutti i valori. Il prodotto che diventa niente; ed il niente di uno straccio di carta che diventa valore, oro. Affinchè il lavoro produca miseria e la miseria intellettuale dei parassiti si trasformi nel controllo di tutte le ricchezze del mondo».
Questi accenni vogliono essere un’introduzione e un contributo alla delineazione dello schema culturale di fondo nel quale si inquadra e dal quale procede la fenomenologia mondialista, che nelle istituzioni e nelle strutture del capitalismo internazionale trova le sue più importanti articolazioni organizzative. La comprensione della cultura del mondialismo è la premessa indispensabile per conferire spessore alla conseguente concreta azione di smascheramento basata sulla puntuale denuncia di nomi, atti e fatti che, altrimenti, se non ricondotti alla logica profonda che li sottende, perderebbero la loro efficacia dimostrativa.
La battaglia culturale del sodalizio-comunità nel quale radichiamo la nostra identità sovraindividuale, potrà essere condivisa o respinta, ma, ciò che è certo e che più conta, ad essa non potrà essere disconosciuta una inoppugnabile qualificazione culturale ed un indubbio rigore scientifico.
Maurizio Lattanzio
 
Note:
1] Giacinto Auriti, "L’ordinamento internazionale del sistema monetario", Marino Solfanelli editore, Chieti 1987;
2] Julius Evola, "Ricognizioni", Ed. Mediterranee, Roma 1974;
3] Claudio Mutti, "Stalin, Trotzsky e l’Alta Finanza", Quaderni del Veltro, Ferrara 1974;
4] Nesta H. Webster, "World revolution, the plot against Civilisation", Britson P. Co. Devon 1971, 6ª ed., p. 32;
5] Olivia Maria O’Grady, "The beasts of the Apocalypse", O’Grady Publications, Benicia USA 1959, p. 118;
6] Williams Guy Carr, "Pawn in the game", St. George Press, Glendale USA 1970, 7ª ed., pp. 26-31;
7] Nesta H. Webster, "Secret Societies and subeversive Mouvements", Britons Publishing Company, 8ª ed., Londra 1964, pp. 233-234;
8] Claudio Mutti, "Ebraicità ed ebraismo - I Protocolli dei Savi Anziani di Sion", Ed. di Ar, Padova 1976;
9] Tal. Bab. Trat. Schalb., fol.120, c.l. e Shanedrin, fol. 88 c.2; fol. 99 c.l.;
10] Chenga, fol. 3, 3;
11] Commento ad Isaia, fol.4 c.2;
12] F. G. Freda, "I Protocolli", op. cit.;
13] Cit. in Yann Moncomble, "La Trilaterale et les secrets du mondialisme", Ed. Faits et documents, Parigi 1980;
14] "L’ebreo americano", 10 settembre 1920;
15] "La rivolta del Popolo", citato in Carlo A. Roncioni, "Il potere occulto", Ed. Sentinella d’Italia, Monfalcone 1974.

giovedì 14 ottobre 2010

il Labirinto del Potere Mondialista


Sono almeno due secoli che gli eventi mondiali vengono potentemente influenzati e, negli ultimi tre quarti di secolo addirittura determinati, non soltanto e non tanto dalle forze politiche tradizionali quanto dalla casta bancaria internazionale.
Poche centinaia di uomini controllano , insieme alla gran parte della ricchezza monetaria della terra , i debiti pubblici della maggioranza degli Stati, dai loro finanziamenti dipende dalla stabilità moneataria ed economica. e quindi politica e sociale, di quasi tutti i maggiori paesi: la maggior parte dei governi non possono fare a meno dei loro prestiti e, soprattutto, della loro competenza tecnica in materia monetaria.
Prima di analizzare il complesso fenomeno del Mondialismo, dal suo sviluppo storico alla sua ideologia, bisogna comprendere la distinzione tra DENARO e RICCHEZZA REALE. La Ricchezza reale è costituita dai beni ( cibo, terra, bestiame, case, attrezzi, strutture produttive) e dai servizi (lavoro, prestazioni, attività produttive), mentre il Denaro è soltanto una rappresentazione formale della ricchezza. Il denaro è quindi lo strumento per pretendere e ottenere servizi.
La Storia.Il fattore economico ebbe sempre un'importanza essenziale accanto agli altri fattori fondamentali della Storia. Certo è anche vero che il fattore economico non fu mai tanto determinante nella storia quanto lo è andato diventando negli ultimi cionque secoli. I babilonesi conoscevano le Banche, il mondo grerco-romano coniava le monete, Cesare andava a chiedere prestiti alla colonia ebraica di Roma, ma quelli erano tempi in cui, agli effetti del potere, la spada contava più del denaro. Solo nel Medioevo l'economia diventa un fattore determinante dellla storia.
Possiamo distinguere cinque fasi:
  1. FASE CAPITALISMO MERCANTILE ( anno 1000- 1800) incentrata sulla figura del mercante avventuriero ( mercanti marinai che tornavano con stive piee di merci pregiate) e poi sui consorzi finanziari privati, come la Compagnia delle Indie.
  2. FASE CAPITALISMO BANCARIO - COMMERCIALE (1250- 1690) incentrata sulla figura del mercante-banchiere. I grossi mercanti, per evitare spostamenti di moneta contante in rischiosi carichi, incominciarono a sostituire il denaro con lettere di pegno e di credito o ad operare scambi di valuta in patria per scambi di merce che avvenivano all'estero: erano comunque prestiti ad alto rischio ed a basso interesse, giacché l'usura era vietata dal codice canonico e da quello civile: L'usura veniva praticata solo dalle famiglie ebraiche, le quali incominciarono ad accumulare fortune.
  3. FASE CAPITALISMO BANCARIO (1650-1850) incentrata sulla figura del banchiere. Già da tempo il mercante banchiere si era accorto che commerciare denaro era meno rischioso e più redditizio che commerciare beni. Nacquero le prime forme di credito e di investimento. Non si trattava più di pratiche di "banco"; alcune famiglie che il commercio e l'usura avevano discretamente arricchito, iniziarono solamente a speculare sul denaro in sé. Intanto dopo la Riforma i paesi nei quali il calvinismo era diventato imperante, prima si fecero tolleranti ed infine accettarono l'usura. Fondate da famiglie calviniste ed ebraiche, nacquero le prime banche di tipo moderno ad Amsterdam.
  4. FASE CAPITALISMO INDUSTRIALE (1770--1890) incentrata sulla figura del capitano d'industria. A seguito delle prime invenzioni tecniche, grossi artigiani cominciarono ad impiegare più vaste attrezzature e apassare l'esecuzione dei lavori a manodopera salariata. Nascono due nuove classi: i padroni e i lavoratori.
  5. FASE di CAPITALISMO FINANZIARIO (1850 ad oggi) incentrata sulla figura del banchiere internazionale. Dalla metà del secolo scorso l'intero mondo finanziario venne gradatamente omogeneizzato in un sistema di integrazione a livello mondiale. A seguito di fusioni, acquisti di azioni, condizionamenti di ogni tipo e spessissimo attraverso matrimoni dinastici, poche banche acquisirono il controllo di un gran numero di medie e piccole banche, società finanziarie e compagnie di assicurazioni. Oltre il controllo del grande credito e della circolazione monetaria mondiale, i grandi finanzieri iniziarono a controllare la grande produzione. I grandi capitalisti industriali reagirono con la creazione di grosse strutture monopolistiche (trusts), ma la pressione congiunta della grande finanza e dell'opinione pubblica sconfisse alla fine il capitalismo monopolistico industriale. Sempre più organizzata e monopolistica si fece invece l'alta finanza nelle cui spire finirono risucchiati i priù grandi complessi economici americani e poi quelli europei. La sola resistenza fu politica. Mentre in Russia trionfava il comunismo ( finanziato dall'altissima finanza), in Germania ed in Italia regimi fortemente statalisti e di orientamento solidaristico-popolari, suoperavano l'esperienza liberista e realizzavano, col diretto intervento dello Stato in econiomia, il controllo sul mondo finanziario, con programmi protezionistici ed autarchici. lasciando così fuori dai propri confini la speculazione finanziaria dell'altissima finanza.era lo scontro fra i grossi speculatori internazionali ed interi popoli che porterà l'Europa ed il mondo alla seconda guerra mondiale... Di contro nei paesi ancora democratici ( siamo nel periodo 1925-1940) l'altissima finanza vince tranquillamente. Il processo di omologazione ebbem all'inizio, come epicentro la City di Londra, dove da tempo alcune famiglie avevano posto i presupposti economici, ideologici e storici epr questa operazione. Da generazioni, capitali ed uopmini d'affari trovavano accoglienza nella City londinese. Anglicani, calvinisti, svizzeri ed ebrei muovevano i trraffici internazionali. Erano, e sono, famiglie ricchissime e comandano l'alta finanza da tempo.
Conclusa questa carrellata storica andiamo ad analizzare i connotati essenziali di questi banchieri e a conoscere alcune dinastie. Innanzi tutto, discendono da famiglie che hanno vissuto per secoli maneggiando denaro e, nelle quali, genio speculativo e alta competenza monetaria si sono andati concentrando per generazioni selezionandosi.
Inoltre chi eredita una funzione attiva nella gestione dei capitali sposa di solito un'ereditiera, meglio ancora una cugina o figlia di cugina, se necessario una nipote, il tutto per evitare amputazioni o dispersioni del patrimonio familiare
In secondo luogo, hanno per forma l'anonimato, o, quando questo non è possibile, la più soffice ed impenetrabile discrezione. Alla discrezione si sposava sempre la più fitta segretezza negli affari: nessuna offerta di azioni, poca pubblicità, scarse notizie nei bilanci. Dopo l'introduzione nelle legislazioni moderne della tassa di successione e dell'imposta scalare sui redditi personali, il patrimonio familiare e la ditta vengono sudivisi e celati dietro una miriade di sigle societarie che cambiano spesso ragione sociale, ma che sono tenute strettamente in mano dalle stesse famiglie. Infine, per evitare ulteriori tassazioni, esse disperdono il patrimonio in "Fondazioni", apparentemente enti a fini filantropici o culturali", normalmente indipendenti ma strettamente collegati alle stesse famiglie bancarie.
Le legislazioni democratiche chiaramente considerano le "fondazioni" esentasse.
In terzo luogo disdegnano le normali e comuni attività bancarie che lasciano alle loro banche collaterali con funzioni di drenare denaro dal pubblico, privilegiando come clienti personali i governi , le chiese, i grossi personaggi e le forze politiche. Sono interessati solo alle alte commissioni e agli interessi di prestiti a lunga scadenza, insieme a qualche forma di controllo dioretto sulla gestione dei fondi da essi prestati allo Stato. Sostengono tutti i paesi senza distinzione politica o militare, infatti, quand'è possibile, sostengono paesi anbche in conflitto fra loro. Inoltre ottendono di essere personalmente investiti di responsabilità politico amministrative di vertice nei governi dei maggiori paesi. Quando la loro diretta presenza è sconsigliabile, sono loro uomini che li rappresentano e li sostituiscono.

In quarto luogo, sono cosmopoliti. Infatti, ad esempio, le famiglie ebraiche non avevano una patria. A seconda del volgere della sorte, esse migravanodal paese in declino verso quello in ascesa, per sostare soltanto la dove pulsava il cuore della potenza mondiale del momento, senza macare di crerare una rete di filiali , affidate a rami collaterali della famiglia, in tutti gli altri maggiori paesi. così queste famiglie non avrebbero temuto crolli nè conosciuto fallimenti legati alle fortune alterne dei diversi paesi.
In quinto luogo essi controllono direttamente l'amministrazione dei loro imperi finanziari. Utilizzano a decine di migliaia quadri opperativi di prim'ordine, ma continuano a trenere, strertto nel pungo il confrerollo dell'insieme e dei singholi dettagli.
In sesto luogo hanno capito che la forza del denaro è direttamente proporzionale alla debolezza della spada; quanto più incerto e influenzabile è il potere politico, tanto più libera e riglogliosa è la crescita della loro potenza. I politici sono troppo deboli e troppo soggetti a temporanee pressioni popolari per essere affidabili nel controllo del sistema monetario. Ma non tutti i sistemi politici sono troppo deboli e soggetti alle pressoli popolari; quelli che offrono queste "garanzie" sono soltanto i regimi democratici, di qui la scelta storica operata dal XVII secolo in poi a favore di filosofie, correnti di pensiero e movimenti poplitico-rivoluzionari che andassero nel senso della democrazia.
Fu una lunga battaglia che vide queste famiglie di magnati disegnare strategie di lungimiranza sorprendente nel sostenere e foraggiare alcune delle forze che la spontanea dialettica della storia metteva in campo, facendo crollare o andare in miseria le forze contrarie ai loro piani. Il fine era ed è semplice: far credere ai popoli che la democrazia è inevitabile, anzi desiderabile.
Il governo dei più invece un'autentica truffa, giacchè il controllo reale è rimasto nelle mano dei ricchi e degli abili. Sono oramai due secoli che lo scontro è tra éilte del denarto e chi crede invece nell'uomo e nella spada.
Ma chi sono i signori della finanza mondiale, come si chiamano, dove vivono? Prossimamente analizzeremio le famigle dell'alta finanza.
Michele MIRIZZI