sabato 8 agosto 2015

In ricordo di Romano Preziosi


Romano Preziosi, figlio del più celebre Giovanni Preziosi, è passato a miglior vita! Il suo esempio si manterrà vivo nel nostro ricordo!
CAMERATA ROMANO, PRESENTE!CAMERATA ROMANO, PRESENTE!

domenica 26 aprile 2015

Ricordo di Giovanni Preziosi a 70 anni dalla morte



Una rarissima foto del Ministro Preziosi a Milano
Chi volesse rivolgere il proprio sguardo alle sorti degli intellettuali e dei politici italiani, non troverebbe molte difficoltà ad aggregare quanti, nel tragico rivolgersi delle epoche, considerarono inviolabile il supremo bene dell’esistenza e non furono perciò disposti, quando gli eventi li posero dinanzi al tramonto di ciò per cui erano vissuti, a rinunciarvi, soccorsi, in questa strenua difesa, dalle più inattaccabili giustificazioni morali, teologiche, filosofiche, politiche; sporadici, infatti, furono i casi di quegli uomini determinati a fare della propria stessa vita la manifestazione di un’idea, al punto da recidere ogni legame con il mondo, quando in esso non dimorò più alcun riverbero di quella. Gli elenchi dei connazionali che ebbero l’opportunità di brillare sotto differenti, e contrapposte, bandiere, non essendo più serrati negli imbarazzati cassetti degli storici di professione, ci liberano dalla necessità di doverli rammemorare adesso. È tempo di ricordare chi, invece, recise quel legame, non volendo manifestare la propria esistenza in quel mondo che i suoi nemici stavano apparecchiando. “Oggi che tutto crolla non so fare di meglio che non sopravvivere”, fu una delle frasi che Giovanni Preziosi vergò su un biglietto, datato 26 aprile 1945, trovato nella camera in cui trascorse le sue ultime ore. Era giunto a Milano, la mattina di quello stesso giorno, in compagnia della moglie, Valeria Bertarelli, e del suo unico figlio, Romano, dopo aver coperto in poche ore il tratto di strada che separa il capoluogo lombardo da Desenzano. Nell’area imperversavano numerosi gruppi di armati pronti a dare l’assalto alle vetture, per questo si procedeva con molta cautela. Preziosi viaggiava a bordo di una Lancia Aprilia e si trovava alla testa del convoglio. Il viaggio si svolse senza difficoltà fino alle porte del capoluogo, quando, d’improvviso, all’altezza di Crescenzago, l’Aprilia su cui viaggiava Preziosi venne fermata da alcuni uomini armati, che intimarono, agli occupanti del veicolo, di scendere. Nessuno degli improvvisati controllori comprese chi avesse di fronte in quel momento.

Nella Repubblica Sociale Italiana, infatti, Giovanni Preziosi aveva avuto un ruolo di primo piano: nell’aprile del ’44 era stato incaricato della guida dell’Ispettorato generale per la razza. Nell’ultima fase del governo Mussolini (dicembre 1942) venne nominato ministro di Stato. Gli incarichi, nonostante siano stati considerati rilevanti al punto da attribuire a chi li ricoprì un ruolo di spicco nella politica antiebraica del fascismo, ebbero in realtà un valore puramente simbolico, una sorta di riconoscimento per l’impegno profuso nella diffusione delle tesi del razzismo italiano attraverso le pagine de La Vita Italiana, il mensile fondato e diretto dallo stesso Preziosi. Le prime disposizioni legislative in materia di difesa della razza risalgono, com’è noto, al 1938. 


La Vita Italiana aveva già avviato un approfondimento sui temi della razza sin dagli inizi degli anni Trenta, grazie soprattutto alla collaborazione di Julius Evola. Nel novembre del 1933, infatti, venne pubblicato sul mensile di Preziosi un articolo di Evola dal titolo “Osservazioni critiche sul «razzismo nazionalsocialista»”. Nel saggio, che esprimeva non solo il punto di vista dell’Autore, ma anche la posizione della rivista sui temi affrontati – come sarebbe avvenuto in seguito, in maniera esplicita, per molti altri scritti evoliani –, venivano presi in esame gli elementi essenziali delle tesi razziste quali si stavano delineando in Germania. Questi elementi non erano affatto accettati in blocco, ma considerati alla luce di una visione fascista, che, avendo posto al centro della politica il mito di Roma, aveva la forza di evitare la deriva relativistica implicita nel razzismo nazionalsocialista. Evola e Preziosi stavano dando sostanza ad un nuovo razzismo, che contemplasse l’uomo nella sua integrità; capace, quindi, di comprendere, in un’unica visione, ogni aspetto dell’esistenza, ogni aspetto della cultura e della storia di un popolo; un razzismo per qualcuno “spirituale”, ma che Evola definì “totalitario”. La Vita Italiana, e poi Evola con le sue opere, diede impulso ad un approfondimento dei temi della razza, che culminarono nella istituzione di una delle più organiche e complete dottrine della razza. Un cammino verso il disvelamento dell’uomo che avrebbe contribuito al definitivo ribaltamento della modernità. Evola e Preziosi costituirono un sodalizio che durò fino al luglio del 1943. Tra la fine di agosto e gli inizi di settembre di quell’anno i due si ritrovarono in Germania, in situazioni del tutto differenti da quelle degli anni della collaborazione a La Vita Italiana. L’ordine del giorno Grandi e la sostanziale incapacità di reazione che i fascisti mostrarono di fronte all’arresto del loro Duce avevano sfaldato quel composto umano e ideale costruito nell’arco di vent’anni. In breve tempo, uomini fedeli alla corona riuscirono ad imporsi e a condurre l’Italia verso quella resa incondizionata voluta dagli Usa, e che puntualmente arrivò l’8 settembre.

In quel periodo Preziosi aveva avuto diversi incontri con Adolf Hitler, il quale gli aveva trasmesso una straordinaria fiducia nel buon esito della guerra. Il Führer aveva acconsentito che Preziosi tenesse una serie di trasmissioni da Radio Monaco, allo scopo di indicare i responsabili della disfatta del fascismo e tenere unite le forze che avevano costituito l’Asse. Preziosi assolse a questo compito con la dedizione che aveva sempre dimostrato. Il ministro, il politico, il giornalista Preziosi volle continuare ad avere un ruolo di primo piano nella definizione dei temi politici del momento, riportandoli nell’orizzonte di un conflitto che attraversava la contemporaneità, ma che, nella sua essenza, proveniva da secoli lontani. Le sue analisi, tuttavia, pur lumeggiando aspetti controversi delle vicende politiche italiane, non furono tenute nella giusta considerazione da Mussolini. Nel memoriale che seguirà di poco questi avvenimenti (datato 31 gennaio 1944), Preziosi ripercorse le fasi cruciali che avevano portato al “suicidio del fascismo” (un’espressione che aveva già usato per allarmare Mussolini, il 18 luglio del ’43, non appena seppe della riunione del Gran Consiglio).
La sua fama di oppositore, di moralizzatore, che con perseveranza instancabile si metteva alla ricerca di quanti approfittavano di posizioni di potere per tornaconto personale, ne aveva fatto, durante tutto il ventennio fascista, una voce scomoda. Aveva conquistato la direzione di giornali importanti, come il Roma e Il Mezzogiorno, ma era riuscito nel difficile compito di saper scovare elementi di corruzione perfino in quella operazione epica che fu la bonifica delle paludi pontine, e che per Mussolini doveva restare immacolata. Non ebbe mai molti amici ai vertici del fascismo, ma la solidarietà di Farinacci lo accompagnò sin dall’epoca del delitto Matteotti e delle tensioni all’interno del fascismo napoletano. Tra Preziosi e Farinacci si stabilì presto una forte intesa, fondata sulla comune volontà di impedire che anche il fascismo diventasse, seguendo un consolidato costume nazionale, uno strumento per facilitare o accelerare le carriere politiche. 

I due ne avevano, infatti, la medesima visione, squadristica e movimentistica, di chi lo aveva sostenuto ed interpretato sin dalle sue origini. Giovanni Preziosi e l’economista Maffeo Pantaleoni erano parte di quel gruppo di politici, militari e intellettuali che operarono la saldatura tra movimento nazionalista, reduce dall’impresa di Fiume, e fasci di combattimento. Furono tra i primi e più convinti sostenitori dell’impresa dannunziana. Proprio nella città di Fiume egli sposò Valeria Bertarelli, la donna che continuava a condividere con lui tutti i momenti, da quelli epici di Fiume e delle origini del fascismo a quelli drammatici dell’isolamento politico, e che era in sua compagnia anche in quella mattina del 26 aprile 1945, a Crescenzago, davanti a un gruppetto di uomini con le armi spianate in cerca di qualche politico fascista, dalla cui uccisione avrebbero certamente guadagnato stima e apprezzamento. Quel gruppetto, però, ignorava che di fronte avesse uno dei protagonisti della storia del fascismo.

Fu nella sede romana de La Vita Italiana che si tennero, nel dicembre 1917, le prime riunioni del Fascio parlamentare di difesa nazionale, ideato da Pantaleoni. Il mensile di Preziosi ne divenne la voce ufficiale, assumendo così una funzione centrale nella individuazione dei temi politici dell’Italia di quegli anni. Durante quelle riunioni venne individuato in Mussolini l’uomo che avrebbe potuto essere il punto di riferimento della campagna  di stampa a favore di un più deciso impegno nella guerra. Occorreva superare quel sentimento di sfiducia diffusosi dopo Caporetto e, in seguito, indicare una via in cui avrebbe prevalso sempre di più una prospettiva anti-bolscevica. La componente economica dello Stato aveva spesso costituito un tema centrale nelle pagine del mensile diretto dal giornalista irpino. All’inizio del primo conflitto mondiale, Giovanni Preziosi aveva condotto una battaglia giornalistica contro la penetrazione del capitale tedesco nell’economia italiana. I suoi articoli avevano suscitato l’interesse del pubblico e di molti esperti, tra i quali l’accademico Maffeo Pantaleoni, che avvierà una fruttuosa collaborazione con Preziosi, culminata, nel 1915, con la pubblicazione della seconda edizione dell’opera La Germania alla conquista dell’Italia, un caso editoriale di tale importanza da determinare le dimissioni dei vertici della Banca Commerciale Italiana. Fu uno dei più documentati saggi sulla situazione economica italiana allo scoppio della guerra e, allo stesso tempo, uno strumento essenziale per comprendere le dinamiche della finanza internazionale. Preziosi portò allo scoperto le mire e le strategie penetrative della finanza, quelle, cioè, che trent’anni dopo verranno imposte senza condizioni alle nazioni sopravvissute alla guerra mondiale. Ma di questi avvenimenti, il drappello di armati che aveva intimato l’alt alla vettura di Preziosi ignorava tutto. Non riconobbe i tratti somatici del politico irpino né il timbro della voce di Radio Monaco, e le speranze di aver messo le mani su qualche gerarca locale da fucilare stavano svanendo.

Intanto, lungo la stessa strada sopraggiunse una seconda vettura, a bordo della quale si trovava il nipote del senatore Rolandi Ricci, il quale, accortosi del pericolo, aprì il fuoco contro il gruppo di armati. Ne nacque uno scontro, che consentì a Preziosi, alla moglie e al figlio, di fuggire a piedi verso Milano, dove trovarono ospitalità in casa di amici. Giovanni Preziosi non era riconoscibile. La sua fisionomia era per molti ignota. Ne conoscevano i tratti somatici solo in pochi. Ancora oggi conserviamo solo una o due immagini fotografiche che lo ritraggono. Forse nessun politico più di lui avrebbe potuto sottrarsi alle fucilazioni, che furono la colonna sonora della primavera e dell’estate italiane del ’45. Ma quel viaggio, quell’episodio, furono per lui simboli, furono la rappresentazione di un mondo che stava crollando, un mondo a cui lui era intimamente legato e che aveva in parte generato. Se la possibilità di incarnare un’idea, di vivere e combattere per essa, costituisce il destino più alto di un uomo, Preziosi vide realizzarsi interamente tutto il suo destino. Il nuovo mondo non sarebbe stato il suo, ma ne avrebbe rappresentato addirittura la negazione. Avrebbe potuto riciclarsi, se avesse scelto un altro destino, ma decise che la sua esistenza non avrebbe potuto incardinarsi nel mondo che aveva combattuto. La sua donna condivise anche questa scelta, come in un arcaico rito di immolazione. Così, nella notte del 26 aprile del 1945, Giovanni Preziosi e Valeria Bertarelli tolsero ai nemici il gusto di decidere delle loro vite.

Massimo Pacilio


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sabato 21 marzo 2015

L'ecatombe demografica


Esattamente 15 anni fa, sul periodico settimanale “Panorama”, apparve un interessante articolo, a firma di Antonio Gaudio, intitolato “Benvenuto a Nonno City, Viaggio nel paese che anticipa il nostro futuro”. (pag.115 e seguenti).
L’articolo prendeva spunto da un caso verificatosi in un Comune della Toscana, situato nella Provincia di Siena: Castiglione Da Norcia. I censimenti dell’epoca registravano un calo dei residenti di circa la metà, rispetto a venti anni prima.
Ebbene, in questo articolo, l’autore illustrava quella che adesso è diventata una vera e propria ecatombe demografica.
Oggi queste cifre non ci meravigliano affatto, dato che esistono ancora comuni con pochissime persone. Il dato dovrebbe invece farci riflettere per l’assoluta gravità che una tal cosa comporta. Anzitutto il fatto che quell’articolo era tutt’altro che allarmistico… e preannunciava, in modo oltremodo profetico,  ciò che stiamo vivendo adesso.
Oggi viviamo in una società senza giovani e, soprattutto, senza bambini, dato che le nascite sono ridotte al lumicino. Il nostro paese si sta così devitalizzando nell'indifferenza di tutti. Del resto come biasimare coloro che, senza un lavoro e,soprattutto,  senza ragionevoli prospettive per il futuro, devono affrontare ingenti difficoltà economiche per metter su famiglia?


Se qualcuno, allora, non se ne fosse ancora accorto, bisogna ricordarglielo: il Bel Paese è – allo stesso tempo - teatro e posta in gioco.
Ci sono voluti venti anni affinché tutti percepissero il problema dell’Immigrazione come fondato ed anche pericoloso. Per questo motivo, i Mass-media, addomesticati dai poteri forti, hanno aggiunto un aggettivo qualificativo all'Immigrazione, denominandola "selvaggia". Questa scelta è servita per distinguerla da quella "buona" che, invece, sarebbe fonte di ricchezza per tutti noi, “se solo – come dicono i TG – ci liberassimo dagli antichi  pregiudizi”.
In Italia si sta verificando sotto i nostri occhi una vera e propria invasione di individui allogeni. Si, perché, non si tratta di uno spostamento progressivo e, soprattutto, volontario di persone consapevoli del proprio destino. Si tratta, viceversa, di una massa informe di individui, sradicati dalla loro terra natia, che cercano un rifugio dalle numerose guerre e dalle politiche dissennate e criminali provocate ad arte dai medesimi poteri forti. Ho usato - non a caso - il termine “IN-VASIONE”, poiché si tratta – letteralmente – di un “TRAVASO” improvviso di una grande moltitudine di individui all’interno di un territorio  occupato da cittadini membri di uno stato che, a rigor di logica dovrebbe essere "sovrano". Se a questo vi aggiungiamo che tale “travaso” non è gradito dalla stragrande maggioranza della popolazione, possiamo affermare, senza tema di smentita, che si tratta di una vera è propria INVASIONE, anche se non attuata con i mezzi classici di un’invasione militare organizzata. A ciò va aggiunto un altro problema che inizialmente non era stato ben considerato dai fautori entusiasti dell’immigrazione: il trasferimento all’estero di valuta nazionale.  Molti di questi "migranti", infatti, mantengono il resto delle loro famiglie, inviando loro mensilmente denaro. Questo, chiaramente, rappresenta una perdita enorme per il nostro paese, poiché si tratta, in un certo senso, di esportazione in massa di denaro all’'estero, al di fuori della zona Euro.
I politicanti, “camerieri dei banchieri”, che cosa si inventano? Presto detto: tutta una serie di provvedimenti legislativi che facilitino il ricongiungimento familiare, autorizzando gli altri membri della famiglia a ricongiungersi con il “capo famiglia”. Ma questo è solo un provvedimento tampone, poichè l'élite finanziaria esige che si faccia molto di più.
Ecco che allora che il “Grande pifferaio magico” TIRA FUORI dal suo CILINDRO la  SOLUZIONE al problema:L’IMPORTAZIONE di MATERIALE UMANO ALLOGENO, atto a formare la NUOVA GENIA ITALICA.
A questo importante diktat dei poteri forti fa eco la grancassa mass-mediatica che sforna continui proclami in favore dello sradicamento degli indigeni e, contemporaneamente, incoraggiando i medesimi all’accoglienza di questi disperati, facendo leva sui buoni sentimenti e quant’altro.
Naturalmente non si potrà parlare in alcun modo di una rinnovata stirpe italica ma solo di un lurido processo di “Meticciamento forzato”. La Nazione Italia è destinata così a scomparire dalla faccia della terra, sostituita da un amalgama indistinta, unita unicamente da motivi utilitaristici.
Si rivela come una vera e propria idiozia quella che i TG ci hanno  propinato per anni, secondo la quale gli immigrati costituirebbero una ricchezza per il paese, sol perché accettano di compiere lavori che gli italiani si rifiutano di fare. In primis, perché, oggi, con la crisi che stiamo vivendo, nessuno rifiuta un lavoro, anche se umile e poco dignitoso. In secondo luogo, perché gli immigrati non trovano più lo spazio che prima veniva loro abbondantemente concesso, se pure con salari da fame.
Infine, tutto ciò, nasconde il lato più ignobile della vicenda, perché presuppone la legittimità di approfittare dello stato d’estrema indigenza in cui versano questi disperati.
Giustificare l’immigrazione, sol  perché un disperato accetta di rimuovere l’amianto per una manciata di Euro, lavorando fino a 15 ore in una giornata, significa LEGALIZZARE LA SCHIAVITU’!
Eppure, nonostante si sia lottato per due secoli per abolirla e, soprattutto, per avere delle garanzie sulla salute, rieccola fare il suo mefitico ritorno.
In buona sostanza, tutto ciò che ci viene propinato per sostenere e giustificare l’immigrazione è falso.   Il paradosso è che questo stato di cose venga attuato principalmente da governi “progressisti” che dovrebbero, almeno in teoria, avere più a cuore le sorti dei più deboli.  A sinistra, ormai, si professa il dogma della assoluta bontà della società multietnica. In effetti, tutta la vulgata marxista-leninista, o quel che ne rimane, è stata riciclata, attraverso la proditoria sostituzione del proletariato con l’immigrazione. Non sono dicerie. Basta ascoltare i discorsi che i politicanti di turno fanno ad ogni tornata elettorale. Dietro interessate petizioni di principio e “nobili ideali umanitari" si celano interessi politici personali evidenti.
I nuovi derelitti delle società occidentali sono il nuovo serbatoio di voti a cui attingere nel futuro prossimo venturo. Costoro costituiscono un notevole bacino elettorale del tutto nuovo, pronto ad essere utilizzato per i più biechi scopi elettorali.
Difatti, mentre per i mercanti dei nuovi schiavi il profilo risulta essere assai più nitido, non accade altrettanto per le forze di governo che si riempiono la bocca con la tutela dei diritti umani e del Welfare.
Il delirio, naturalmente, non si ferma qui.  Esiste un nefando punto in cui la cultura del potere, propalata a piene mani dai potentati economico-finanziari, si incontra con i vizi profondi dei progressisti catto-comunisti: il malcelato disprezzo per tutto ciò che ha costituito il vero orgoglio italiano. La sinistra ha sempre avversato tutto ciò che investe e riveste il cosiddetto “carattere nazionale”.
Non è un segreto che, inoltre, con un significativo punto di arresto durante il Ventennio,  le élite finanziarie  italiane abbiano parlato prima francese e adesso inglese. Costoro mandano i loro diletti pargoli a studiare all’estero, prima in costosi College svizzeri e poi nelle più prestigiose Università Statunitensi.
La scuola statale italiana è riservata alla plebe, che deve rimanere in posizione di subordine rispetto a quelli che prediligono la cultura anglosassone. In questa ottica devonsi ricondurre l’aperta ostilità dell’establishment verso le materie classiche, come per es. lo studio del Latino e del Greco nei licei.
La sinistra, in buona sostanza, disprezza tutto ciò che il popolo ama. Se la gente comune guarda con sospetto agli stranieri, la sinistra li accoglie a braccia aperte. Se il nostro popolo è diffidente verso gli omosessuali, la sinistra cerca in ogni modo di imporli per legge alla comunità.  Se la nostra gente crede nella famiglia tradizionale, la sinistra la distrugge sin dalle fondamenta.
Ecco perché Liberismo e comunismo non sono altro che due facce opposte della medesima medaglia! Entrambe, anche se da prospettive opposte, intendono disgregare la famiglia e la società tradizionalmente intese.

venerdì 13 febbraio 2015

Crimini Multiculturali



Ho evitato accuratamente di commentare a caldo l'efferata strage compiuta da alcuni terroristi contro la sede del giornale satirico Charlie Hebdo, a Parigi. Vorrei farlo oggi nella segreta speranza di risultare il più oggettivo possibile.
Nella strage sono morte dodici persone e undici sono rimaste ferite.
A partire da questa algida conta dei morti e feriti non si può rimanere indifferenti verso una tale violenza condotta di proposito attraverso una pianificazione ben congegnata.
Ad onor del vero, non avendo informazioni di prima mano, non credo opportuno cimentarmi in improbabili ipotesi sull'eventuale false-flag francese.  Non amo le ipotesi fantasiose, tantomeno le iperboliche ricostruzioni degli eventi.
Quello che mi preme sottolineare è una cosa che può apparire ovvia e persino banale: il giornale "satirico" francese ha giocato molto sulla provocazione fine a se stessa, lasciando che la satira vera e propria uscisse definitivamente dalla porta della redazione di Charlie Hebdo. Ho detto "ovvia"...ma, a ben pensarci, oserei dire scandalosa. Dico questo perché, oggi, una cosa del genere suona come una provocazione bella e buona, in quanto contrastante con il pensiero "politicamente corretto" oggi tanto in voga. Il fine di tutta l'operazione era chiaramente quello di attirare attenzione e aumentare esponenzialmente le vendite del giornale.
Naturalmente, attraverso questa considerazione non si vuole in alcun modo giustificare l'attentato, che è stato, e rimane, un vero e proprio atto terroristico. Quello che però, forse, sfugge è il motivo recondito del cosiddetto pensiero "politically correct".
Questo pensiero che, di primo acchito, sembrerebbe suggerito dal "buon senso", in realtà è stato inoculato ad arte dai mezzi di informazione di massa, che non sono affatto "indipendenti". Essi, per converso, dipendono da "lor Signori", ossia da coloro che tirano le fila da "dietro le quinte" della storia. Sono loro i cosiddetti "Poteri forti". Sono loro che danno luogo alle "mode", ai "trend" pseudo-culturali. Sono loro che dettano l'agenda di governo, tramite teste di paglia che fanno il loro gioco...
In secondo luogo per quale recondito motivo dopo la strage compiuta a Charlie Hebdo, un altro terrorista ha fatto irruzione in un negozio ebraico?  Effettivamente sono due bersagli che non hanno nulla in comune. Tuttavia il legame esiste eccome, poichè  entrambi gli obiettivi rappresentano dei nemici giurati dell’Islam. Il primo è la stampa che ha sbeffeggiato in modo veramente volgare il Profeta, personaggio sacro perché scelto da Dio, proprio come Mosè o lo stesso Gesù Cristo. Per tutti i maomettani quei giornalisti meritavano la morte ed erano condannati a bruciare nell'inferno. L’altro nemico sono gli ebrei, e con loro Israele che uccide i palestinesi. In massima parte del mondo arabo, gli ebrei non non sono solo "infedeli" ma anche ipocriti, perché, come recita un “hadith” della Sunna, hanno strappato dalle pagine della Torah la venuta di Maometto sulla Terra.
Agli occidentali sembra assurdo che si possa uccidere per una vignetta, foss'anche la più dissacratoria ed infamante. Per chi vive nel mondo islamico è esattamente il contrario. Ora, rimanendo oggettivi, non si può far altro che constatare una sola cosa: tutti i giudizi dispensati dai gazzettieri nostrani peccano di presunzione e di superficialità. Presunzione perchè si ritiene, erroneamente, di appartenere ad una cultura (quella occidentale) migliore delle altre. Superficialità perchè, appunto, si rimane alla "superficie" dei problemi, senza arrivare al fondo o, per meglio dire, al "nocciolo" di qualsivoglia problematica.
La società attuale paga il prezzo salato di un multiculturalismo forzato e imposto dal Nuovo Ordine Mondiale  (N,W.O.) che vuole sempre più individui apolidi e sradicati, senza famiglia e radici solide, così, per meglio controllarli.
A qualcuno quello che sto per affermare farà storcere il naso...  ma... poco importa.
La tanto agognata “società aperta” ha gettato ponti sull'altrove, senza soluzione di continuità, creando confusione, estraneità e risentimento verso l'altro.  Miscelando culture eterogenee si è arrivati a destituire di ogni fondamento le culture native che si sono viste espropriate di ogni autorità. Il buonismo è stato il grimaldello attraverso cui far breccia nell'altro, relativizzando usanze e costumi, imponendo il "diverso" come modello da imitare. Questo atteggiamento di apertura non sta facendo altro che creare una pericolosa involuzione nichilista. Popoli tanto diversi, per tradizioni e costumi,  messi in unico recinto, alla lunga diventano una mina vagante! Gli esempi non mancano e la cronaca giornalistica ce ne offre a iosa. Culture millenarie, ma pur sempre "diverse", sono state inglobate le une nelle altre in una sorta di melange sincretista, senza radici e senza storia. Lo sviluppo esponenziale del melting pot e, soprattutto,  della convivenza forzata, dettata esclusivamente da motivi economici, estranei a quelli della gente comune, è la causa principale di questi incresciosi episodi, che vengono allo scoperto in determinate condizioni socio-economiche particolarmente difficili.  Tutto ciò ha ingenerato incomprensioni, disordini, tumulti, ecc.
I comportamenti finto umanitari dettati  dall'establishment politico ci hanno portato ad assistere, inerti, lo sbarco di milioni di clandestini, favoriti da politiche tanto permissive quanto pericolose. Le culture dell’accoglienza e dell’integrazione propinate dal Sistema hanno portato alla luce diritti inventati di sana pianta  (come lo “Ius soli”) che hanno distrutto ogni appartenenza autoctona, fomentando il relativismo e il permissivismo cultural-legale. Regalare la cittadinanza a chi è nato in un determinato Stato, indipendentemente dalla provenienza dei propri genitori, ha rappresentato un vero e proprio atto criminale. Un atto che invece è stato fatto passare come giusto e, soprattutto, umanitario. In realtà,  chi si riversa nei nostri territori non lo fa per arricchire il nostro paese, come spesso ci veniva raccontato dai nostri genitori nei lustri passati. Al contrario, il più delle volte, lo fa esclusivamente per mantentere la famiglia situata altrove, ingenerando deflazione nei nostri paesi.  Inoltre, come se non bastasse, chi sbarca sulle nostre coste, il più delle volte, è stato costretto a farlo a causa di politiche sbagliate in altri continenti. Costoro, anche dopo diverse generazioni, sopravvivono in uno stato di profonda alienazione, sentendosi giustamente non legati al paese ospitante.  Pertanto, alla prima occasione, cercano il modo per farcela pagare.
Non meno preoccupante è il caso di chi, invece, riesce a "integrarsi" nel Sistema occidentale. Chi lo fa, di solito, rinnega in toto o in parte la sua etnia o religione di provenienza, comportandosi in modo del tutto anomalo, rispetto ai suoi connazionali d'origine, tradendo, infine, gli ideali appartenenti al suo clan e alla sua terra natia.
Parigi è un esempio lampante di come il melting Pot abbia miseramente fallito. Del resto, questo non è il primo caso che si verifica. Vogliamo ricordare il caso  - nemmeno tanto remoto - del ventitreenne franco algerino Mohammed Merah? Quanti Mohammed sono lasciati liberi di fare ciò che credono nelle arterie delle nostre città? Il Multiculturalismo è il figlio legittimo del relativismo. Per questo l'Europa si trova paralizzata e non sa che pesci prendere. Il relativistmo  generalizza e tutto equipara. Non solo porta a credere che il concetto di “popoli” e di “convivenza” sia relativo, ma si appropria pure della “libertà” di criticare e, soprattutto,  di offendere deliberatamente le altrui credenze.
Ancora una volta sono stati gli USA a creare questo battistrada fatto di fetide nequizie. D'altra parte è di oggi la notizia apparsa sul quotidiano "La Repubblica", dell'assassinio di tre studenti in North Carolina motivate dall'odio anti-islamico veicolato dai mass-media occidentali. Così è tutto un susseguirsi di manifestazioni religiose boicottate da integralisti cristiani nel Texas, di aggressioni e vandalismi sempre più numerosi.
L’occidente da un tale atto ne rimane “paralizzato”. Non si credeva che la semplice dissacrazione di una vignetta potesse veramente portare ad una strage!
Questo dimostra, senza tema di smentita, che esiste qualcosa di più importante rispetto alla semplice libertà di parola o di "satira" che dir si voglia! Dimostra che le icone e i martiri, per quanto desacralizzati o, peggio, sbeffeggiati e presi di mira come bersagli su cui sparare le proprie infamie, siano un qualcosa di superiore e di sacro per cui valga la pena vivere e anche morire.

giovedì 1 gennaio 2015

I gendarmi del mondo

Autoproclamatisi gendarmi del mondo, gli USA agiscono a loro piacimento, obbligando i loro alleati e sottoposti a finanziare con l'oro ed il sangue le loro turpi missioni. A colpi di bombe e missili - oppure, molto più ipocritamente, minacciando sanzioni - impongono il loro NUOVO ORDINE MONDIALE nella totale indifferenza delle genti. C'è persino chi applaude ed esorta alla pugna... i più subdoli sono quelli che, viceversa, parlano di pace o, peggio, di MISSIONI di Pace.

Questo è quanto ho scritto ieri sulla mia bacheca, a conclusione di un anno ormai concluso nella rassegnazione generale, ed anche in coincidenza con la dipartita della quasi totalità delle truppe statunitensi e della NATO.
Per gli Occidentali la guerra in Afghanistan è finita, ma non lo stesso può dirsi per gli afghani che continuano a spararsi fra di loro. Infatti, dall'inizio dell'anno venturo gli afghani alleati degli "S.U.A." dovranno arrangiarsi da soli per difendersi dagli attacchi dei Taliban! Essi dovranno fare a meno pure dei mezzi pesanti e della preponderante forza aerea. In queste condizioni sarà così molto difficile per loro farsi carico di tutti i compiti prima svolti dalle forze occidentali.  I mesi precedenti sono stati molto sanguinosi, anche se noi non abbiamo avuto notizie dalla TV. Del resto cosa aspettarsi dai mass-media occidentali? Costoro scrivono e accendono le telecamere a comando, ossia solo quando serve ai "padroni del vapore"!
A nulla, dunque, son serviti i miliardi di dollari spesi per finanziare questa guerra. E, soprattutto, a nulla è la valsa la morte di 2349 soldati. Il bilancio della guerra è assai pesante. I morti afghani sono assai più numerosi, anche se è molto difficile stabilirne la cifra precisa.
Fin dall'inizio dalla famigerata guerra al terrorismo la missione USA ha avuto due obiettivi dichiarati:
  1. combattere Al Qaeda, i talebani e i ribelli;
  2. seguire da vicino l'evoluzione politica al fine di stabilizzare la zona.

La situazione attuale

Le elezioni presidenziali a doppio turno nel 2014 sono state caratterizzate da frodi elettorali, denunciate da tutti gli osservatori internazionali. Ciò ha portato il paese sull'orlo di una guerra civile. La soluzione adottata di concerto con gli occupanti a stelle e strisce è stata una forma di condivisione del potere. Ma è chiaro a tutti che questa forma di Condivisione non tiene conto degli insorgenti armati e di chi li sostiene. E' una forma di governo fantoccio, fatta passare come il risultato della "volontà popolare" per il tramite delle "elezioni". E' la solita vecchia tattica che gli "esportatori di democrazia" adottano da quando si è sviluppata la cosiddetta "democrazia parlamentare".
E' la medesima strategia, purtroppo,  già utilizzata anche qui da noi, in occasione della cosiddetta "unità d'Italia", tanto osannata da storici e cattedratici di ogni genere e risma. Le elezioni erano il "must" per dare una patente di legittimità a tutte le soperchierie compiute, in danno di Stati Sovrani, assolutamente pacifici e non belligeranti. I soloni di Storia Patria si guarderanno bene dal ricordare al "popolo bue" che il famigerato regno di Ferdinando II a "negazione di Dio" (così come lo aveva truffaldinamente denominato la "perfida Albione")  non aveva fatto né ricevuto da parte del "civilissimo" Regno di Sardegna alcuna dichiarazione di Guerra. E che la prima (o quasi) guerra batteriologica fu messa in pratica proprio dal "civilissimo" Piemonte, allorquando Gaeta, l'ultima fortezza Borbonica assediata da ingenti forze nemiche, non dava segni di cedimento.
La storia si ripete, dunque, anche in terra afghana. E, come giustamente affermò  George Santayana: « Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo»