da "Avanguardia" n° 214 - Novembre 2003
Vanni Codeluppi
Viaggi nei processi di mercificazione della società
edizioni Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 152, € 9,50
“ ... il giornale quotidiano continua a rappresentare una funzione di controllo per così dire politico, costruendo e indirizzando le opinioni e gli orientamenti che le folle stesse ripeteranno demenzialmente nell'unico luogo deputato che la democrazia assegna ai sudditi per l'esercizio della loro libertà obbligatoria: la cabina elettorale... ”
Fateci caso anche voi; mi sono trovato talvolta a riflettere (non avendo altro da fare ...) sul significato intrinseco della abusatissima parola: consumismo. Il consumista, in realtà, dovrebbe essere proprio ciò che invece... non è, nel senso che dovrebbe appunto consumare, il che -perlomeno in riferimento ai cosiddetti beni materiali o fungibili, agli oggetti concreti fatti di un qualche materiale-, dovrebbe anche significare l'uso o l'utilizzo continuativo di un oggetto sino al suo completo (o quasi) disfacimento, sino alla distruzione naturale o indotta appunto dall'utilizzo continuo e costante, il quale uso porta alla consunzione insuscettibile però alla riparazione o alla rigenerazione della cosa, essendo questo già stato tentato, e con successo, nel corso della vita del nostro oggetto il quale, per degenerazione strutturale irreversibile, giunge infine ad un punto di collassamento generale. In altri termini: il c.d. consumismo finisce per designare -nella civiltà occidentale- paradossalmente proprio il "non-consumo" ovvero il parossistico e frenetico ricambio continuo di quelle merci che segnano la vita quotidiana negli obitori delle società liberal-capitalistiche: come già avemmo occasione di scrivere da queste pagine (repetita juvant) la produzione capitalistica deve presupporre la distruzione; ma anche e soprattutto, e questo è proprio ciò che avviene nel momento attuale, la creazione ex nihilo (siamo in vena di latinismi ...) di bisogni inesistenti e dunque di merci... inesistenti!
Non soltanto inutili, quindi; proprio inesistenti. Non è, questa, una semplice battuta campata in aria; nel mondo ormai le produzioni immateriali hanno superato, o si accingono a farlo, quelle materiali. Per fare un esempio facilmente comprensibile pensiamo all'incidenza che, nell'economia mondiale, ha la produzione dei computers con derivati ed accessori (il cosiddetto hardware) raffrontata con quella del software, ovvero dei programmi ma anche dell'universo Internet. E dunque la consegna per le masse consumatrici è divenuta quella del ricambio spasmodico delle merci, del loro conferimento -dopo vite operative sempre più brevi- nelle mega discariche dove anche il riciclaggio diventa sospetto e pericoloso nonostante la grancassa propagandistica dei media sulla riconversione dei rifiuti come dovere civico sia dell'industria che del comune cittadino; il riciclaggio infatti disturba la produzione e sopprime molti più posti di lavoro (altra parola magica ad uso dell'imbecillità di massa. Sull'uso delle parole magiche ho già accennato in altri articoli) di quanto non ne crei e i sindacati avrebbero di sicuro qualche cosa da obiettare. Il riciclaggio poi, di per sé stesso, è radicalmente anticonsumista; insomma, molto sovietico e molto poco americano.
Il breve ed agile libretto che andiamo qui a commentare rappresenta un raro esempio di chiarezza divulgativa unita alla necessaria accuratezza delle analisi. L'autore è docente di Sociologia all'Istituto Universitario di Lingue Moderne di Milano ed ha incentrato i propri interessi scientifici proprio sullo studio delle dinamiche relative ai consumi, con i corollari legati al mondo della pubblicità e della moda.
L'opera è suddivisa in dieci capitoletti, ognuno dei quali prende in esame un particolare aspetto e della mercificazione della società (come recita il sottotitolo) e, più specificamente, del mondo moderno in generale con le sue distorsioni patologiche e cancerose. Certamente, non siamo in presenza di un autore nostro che si spinga ad una critica radicale dei fondamenti stessi della civilizzazione occidentale, purtuttavia si avverte da molte pagine come la critica di questa, sempre profonda e tagliente, riesca ad essere (si presume) sgradita ai burattinai del potere.
La sociologia, riteniamo, costituisce oggi una disciplina che in maniera molto più compiuta dell'economia (la scienza, oltre che triste, anche inesistente) riesce ad enucleare e sviscerare i meccanismi più defilati ed appartati della macchina infernale del supermondo imperial-liberista semplicemente partendo dalla osservazione attenta e meditata dei comportamenti sociali degli uomini, uomini visti di volta in volta nel loro rapporto con il lavoro, la famiglia, la religione ed il sacro, la tecnologia e la scienza, il dolore e la morte... Aldilà di inopportune ed ingiustificate esaltazioni quanto detrazioni, riteniamo che l'osservazione ragionata delle folle nei suoi comportamenti all'interno della stalla occidentale sia di grande utilità se non altro a misurarne il grado di degenerescenza in rapporto al modello superiore ed ormai sideralmente distante dell'uomo tradizionale ed archetipico.
Analizziamo dunque con ordine l'esposizione dell'autore, inserendo di volta in volta le nostre considerazioni alla luce delle istanze Tradizionali, rivoluzionarie, nazionali e socialiste che ci caratterizzano.
La vergognosa opera di sfruttamento dell'infanzia da parte del supermondo (scusate l'ennesimo neologismo, ma ci sembra che l'espressione delinei correttamente la realtà dei fatti) non si realizza soltanto attraverso le criminali vicende legate alla pedofilia (vicende che oggi riscuotono ampia risonanza mediatica) bensì soprattutto nell'opera di coinvolgimento dei fanciulli -per rimanere nell'ambito del Primo Mondo a capitalismo avanzato- nell'offensiva psicologica di dilatazione smisurata dei consumi. Il bambino viene cioè usato per creare dipendenze alle quali i genitori dovranno poi sottostare, dipendenze che spaziano dall'abbigliamento ai giocattoli, dagli articoli di cancelleria utilizzati a scuola a tutti quei gadgets elettronici che da tempo hanno ormai sostituito i giocattoli ordinari nei bambini in età scolare. L'aspetto più spaventevole del nuovo corso dello sfruttamento di una infanzia sempre più abbandonata a se stessa da genitori arrendevoli e spesso impegnati nell'inseguimento dei miti dell'eterna adolescenza è forse costituito dal nascente connubio (ma negli Stati Uniti è da tempo, al solito, una realtà) tra i potentati economici industriali e commerciali ed il sistema dell'istruzione pubblica sempre più infeudata agli interessi economici. In alcuni stati degli USA singoli istituti scolastici hanno concluso accordi per milioni di dollari con la Coca Cola, Pizza Hut, McDonald's, Burger King, Kellog's, Walt Disney ed altri in forza dei quali queste aziende elargiscono cospicui finanziamenti in cambio della esposizione della loro pubblicità nelle aule scolastiche, nelle palestre, sugli scuolabus e financo all'interno dei libri di testo. Vi sono addirittura dei casi di sponsorizzazione diretta da parte delle aziende di lezioni o corsi, un po' come succede per i quiz televisivi. Inoltre esiste una rete televisiva via satellite che dirama un notiziario giornaliero in 12.000 scuole convenzionate: dodici minuti complessivi dei quali due di pubblicità.
La scuola italiana non ha tardato ad adeguarsi ai tempi: la Henkel e la Nike hanno ideato rispettivamente un concorso a premi basato sui bollini del "Dixan" ed un torneo di calcio scolastico. McDonald's ha promosso iniziative, autorizzate dai Provveditorati agli studi, a Ferrara e Catania.
In queste strategie di annichilimento dell'infanzia un ruolo di primissimo piano è giocato dalla Disney, un impero culturale e commerciale di prima grandezza che non da ieri dimostra di saper abilmente sfruttare l'onda lunga delle proprie produzioni cinematografiche (films e cartoons) affiancandole un universo parallelo costituito da centinaia di negozi, una rete televisiva, svariate riviste ed i tre mega luna park 'in Florida, California e Francia. La concessione di licenze per la riproduzione dei personaggi Disney coperti da copyright ha inoltre permesso che il logo Disney venisse riprodotto su di un numero impressionante di oggetti di ogni tipo. Dietro ad una morale falsa e superficiale e con il potente ausilio di immagini rutilanti gli strateghi della Disney emettono i loro venefici ed impalpabili fluidi corrosivi, se ancora sia possibile corrodere qualche cosa, colpendo al cuore le giovanissime generazioni... Tra qualche anno il testimone passerà ad altri stregoni, magari nei panni di una band heavy metal...
Ma la spina dorsale di questo attacco concentrico non può che essere, in tutto il mondo, la televisione; l'occhio del diavolo agisce percorrendo la doppia corsia della mercificazione di ogni aspetto della vita sociale con i tempi televisivi del tutto occupati dalla pubblicità; e della trasmissione dell'ideologia mondialista le cui prime vittime sono proprio i bambini, bersagliati da un profluvio di immagini violente e di edonismo volgare che lasceranno inevitabilmente un segno molto spesso indelebile nelle menti di una gioventù ormai abbandonata a se stessa.
Subito dopo la televisione è la stampa ad assumersi l'incarico dì avvelenamento psichico delle folle; il giornale quotidiano continua a rappresentare una funzione di controllo per così dire politico, costruendo e indirizzando le opinioni e gli orientamenti che le folle stesse ripeteranno demenzialmente nell'unico luogo deputato che la democrazia assegna ai sudditi per l'esercizio della loro libertà obbligatoria: la cabina elettorale; sono però i periodici, in particolar modo quelli di costume, ad esercitare l'influenza più sottile e determinante a livello subconscio, a trasmettere, in definitiva, l'ideologia dominante che -come si sa- non è soltanto politica ma presuppone una visione del mondo globale e totalizzante. È il pensiero unico che sta rapidamente conquistando il mondo, annientando lentamente ma inesorabilmente le ultime sacche dì resistenza; va da sé che, anche laddove la trasmissione del pensiero unico eviti le parole d'ordine precipuamente politiche nondimeno queste finiscono per risuonare comunque nella sensibilità collettiva delle masse occidentali ormai facile preda di qualunque mago provvisto di ingenti quantità di denaro. Esempio illuminante è proprio l'affermazione, in Italia, del partito-azienda denominato Forza Italia che già nel nome rieccheggia una mediatata operazione di marketing. Si pensi allora alla incalzante diffusione di riviste il cui obiettivo esclusivo diventa proprio la propagazione dell'ideologia del Supermondo nonostante l'apparente neutralità di fondo. Rivolte soprattutto (ma non solo) ad un pubblico femminile, che è poi quello che di fatto in base alla nota (?) legge della dominanza occulta sancisce scelte ed orientamenti in ogni campo, queste riviste patinate si rivelano un ottimo veicolo di messaggi pubblicitari; le percentuali di presenza pubblicitaria media su alcuni periodici possono allora raggiungere il 51% su "Vogue", il 48% su "Glamour", il 47% su "Marie Claire", il 45% su "Elle", "Donna moderna" e "lo Donna", il 44% su "Anna", il 43% su "Gioia", il 42% su "Grazia" e "la Repubblica delle donne", oltre ai servizi e alle rubriche che solo apparentemente appaiono come lavori redazionali ma in realtà sono abilmente (ma neanche tanto ...) confezionati al fine di parlare di -e far parlare- aziende e personaggi legati a particolari settori merceologici. Un altro esempio di aziendalizzazione della stampa lo può dare la proliferazione dì riviste dedicate alla salute ed al benessere fisico, sconcertanti per la fissità e la ripetitività degli articoli e dei servizi, quasi identiche tra di loro e soprattutto -a parte l'ossessione sessuale sulla quale torneremo- intente alla promozione spasmodica e assolutamente acritica in un settore in forte espansione, almeno in Italia, come quello della cosmesi, della dietetica e della presunta "medicina naturale", spesso purtroppo soltanto uno specchietto da uccellagione ai danni dei più sprovveduti.
Particolare apparentemente insignificante è anche la tendenza a concentrare il messaggio pubblicitario nelle pagine di destra ritenute, a causa della tecnica di scrittura e lettura delle lingue europee che va da sinistra verso destra, più adatte ad essere percepite come più meritevoli di attenzione e quindi ad essere più facilmente memorizzate. Vero? Falso? L'evidenza, sfogliando una qualsiasi rivista, ci dice che comunque qualche studio in tale direzione è sicuramente stato fatto.
In conseguenza di tutto questo la stessa politica editoriale nei confronti delle aziende non potrà che essere di supina accondiscendenza. Questo è il destino della stampa libera nel mondo libero.
Nel fronte di offensiva culturale dispiegato dal Supermondo il linguaggio musicale legato alla subcultura rock è una vera e propria punta di lancia vuoi per l'immediatezza di ricezione dei messaggi diffusi da questo genere musicale, vuoi per il fatto che la totalità dei fruitori sia composta da giovani ed adolescenti, soggetti cioè naturalmente influenzabili da idee forza opportunamente veicolate ma anche -seppure possa apparire superficialmente il contrario- dal conformismo di massa molto più degli adulti.
Il micidiale connubio tra musica rock e televisione è qui analizzato -in relazione al tema della mercificazione- avendo come paradigma in caso dell'emittente televisiva "Music Television" (MTV), sorta negli USA nel 1981 con il preciso intento di veicolare il messaggio pubblicitario nel cuore stesso del target giovanile. Con MTV nasce il famigerato "videoclip" musicale inizialmente strutturato come supporto al brano musicale da reclamizzare; l'enorme successo arriso a questa innovazione ha finito per invertire la primitiva gerarchla suono-immagine tant'è che oggi i produttori discografici si preoccupano che i loro artisti (espressione in questi casi quasi sempre del tutto fuori luogo) di avere un video ben confezionato prima ancora del brano musicale che dovrà essere lanciato. Le valenze violentemente distruttive insite nella musica e nella cultura rock sono ben note, e molto è stato scritto anche da autori seri e da un punto di vista Tradizionale; qui è però interessante notare come un fenomeno che ha comunque avuto nel corso della sua storia anche valenze antiborghesi ed anti-sistemiche sia giunto a costituire una cornice perfetta per l'istigazione al consumo più sfrenato. Per rimanere in Italia è noto come la sponsorizzazione di eventi musicali costituisca una ghiotta occasione per l'industria: Algida, la solita e sempiterna Coca Cola e Heineken da diversi anni supportano grosse manifestazioni musicali tra le quali anche la seriosa e radical chic "Umbria jazz".
I dati relativi a MTV lasciano sbalorditi: «Essa entra in quasi 300 milioni di famiglie, cioè in oltre un quarto delle famiglie del pianeta che possiedono un televisore. Per molti giovani nel mondo rappresenta il simbolo dell'America opulenta e consumistica».
E cita ancora Codeluppi (uno dei tanti autori citati nel testo): «le guardie di frontiera della Germania Est, alla vigilia del crollo del muro di Berlino, e poi anche i soldati russi che occupavano la Lituania, la gioventù dorata di Baghdad, i miliziani libanesi, gli studenti cinesi, gli adolescenti di Sarajevo, i guerriglieri della giungla birmana si sono tutti ingegnati di captare l'emittente con mezzi di fortuna. Attraverso la musica e la danza desiderano entrare in contatto con i giovani americani che ingenuamente ritengono in possesso di tutto ciò che sognano: soldi in abbondanza, libertà, grandi spazi, una vita di spensieratezza e di piaceri».
Anche se un poco estremistica (in molti luoghi della Terra la gioventù dimostra invece di non voler aver nulla a che spartire con l'America), purtuttavia (e purtroppo) questa analisi non ci sembra molto lontana dal vero: chi ha avuto modo di recarsi, secoli or sono, nell'Europa orientale sovietizzata sa che almeno per quella realtà queste parole si sarebbero rivelate assolutamente vere.
La paccottiglia che il Sistema svende sotto il nome di arte e cultura è un altro espediente finalizzato alla vendita del nulla materializzato e glorificato; il mondo dell'arte figurativa sempre più spesso si contamina con la dimensione mercificatoria del capitalismo. L'icona che a buon diritto può essere considerato un iniziatore è il defunto Andy Warhol, figlio di un minatore della Pennsylvania immigrato dalla Cecoslovacchia che in breve tempo scalò l'olimpo dell'avanguardia newyorkese (e quindi mondiale) rappresentando nelle sue opere i simboli del mondo americano da Marylin Monroe ai famosi barattoli della minestra Campbell's. Ma anche senza scomodare l'avanguardia sempre in bilico tra critica e supporto al potere, l'arte in genere sta subendo una profondissima riconversione di supporto dei mercati. Musei e gallerie d'arte in tutto il mondo subiscono un progressivo processo di privatizzazione ed i nuovi padroni appaiono ben decisi a sfruttare sino all'osso ogni occasione. Il Centre Pompidou di Parigi è un caso emblematico di come l'arte venga sottomessa alle esigenze della mercé; il museo tradizionale è sempre più in crisi anche per la riduzione dei fondi pubblici, e dunque l'esigenza di trovare finanziatori (ovviamente interessati) diviene sempre più pressante. Il caso della Biennale di Venezia è illuminante in tal senso: dal 2002 la Biennale è stata trasformata in fondazione aperta ai soci privati con inevitabili ripercussioni sulle politiche culturali che, aggiungiamo noi, oltre che sottomesse alle camarille partitiche lo saranno anche a quelle ben più poderose dei poteri economici.
Il futuro dell'istituzione museale è dunque già tracciato, e del resto già da diversi anni la FIAT ha preso possesso dello storico Palazzo Grassi di Venezia finanziando mostre ed esposizioni. Sarà un futuro come preconizzato dalla Fondazione Guggenheim: trasformare le istituzioni culturali in imprese capaci di vendere e vendersi, insomma una questione di griffe; che si tratti delle opere immortali del genio europeo (e italiano in particolare) o di spazzatura combustibile, preparatevi alle nuove tipologie museali: una sala di esposizione, una sala per gli sponsors...
Più volte abbiamo scritto dell'asservimento della politica all'economia. Qui viene analizzato soprattutto il ruolo che i linguaggi pubblicitari giocano, nelle democrazie, nel determinare il successo o la sconfitta dei candidati nei circhi elettorali. Emblematico il caso di R. Reagan, attore televisivo e cinematografico «il presidente ideale, e anche il modello per tutti i presidente successivi"», come cita Codeluppi. E ancora: «Negli anni '90, con la fine della "guerra fredda", a livello internazionale il mondo politico si è omologato a quello da sempre esistente negli Stati Uniti. Con la conseguenza che le campagne elettorali delle varie nazioni assomigliano sempre più a quelle statunitensi, anche perché gli esperti americani di marketing politico, considerati i migliori, sono stati assoldati dai politici di molti paesi».
In Italia, Berlusconi può senz'altro essere considerato un campione di questo nuovo corso ormai impostosi anche qui; magari con costi leggermente più bassi di quelli affrontati dai suoi amici e modelli americani. «I candidati alle elezioni presidenziali del 2000 hanno speso complessivamente oltre 600 milioni di dollari in spots televisivi, sei volte di più che nel 1972. G. Bush ha speso 380 miliardi di (vecchie ) lire, Gore 220, Nader 10. Per fare politica è diventato un prerequisito disporre di ingenti risorse economiche. Michael Bloomberg, eletto nel 2001 sindaco di New York, ha un patrimonio personale stimato in 4 miliardi di dollari ...». La squadra di governo di Bush comprende alti dirigenti della lobby petrolifera; C. Rice, consigliera per la sicurezza, è una ex-dipendente della Chevron-Texaco, il segretario agli Interni G. Norton rappresentava gli interessi della BP-Amoco, il vicepresidente D. Cheney è stato vicepresidente della Halliburton, il primo fornitore di impianti e tecnologie petrolifere al mondo.
Questi personaggi, inoltre, oltre a promuovere se stessi si adoperano anche nella promozione della civiltà americana: il Congresso ha stanziato circa 800 milioni di dollari per propagandare all'interno dei Paesi islamici lo stile di vita americano; a questo proposito, e tra le altre iniziative, è stata lanciata una stazione radio, Radio Sawa ("Radio Insieme") sul modello delle vecchie Radio Free Europa e Radio Liberty, finalizzate alla propaganda nell'Europa Orientale sino ai noti fatti del 1989.
Il capitolo certamente più impressionante di questo libro è certamente quello dedicato alle operazioni criminali perpetrate dalle multinazionali farmaceutiche e con l'avallo della comunità scientifica internazionale. Gli ingentissimi finanziamenti a pioggia che tali colossi sono in grado di elargire a singoli ricercatori, associazioni professionali e università sono in grado di annullare qualsivoglia giudizio critico che scienziati e medici onesti potrebbero esprimere relativamente all'efficacia di nuovi tarmaci sperimentali. Sono di questi giorni le notizie relative, in Italia, all'ennesimo scandalo legato a forniture di materiali chirurgici e ospedalieri gravemente difettosi rifilati a strutture sanitarie con la solita complicità dei soliti gangsters in camice bianco. «È il caso della Fidia, che ha potuto commercializzare per anni costosi farmaci di dubbia efficacia come il Cronassial destinando circa il 20% dei suoi ricavi al finanziamento di ricerche dentro e fuori le università per assicurarsi l'autorevole avallo scientifico...». Se possono essere prodotti farmaci inutili o dannosi, spesso vi sono casi di farmaci che, per contro, pur essendosi dimostrati efficaci nella cura di malattie considerate rare, non vengono pi prodotti causa gli scarsi profitti ricavati dal produttore o il costo di produzione considerato troppo alto.
Da tutto questo al punto di lanciare massicce campagne pubblicitarie per focalizzare l'attenzione su malattie marginali rendendole così preoccupanti, il passo è breve. È il caso, negli USA, del «disordine di ansietà generalizzata» [(GAD), un disturbo nervoso che può esser ricompreso tra le patologie ordinarie in questo campo ma che abili manipolatori hanno provveduto ad ingigantire mediante trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate alla salute (alla salute dei conti bancari di questi predatori ...) a tutto vantaggio del produttore di un antidepressivo denominato Paxil, ovvero la GlaxoSmithKline che (pura casualità?) ha avuto per anni come consulente un noto psichiatra, tale J. Gorman; lo stesso che interveniva a queste trasmissioni amplificando le casistiche relative al già citato GAD...
E chissà cosa penserà il tradizionalista Bush, il buon cristiano Bush, il Bush difensore di Dio (ammesso che Dio abbia bisogno di difensori ...), della patria e della famiglia quando verrà a sapere che nella sua patria circa quattro milioni di bambini vengono trattati con farmaci come il Ritalin e il Prozac al fine di curare un disturbo classificato come Attention Deficit Hyperactivity Disorder, ovvero... un comportamento esageratamente attivo da parte dei bambini! E certo questo non è nulla rispetto alle ultime tendenze di queste multinazionali del crimine che, complici i media, tentano di acquistare visibilità finanziando ricerche apparentemente inutili come quelle finalizzate alla clonazione umana... Apparentemente, perché di certo simili predoni non fanno nulla per nulla! Se non altro che sappiano che, qualora fra mille anni dovessimo avere noi, parafrasando Guccini, «supremazia, diritto e polizia» non dubitino che la pena di morte verrebbe immediatamente restaurata...
Non poteva, e non doveva, mancare perlomeno un riferimento al sesso inteso come partizione dell'universo consumistico del supercapitalismo antiumano.
È nota la continua e inarrestabile eroticizzazione della società ad ogni livello; il messaggio erotico influenza, insieme alla visione della violenza, i recessi più reconditi della psiche umana, e ciò per motivi che sarebbe troppo complesso (e fuori luogo) spiegare. Ma di questo gli stregoni mondialisti sono perfettamente al corrente e infatti proprio la dilatazione esasperata del richiamo erotico-sessuale nell'immaginario collettivo delle folle costituisce la punta di diamante dei processi di disumanizzazione dell'uomo. La dilatazione esasperata del messaggio subliminale erotico è magistralmente simboleggiata dalla... dilatazione esasperata degli orifizi femminili (ma anche maschili) momento catartico dell'immaginario pornografico hard. Confinata sino a pochi anni orsono in ghetti ristretti ed oscuri, la pornografia è stata finalmente sdoganata (per usare una espressione oggi di moda ma, una volta tanto, efficace). Il trionfo della mercé (e della merda) trova qui la sua frontiera ultima, il suo promontorio estremo. Non passeranno troppi anni che l'estrema pornografia farà sicura mostra di se stessa nei programmi televisivi di prima serata; come adesso si vedono le innocenti (?) veline dell'imbecillità manicomiale dei tempi ultimi, domani si vedranno innocenti (?) penetrazioni genitali a sancire magari la riappacificazione tra i due fidanzatini finalmente ritrovatisi. Con la benedizione delle future Alba Parietti, Maria De Filippi, Alessia Marcuzzi...
Oltre la religione, Dio, la poco opportuna provocazione di Adel Smith: quale e quanta attenzione pongono tanti ipocriti italiani verso la croce cristiana utilizzata per così basse e poco ortodosse rappresentazioni?
Graziano Dalla Torre