giovedì 26 novembre 2009

L'agente "T" Franco Freda


In un documento inviato al suo superiore generale Maletti, l'informatore del SID Guido Giannettini, amico di Freda, affermava che: 

"Tutto quanto accade nel nostro paese - è mio dovere sottolinearlo alla sua attenzione - è manipolato dall'esterno, dai servizi speciali tedeschi, inglesi, israeliani e americani. Mancano unicamente una linea politica e una causa autenticamente italiane. "(1)

di Manuel Negri.



Lo stesso Maletti, successivamente interpellato dalla Commissione Stragi ha innanzitutto ribadito una situazione di "quasi sudditanza" (sono parole sue) dei servizi italiani rispetto alla CIA, che si muoveva sul nostro territorio con totale autonomia, e trattava gli italiani come subalterni incapaci. (2)
Nell'ottica della salvaguardia dell'occidente atlantico, il presunto reclutamento di un uomo come Franco Giorgio Freda, risulta utilissimo e funzionale ai disegni tattico-strategici elaborati in ambito statunitense da organizzazioni quali la CIA, il Pentagono e gli alti vertici della NATO; allo scopo di utilizzare uomini di sicura fede anticomunista cui affidare il ruolo di manovalanza, di esecutori materiali delle trame intessute dai manovratori atlantici. A riprova dei contatti e dei legami tra gruppi del tipo Ordine Nuovo e ambienti vicino ai servizi statunitensi vi è un recente rapporto del ROS dei carabinieri, depositato agli atti del processo sui fatti eversivi negli anni '70, in particolar modo su Piazza Fontana: una serie di personaggi erano contemporaneamente militanti delle organizzazioni "eversive" d’estrema destra e agenti della CIA. Nel primo ruolo partecipavano alle organizzazioni degli attentati, nel secondo scrivevano diligentemente le relazioni di servizio.(3) Per quanto riguarda la cellula veneta e specificatamente il gruppo di Padova, comprendente Freda, la funzione di tramite veniva assunta, come affermato dallo stesso interessato, da Carlo Digilio, chi ricorda i rapporti di Freda, Ventura e Zorzi con ambienti dei servizi segreti e, attraverso lui Soffiati, della CIA. Oltre a Freda che firmava rapporti informativi come "agente T", del gruppo di Padova facevano parte anche Massimiliano Fachini, che è un collaboratore dei servizi di sicurezza italiani e lo ha ammesso finalmente anche il generale Maletti, capo del reparto D; Gianni Casalini, informatore dei servizi segreti italiani - come dalle dichiarazioni di Vincenzo Vinciguerra nell'intervista del programma televisivo "Dossier Gladio", cit.
anche in Sergio Flamigni, "Trame atlantiche", pag. 98 e nei documenti giudiziari del giudice Salvini. Cfr. Calvi-Laurént, "Piazza Fontana. La verità su una strage", pag. 115 .
Freda ed il gruppo di Padova, fin dall'inizio, si mettono praticamente al servizio, come altri gruppi, di questa strategia le cui origini risalgono all'immediato dopoguerra, quando viene elaborato il famoso "Piano X" da parte dell'ufficio Operazioni dello Stato Maggiore dell'Esercito, in collaborazione con servizi alleati angloamericani. Tale "Piano X" prevedeva l'assistenza, il finanziamento e l'armamento di movimenti anticomunisti legati a forze reazionarie, spesso addirittura neofasciste, affinché promuovessero quelle azioni di sabotaggio, di guerriglia e di disturbo poi attribuite ai partiti del Fronte Popolare. Ricordiamo che siamo a cavallo degli anni 1947-48, periodo in cui vengono create le reti dell'operazione stay-behind, meglio nota come Gladio. Vincenzo Vinciguerra sostiene in merito che:
"E' proprio sul terreno di questo "anticomunismo atlantico" che il mondo neofascista, alla ricerca di un posto all'ombra dei potenti, ha finito per legarsi definitivamente al carro americano, nella sola posizione possibile: quella di uno degli strumenti d'azione del potere statunitense.Non si è trattato cioè di una alleanza, ma di una posizione di assoluta sudditanza politica ed operativa, di cui almeno gli esponenti di vertice del neofascismo (come Freda, N.d.R.) non potevano non essere consapevoli" (4)
Ora, sulla falsa riga del Piano X, all'inizio degli anni '60 si tiene in Svizzera e più precisamente a Berna una riunione di tutti i servizi segreti occidentali, in accordo con quelli della Cina. La strategia da adottare, in funzione antisovietica, viene individuata da due linee di condotta fondamentali: la prima linea era diretta a compiere degli attentati per farli ricadere sulla sinistra; mentre la seconda linea invece era di infiltrazione nei gruppi di sinistra.
"Va rilevata un'inquietante coincidenza: all'epoca la CIA lancia una vasta operazione di controllo degli ambienti liberali e di sinistra americani (denominata MH-Chaos) che, in una delle sue ramificazioni (Project-2), prevede L'infiltrazione negli ambienti maoisti negli Stati Uniti e all'estero. Responsabile di tale operazione altri non è che James Jesus Angleton, capo del controspionaggio della CIA e mentore americano di D'Amato(' (5).
Vediamo ora come Freda ed il gruppo di Padova si sono prestati ed adoperati a realizzare l'opera di infiltrazione a sinistra e a partecipare ad attentati da attribuire alla sinistra. Come conseguenza operativa della riunione del Club di Berna " ...iniziano poi ad essere affissi sui muri di Roma e di altre città, migliaia di copie dei cosiddetti manifesti cinesi. Tale operazione fu diretta dall'Ufficio Affari Riservati del ministero degli Interni, guidato da Umberto Federico D'Amato, uno dei promotori della riunione di Berna e che stese un velo protettivo sui singolari attacchini "cinesi" tanto che a Roma, ed altrove, alcuni di costoro "fermati" dalle volanti della polizia ed accompagnati in Questura, vennero subito rilasciati senza che, a loro carico, venisse assunto alcun provvedimento di carattere amministrativo e/o giudiziario"(6)
Il collegamento di Freda a Roma, come afferma Ventura nell'interrogatorio del 20-11-1972, era Guido Paglia, dirigente di Avanguardia Nazionale, alle dipendenze del Servizio Informazioni Difesa (SID). "Nessuna meraviglia deve destare il fatto che a creare questi gruppi marxisti-leninisti di ispirazione "cinese" fossero, fra gli altri, i "nazisti" italiani. Ad Avanguardia Nazionale, infatti, va ascritto il "merito" di aver affisso sui muri delle città italiane nei primi anni '60 migliaia di manifesti cosiddetti "cinesi" perché inneggiavano all'ortodossia dottrinaria ed ideologica della Cina di Mao, contrapposta al "tradimento" dei "revisionisti" sovietici.
Coordinatore in Italia di questa operazione che venne estesa in diversi paesi europei, fu il direttore de "Il Borghese" Mario Tedeschi, intimo e fraterno amico del questore Federico D'Amato, dirigente dei servizi segreti civili del ministero degli Interni."(7) "Significative ed inequivocabili sono in tal senso le dichiarazioni del Ventura: egli riferisce infatti come l'organizzazione eversiva fosse nata con un'impostazione nazifascista; si articolasse su di una direttrice veneta che faceva capo al Freda, nonché su un'altra romana che faceva capo a Stefano Delle Chiaie; avesse elaborato la propria strategia di base in una fondamentale riunione, tenutasi il 18-4-1969 a Padova, alla quale erano intervenuti il Freda ed altri esponenti di rilievo della cellula eversiva veneta e di quella romana. In tale riunione si era concepito il programma della cosiddetta "seconda linea" o "doppia organizzazione" secondo cui occorreva strumentalizzare, con opportune manovre di infiltrazione e di provocazione, i gruppi estremisti di sinistra, in modo da compromettere questi ultimi negli attentati e farli apparire come responsabili di un'attività eversiva la cui reale matrice, invece, era di destra(' (8)
Successivamente Freda e Ventura continuarono l'operazione tentando di infiltrarsi nelle organizzazioni di estrema sinistra, più precisamente in gruppi filocinesi. II dottor Emilio Alessandrini afferma nella requisitoria del 6 febbraio 1974 che Freda alla fine degli anni '60 mantiene frequenti contatti con la Legazione Cinese di Berna e, che anzi da quest'ultima avrebbe ricevuto il finanziamento per la pubblicazione del "Libretto rosso".Tutto ciò corrisponderebbe alla logica, solita, di un' "opera" di penetrazione condotta dal SID negli ambienti filocinesi italiani, tramite Freda che, legittimato dai contatti con diplomatici cinesi a Berna, può instaurare ottimi rapporti con Elio Franzin e Mario Quaranta, due esponenti di spicco della sinistra extraparlamentare "Va osservato che le conversioni alla sinistra di Freda e Ventura, sono, guarda caso (ma il caso non esiste...), contemporanee a quelle di Merlino e di alcuni suoi compagni nel famoso viaggio in Grecia organizzato da Pino Rauti nell'aprile del 1968.(...) Freda e Ventura tentano di infiltrarsi tra questi ultimi (gruppi filocinesi, N.d.R.), in particolare nel Partito Comunista d’Italia marxista-leninista (PCD'IM-L) (finanziato direttamente dalla CIA, la quale era a conoscenza dei nomi degli aderenti ancor prima della costituzione del movimento, N.d.R.), e a uno dei suoi leader, Alberto Sartori, ex comandante partigiano delle brigate Garibaldi, Ventura offre la direzione amministrativa della Lito (tipografia specializzata nelle pubblicazioni di estrema sinistra, N.d.R.)(9) l'agente "T" Franco Freda inizierà all'opera di infiltrazione anche alcuni suoi colleghi quali Claudio Mutti (comparso nella lista della Rosa dei Venti) che tenta a Parma l'infiltrazione in movimenti di sinistra insieme a Claudio Orsi.
Ricordiamo che al momento del suo primo arresto nel 1974, per concorso in strage, Claudio Mutti fu perquisito e sotto la suola di una scarpa fu trovato un bigliettino di Freda allora detenuto a Brindisi - indirizzato all' "agente Z" Guido Giannettini.
Lo stesso Giannettini è l'autore dei documenti ritrovati nella cassetta di sicurezza di Montebelluna intestata alla madre del Ventura; carteggi che rilevano le esigenze di infiltrazione a sinistra, adatti al conseguimento degli obiettivi che la cellula veneta di Freda e Ventura si era prefissata.
Nell'ottica della infiltrazione a sinistra è probabilmente da inserire anche la progettazione e la stesura dello scritto di Freda "La Disintegrazione del Sistema", così come sostenuto dal Vinciguerra che ebbe questa confidenza dallo stesso Freda nel 1971. Il testo fu infatti pubblicato nel 1969 dalla casa editrice fondata qualche anno prima da Freda stesso, le edizioni di Ar; cui bisogna obiettivamente riconoscere l'apporto culturale fornito alla formazione politico-militante ed il merito di aver pubblicato scritti fondamentali di Julius Evola, Adolf Hitler, Corneliu Z. Codreanu, Werner Sombart, Leon Degrelle, Adriano Romualdi e molti altri.
Sempre in funzione di stabilizzazione e di difesa dell'ordine atlantico occidentale, Freda si adopera nella diffusione di lettere-volantini indirizzati agli ufficiali dell'esercito italiano, invitandoli ad aderire ai Nuclei di Difesa dello Stato, organizzati in ambito NATO come struttura parallela da affiancare a Gladio. I legami di Freda con ambienti vicini allo Stato repubblicano ed antifascista nato dalla Resistenza si riaffacciano nei rapporti che questo intrattiene con il gruppo milanese di Ordine Nuovo, La Fenice, che aveva, chissà come, ampia disponibilità dei timer acquistati da Freda a Bologna presso la ditta Elettrocontrolli (lo stesso tipo utilizzato nella strage del 12 dicembre 1968). Il gruppo La Fenice è diretta emanazione dei vertici politico-militari dello Stato italiano, in quanto collegato e colluso con il SID e col comando della Divisione Pastrengo dei carabinieri.
Alla luce di questi fatti è d'uopo collegare l'intero operato di Freda con le teorie precedentemente esposte e discusse nel convegno dell’istituto Pollio, dove era presente l'amico Giannettini legato ai servizi segreti ed allo Stato Maggiore della Difesa.
Per questa strada ci si avvia alla stagione degli attentati, da attribuire logicamente alla sinistra, per giungere all'apice del 12 dicembre 1969 con Piazza Fontana, momento di arrivo, terminale di un'operazione che doveva portare allo proclamazione dello stato di emergenza.
Il gruppo di Freda è implicato, assumendosi il ruolo di esecutore, nella escalation di questi attentati, dai treni alle banche, da Roma a Milano.
Un episodio curioso è la sospensione dell'incarico nel 1969, con argomenti pretestuosi, del capo della squadra mobile di Padova Pasquale Juliano, che aveva scoperto la cellula eversiva padovana di Freda e Fachini prima della strage di piazza Fontana, rischiando così di far fallire il piano eversivo prima che iniziasse. (10)
Il SID, grazie agli informatori di cui disponeva in seno alla cellula veneta di Freda e al gruppo romano di Delle Chiaie, era sicuramente informato in anticipo di tutti gli attentati commessi nel corso del 1969. I servizi si adoperarono in modo sistematico a fermare qualsiasi inquirente che potesse ostacolare la cellula veneta nei propri compiti, così come successo a Pasquale Juliano.
E così si giunge all'esplosione dell'ordigno nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura di Milano in cui rimasero coinvolti decine di innocenti, vittime sacrificali dello Stato italiano, da immolare sull'altare dell'alleanza atlantica. Come da copione, alcune ore dopo l'esplosione, gli inquirenti hanno già i nomi dei presunti responsabili, appartenenti al gruppo di Padova e alla cellula veneta di ON, ma vengono fatti desistere, si dice di lasciar perdere e di guardare altrove. Dopo alcuni giorni e qualche velina proveniente dai meandri di qualche palazzo romano, il dito viene puntato a sinistra incolpando l'anarchico Pietro Valpreda. Da quel momento ognuno recita il proprio ruolo: giornalisti, forze di polizia, carabinieri, ministero dell’interno. Il procuratore di Milano Alessandrini sottolinea nella sua requisitoria del 1974 che era impossibile che Freda e Ventura, mentre erano sotto il controllo di un agente del SID legato allo Stato Maggiore (Giannettini), si fossero lanciati negli attentati senza pensare che agivano con la copertura del SID e dello Stato Maggiore. E così fu. E' emerso ad esempio che venne preparato un attentato (poi non eseguito) a Giancarlo Stiz, il giudice che nel 1971 aveva indagato per primo su Freda e Ventura in epoca in cui la verità ufficiale attribuiva la strage di Piazza Fontana a Valpreda e ai suoi compagni. Freda fu ugualmente arrestato e le indagini passarono per competenza territoriale al giudice D'Ambrosio fino al dicembre del 1974 quando non si sa perché si trasferì il tutto al Tribunale di Catanzaro. Durante la detenzione di Freda, vennero fatti numerosi tentativi per farlo fuggire.
Benché proprio Freda e il suo gruppo fossero condannati in primo grado per l'attentato terroristico, la fonte fu disattivata e i documenti distrutti per intervento del generale Maletti, capo del reparto D dei SID. (11).
Giannettini afferma che lo stesso Maletti invia il capitano Labruna a recarsi a Barcellona per incontrare Stefano Delle Chiaie al fine di concordare un'eventuale fuga di Freda in America Latina attraverso la Spagna. II Delle Chiaie stesso conferma ciò in un'intervista rilasciata a "Panorama" del 4 maggio 1976. Nel periodo di detenzione di Freda furono attivati anche numerosi canali legati alla massoneria e alla 'ndrangheta calabrese soprattutto grazie alla figura dell’avvocato massone Romeo, che fu poi arrestato nel 1980 per favoreggiamento personale avendo agevolato, per conto del SID, la fuga dalla Calabria di Franco Freda (imputato per la strage di Piazza Fontana). (12)
Molti anni dopo la Corte di Cassazione condannò il gen. Maletti e il capitano Labruna rispettivamente a un anno e a dieci mesi di reclusione per aver depistato le indagini. La stessa corte assolse definitivamente i tre principali imputati, Giannettini, Freda e Ventura. Personalmente non possediamo alcun elemento giudiziario per condannare la persona di Freda per la strage di Piazza Fontana, tanto meno ci interessa il fatto; ma vogliamo ribadire che il suo operato fa pensare ad una collaborazione organica con gli apparati dello Stato; per assecondare le strategie del momento, elaborate oltreoceano dalle teste d'uovo del Pentagono, della CIA e della NATO.
Chiedetevi come mai, ad eccezione dell'atto di guerra di Peteano contro l'Arma più rappresentativa dello Stato, ideato, elaborato e portato a termine del soldato politico Vincenzo Vinciguerra; nell'arco di trent'anni il neofascismo non ha mai colpito o almeno tentato di colpire uomini simbolo delle istituzioni di quello Stato che a parole volevano abbattere, ma che nei fatti difendevano; perché non hanno mai attaccato esponenti dell'alta finanza mondialista, perché non hanno mai tentato di attaccare rappresentanze diplomatiche in Italia, ambasciate, consolati di paesi come gli Stati Uniti o Israele.
Chissà perché...
Lo stesso Freda, una volta caduto il comunismo e venuta meno quella che i suoi colleghi di apparato hanno definito convergenza tattica, non si é rivolto, nei fatti, contro l'Occidente plutocratico, contro quelle democrazie che hanno costituito il nemico mortale delle potenze dell'Ordine Nuovo durante la seconda guerra mondiale.
No, questo Freda non l'ha fatto perché lui come Rauti e tanti altri sono solamente al servizio del Sistema, continuando ad ingannare i militanti in buona fede che li seguono, baloccandosi con le politiche xenofobe ed antiimmigratorie tese soltanto alla difesa dei detriti della razza bianca, appendice putrescente dell'Occidente giudeo-plutocratico.
Note:
1) "I burattinai", di Philip Willan, Tullio Pironti Ediiore, Napoli 1993;
2) "Il generale Maletti e le verità di Piazza Fontana", di Franco Ferraresi, sul "Corriere della Sera" del 16 marzo 1997;
3) "Piazza Fontana. Nuove accuse per Freda e Ventura", di Giovanni Maria Bellu, su la
"Repubblica" del 21 giugno 1996;
4) "Ergastolo per la libertà. Verso la verità sulla strategia della tensione", di Vincenzo Vinciguerra, Edizioni Arnaud, Firenze 1989;
5) "Piazza Fontana. "La verità su una strage", di Fabrizio Calvi e Frédéric Laurent, Mondadori, Milano 1997;
6) "Il Drago e l'Arcangelo" di Vincenzo Vinciguerra, pubblicato su "Avanguardia" dal numero 125, maggio 1996, al numero 130 dell'ottobre '96
7) "La voce del silenzio", di Vincenzo Vinciguerra, pubblicato su "Avanguardia", dal numero 101, maggio 1994, al numero 113, del maggio 1995;
8) "Servizi segreti", a cura di Pietro Calderoni, Tullio Pironti editore, Napoli 1986;
9) come nota 5;
10) "La strage. L'atto di accusa dei giudici di Bologna", a cura di Giuseppe De Lutiis, Ed. Riuniti, Roma 1986;
11) "Lo Stato parallelo. L’Italia "oscura" nei documenti e nelle relazioni della Commissione Stragi", di Paolo Cucchiarelli e Aldo Giannuli, Gamberetti Editrice, Roma 1997;
12) "Trame atlantiche", di Sergio Flamigni, Kaos Edizioni, Milano 1996.
Articolo estrapolato dal mensile "AvAnguardia"

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