Il primo Maggio è una festa ridicola, al giorno d'oggi. Essa rappresenta la festa di una minoranza di raccomandati rispetto ad una maggioranza di "sfortunati". Un italiano su dieci non ha un lavoro stabile e un italiano su quattro non lavora per ragioni di età: troppo vecchio per essere assunto o troppo giovane (senza esperienza) per l'identico motivo. Un italiano su quattro inoltre si divide tra disoccupazione, sottooccupazione, cassa integrazione ecc. Quello che resta deve mantenere gli altri tre. Se poi a queste nequizie vi aggiungiamo la crisi sistemica che sta attanagliando l'Europa tutta allora il quadro è completo.
I sinistri estremi invocano più tempo libero, meno lavoro, dimenticando che il tempo libero tende ad esaltare l'ineguaglianza, non ad attenuarla. Infatti, se ci fate caso, a lavorare di meno ci sono solo due categorie: quelli che non hanno bisogno di lavorare e sono una sparuta minoranza e quelli che vorrebbero lavorare ma non trovano un lavoro che invece rappresentano la stragrande maggioranza della persone.
Del resto, oggi, ogni nuovo spazio di "libertà" viene colonizzato dal consumismo. Pertanto, in quest'ottica, se la godono coloro che dispongono delle risorse necessarie per togliersi qualsiasi capriccio. Gli altri, i coatti, i proletari dello spirito, se la passano assai male. I comunisti, materialisti per antonomasia, lavorano per il mercato, per il sistema bancario. Sono i veri agenti del potere economico globale. Per questo il compianto Duce del fascismo, il primo maggio istituì l'Opera Nazionale Dopolavoro col compito precipuo di sostenere e organizzare il tempo libero dei lavoratori. Secondo la definizione statutaria l'O.N.D "cura l'elevazione morale e fisica del popolo, attraverso lo sport, l'escursionismo, il turismo, l'educazione artistica, la cultura popolare, l'assistenza sociale, igienica, sanitaria, ed il perfezionamento professionale".
L'Opera Nazionale Dopolavoro rientrava in quel piano di orientamento dei costumi e delle abitudini del regime fascista, in quell'opera immane tesa a plasmare l'uomo nuovo, avviato dal Duce nel corso del ventennio. L'obbiettivo era costruire stili di vita nuovi e, soprattutto, vitali che fossero d'uopo nell'opera di polarizzazione nazionale.
Oggi, invece, dopo il fascismo c'è il nulla. Cosa è stato ottenuto da allora, premesso che le otto ore lavorative giornaliere e le 40 ore settimanali rimangono una conquista incontestabile del ventennio fascista? I Sindacati sono ormai abbarbicati in una battaglia di retroguardia, tesa esclusivamente a salvare il salvabile, senza prospettiva alcuna. Alla festa del lavoro non ci crede più nessuno, eccezion fatta per quei poveri mentecatti che vanno al "concertone" del primo maggio.
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