domenica 28 gennaio 2001

Camerati, addio. Storia di un inganno in cinquant'anni di egemonia statunitense in Italia

Dal n° 180 - Gennaio 2001 del Mensile “AVANGUARDIA”.

Vincenzo Vinciguerra
Edizioni di Avanguardia, Trapani, pag. 157, Lire 20.000

Con la pubblicazione di "Camerati, addio", “Avanguardia” giunge, diciamo così, all’«epilogo» dell'opera di denuncia e di revisione del neofascismo italiota che, nel dopoguerra, tutto ha bruciato e tutto ha cancellato al fine di servire gli interessi degli USA e delle sue strutture militari e di spionaggio nel territorio coloniale. Si tratta di un'ulteriore, articolata e lucida, documentazione con la quale il camerata Vincenzo Vinciguerra inchioda e crocifigge, alle proprie responsabilità di ruffiani e di spioni, i vertici e le organizzazioni del così definito «neofascismo atlantico di servizio»; ossia quella componente che ha disonorato e tradito le potenzialità rivoluzionarie del Fascismo anti plutocratico e anticapitalistico, lasciandolo a solo vuoto contenitore di un nazionalismo e di un anticomunismo utili di fatto a rinsaldare l'egemonia colonialistica degli Stati Uniti d'America nell'Italia, alla fine del secondo conflitto mondiale.

«Attraverso la sua personale esperienza militante», riportavamo in un articolo di Maurizio Lattanzio, in “Avanguardia” nel 1993, recensendo “Ergastolo per la libertà”, «Vinciguerra ricostruisce, con indubbia attendibilità ed apprezzabile accuratezza, il significato politico che identifica la cosiddetta "strategia della tensione". Quest'ultima, infatti, porrà in evidenza, al di là della buona fede dei pochi o tanti “camerati”, il preesistente rapporto organico di “collaborazione” intercorrente fra taluni individui funzionalmente “piazzati” nelle diverse formazioni dell'estrema destra e i servizi segreti italioti e, più ampiamente, occidentali».

Questo nuovo libro di Vinciguerra (il terzo dopo “Ergastolo per la libertà” e “La strategia del depistaggio”), infatti, traccia la storia della nascita del MSI quale struttura di irretimento e di ingabbiamento voluta dal Ministero degli Interni per tutti quei (neo)fascisti che, dopo la sconfitta militare in guerra, avrebbero potuto continuare la battaglia politico-rivoluzionaria del Fascismo contro gli americani ed i loro fidi servi che, con lo scudo crociato, avevano appena impiantato un regime su basi criminali e mafiose.

Come afferma lo stesso autore, «Il MSI viene creato ad arte con la collaborazione dello Stato Maggiore badogliano e dei servizi di sicurezza; nella sua creazione fu attivamente partecipe il SIM (Servizio informazioni militare) con la supervisione dell'OSS, il servizio statunitense antesignano della CIA».

L’esperienza maturata in dieci anni col mensile “Avanguardia” -dopo la nostra fuoriuscita dal MSI, nel luglio del 1991- e in oltre 15 anni col MSI-DN, non fa altro che convalidare totalmente la tesi di Vincenzo Vinciguerra, pur se, la nostra, è stata un'esperienza vissuta qualche decennio più tardi.

Sia all'interno delle strutture del MSI, che fuori di esso, abbiamo potuto constatare come l'esperienza dottrinaria sociale e rivoluzionaria, anti plutocratica ed antigiudaica, che è alla base del Fascismo sia stata, e continua ad essere, lontana anni luce dalle campagne di pura azione propagandistica del neofascismo contiguo al Sistema.

«Ancora nel 1973 - afferma Vincenzo Vinciguerra [1]-, Giorgio Almirante, nella sua autobiografia, ribadiva la validità della scelta facendo discendere la sua adesione di aderire alla Repubblica di Salò, nell'ottobre del 1943, non dal discorso di Benito Mussolini, dopo la liberazione dal Gran Sasso, e, tantomeno, dall'appello di Alessandro Pavolini, ma dal discorso tenuto da Rodolfo Graziani, a Roma, al Teatro Adriano, nei primi di quel mese di ottobre ...».

Negli anni, le pulsioni vitalistiche e ribellistiche, esistenti nello sgangherato arcipelago del neofascismo, sono state sempre indirizzate verso una logica reazionaria di puro sostegno all'Occidente plutocratico-borghese, dal momento che non è mai esistita alcuna strategia politico-rivoluzionaria che abbia colto l'essenza rivoluzionaria del Fascismo e portato i militanti ad uniformarsi per una battaglia politica nella prospettiva «dinamica» della lotta al Sistema per l'annientamento del Sistema, identificato nella società moderna giudaico massonica, con tutte le proprie peculiarità mercantilistiche ed economicistiche, laiche e di sfruttamento, divergenti col mondo della Tradizione e con i postulati dottrinari dei Fascismo.

L'abbiamo constatato quando, con “Avanguardia”, abbiamo delineato il progetto politico-culturale di alternativa rivoluzionaria al Sistema, denominato Eurasia-Islam: caduto il «fronte» bolscevico, caratterizzato dalla Russia sovietica e dai suoi satelliti, si prospettava in tutta la sua interezza la possibilità, per l'estrema destra, di scagliarsi contro il nemico principale, rappresentato dall'ideologia mercantilista dei capitalismo sfruttatore.

Niente di tutto ciò! Ne abbiamo avuto prova a Pacentro, nel giugno del 1992, quando più realtà militanti (c'era Tilgher e c'erano gli skin di Milano, c'era il «sacrestano» Marzio Gozzoli e c'era Costa di Cento, oltre a un centinaio di camerati di tutta Italia) si sono ritrovate a discutere il nostro progetto, scegliendo di fatto di posizionarsi ancora una volta a guardia dell'Occidente capitalistico, caratterizzato dalla matrice giudaico-statunitense contro l'Islam Rivoluzionario e Tradizionale, antigiudaico e antistatunitense, contro la Repubblica Islamica dell'Iran e contro le masse degli sfruttati e dei diseredati dei pianeta, col pretesto della salvaguardia dell'Occidente eurocentrico, bianco e giudaizzato, per sostenere un fronte anti-immigratorio ed anti-islamico già tracciato dalle centrali dei potere colonialistico delle multinazionali e della grande banca. Il progetto Eurasia-Islàm non solo non è stato accettato, ma è stato «sabotato» ed ostacolato dai collaborazionisti sistemici operanti nelle parodistiche strutture dei neofascismo di servizio.

In questa maniera l'estrema destra italiana, come dei resto era già avvenuto abbondantemente negli anni dei dopoguerra, tenuta a guinzaglio da individui già segnati da una consapevole e supina collaborazione con le strutture poliziesche dello stato antifascista e con le strutture di spionaggio dei nemico invasore, ha mostrato tutta la propria attitudine a svolgere un'azione di propaganda, che non è politica d'avanguardia rivoluzionaria, sociale e popolare, ma mera opera di polizia ausiliaria dell'Occidente plutocratico-borghese (vedi le guardie «verdi» di Bossi al servizio dei piccolo-borghesi della Padania ...), per offrire sicurezza (sic!) alle città, della porcilaia consumistica occidentale, attraverso le ronde anti-immigrati ed anti-droga, anti-scippatori ed anti-prostitute, che nulla hanno a che fare con le esperienze rivoluzionarie, di portata epocale, del Fascismo, della Repubblica Sociale Italiana e del Nazionalsocialismo.

Di queste esperienze rivoluzionarie il «neofascismo atlantico di servizio» non ha «colto» nulla, se non la inflazionata corsa all'anticomunismo e la sudditanza alle conventicole giudaico-cristiane, un vago sentimento cavalleresco e un richiamo verso il tricolore che, per la verità, ha forte coloritura di impronta massonica e di quell'antifascismo sabotatore e vile, che trova origine nella dinastia dei Savoia.

Quello che in queste pagine da anni abbiamo contrassegnato come «neofascismo atlantico di servizio», è la «... risultante funzionale del processo di diversione strategica che ha prostituito il neofascismo italiano alle esigenze “equilibratrici” -prima anti-sovietiche e oggi anti-islamiche- dell'ordine atlantico giudaico-occidentale. Il neofascismo italiano, fin dagli inizi del secondo dopoguerra, è stato “convertito” in struttura operativa collaborazionista del Sistema giudaico-mondialista, incaricata di controllare, contenere, neutralizzare e “divergere” le potenziali “pulsioni” antisistemiche “emergenti” dal luogo geometrico coincidente con l'estrema destra italiana». [2]

Riproponiamo queste nostre considerazioni ai camerati del «neonato» Coordinamento Antimondialista, affinché, una volta per tutte, questo paradossale ed infame equivoco venga dissipato.

Lo riproponiamo perché, ancor oggi, nello scenario multi degradato della «politica» italiana emergono dei fatti che, a fotocopia, conducono ad un periodo -quello della "strategia della tensione" e degli "opposti estremismi"- che ha disintegrato le opposizioni politiche rivoluzionarie antistatunitensi ed anticapitalistiche ed ha rinsaldato al potere il partito unico della borghesia, filo-atlantico e filo-giudaico, al servizio della usurocrazia cosmopolita internazionale.

Quanto ci ha riportato il camerata Vinciguerra, ulteriormente col libro "Camerati, addio", noi lo sottoponiamo quale base di confronto d'una riflessione politica comunitaria che deve coinvolgere l'intera comunità militante, dato che ogni ipotizzabile opera di ricostruzione, o di costruzione ex-novo, -a breve, medio o lungo termine- deve essere fondata su basi chiare, solide ed univoche.

«Dovevamo batterci contro le putride democrazie occidentali» [3], algidamente, afferma Vinciguerra all'epilogo di "Camerati, addio", «e, invece, avete scelto di sottomettervi ad esse, e avete coinvolto nel vostro voltafaccia storico e politico migliaia di giovani che avete ingannato nella maniera più ignobile».

Ma chiedetevi, camerati e Lettori del mensile “Avanguardia”, quale è stata la storia personale degli Almirante e dei Rauti, come degli altri «portieri» dei condomini inflazionati dell'estrema destra, legati a doppio filo col Viminale e col Comando generale dell'Arma dei carabinieri.

I due segretari dell'ex-destra nazionale - che non hanno aderito alla RSI per pura convinzione politica ai princìpi del Fascismo, ma per un vago senso dell'«onore»- hanno vissuto in parlamento a braccetto con la democrazia cristiana, elargendo suffragi per operazioni politiche funzionali alla burocrazia statale antifascista. Rauti, buon estimatore del massone Cossiga, dopo avere predicato per anni un antiamericanismo di facciata, nel 1991 ha mostrato tutta la sua reale attitudine di «teorico nazionalsocialista» non accennando a nessuna protesta, nel momento in cui reparti delle forze armate dello stato coloniale appoggiavano le armate mercenarie statunitensi, impegnate in quella che è stata l'aggressione criminale contro l'inerme popolo iracheno, nella guerra mondialista del petrolio.

Un po' più a destra, trenta anni di oscuri misteri e di inquietanti interrogativi che, in ogni caso, hanno pesantemente condizionato la vita politica di una nazione. Sostanzialmente, la contiguità di gruppi e di personaggi del neofascismo italiota ha radicato la presenza statunitense in Italia, disintegrando ogni velleità rivoluzionaria dello stesso, che legittimamente porta in sé tutte le potenzialità sociali e rivoluzionarie, dottrinarie e politiche, per costruire e condurre una battaglia di liberazione dal dominio e dallo sfruttamento giudaico-capitalistico.

Quanto «evocato» in “Camerati, addio”, suscita, afferma Vinciguerra - noi, concordiamo pienamente - «... più che ira e odio, tristezza e disprezzo (...) Avete creduto, camerati, che chi aveva scatenato una guerra mondiale, costata cinquanta milioni di morti, per imporre il suo dominio nel mondo e cancellare l'Europa, le sue ideologie, la sua cultura e la sua storia potesse veramente affidare a voi la reggenza di questo Paese? (...) vi hanno arrestati, processati, condannati e posti, come organizzazione, fuori legge. E avete taciuto. (...) Dovevate tacere, camerati, perché l'unica differenza fra tutti voi -missini, ordinovisti, avanguardisti, “spontaneisti”- risiedeva, eventualmente, nell'apparato dello Stato che vi utilizzava e vi manovrava, che vi usa e vi userà fino a quando non vi getterà via, fra i detriti del regime». [4]

Riteniamo che niente di più vi sia da aggiungere a quest'infamante equivoco...

Leonardo Fonte

Note:

1] Vincenzo Vinciguerra, "Camerati, addio", p. 31;
2] cfr. «Avanguardia», n. 133, gennaio 1997, p. 15;
3] op. cit. p. 143;
4] ibidem, pp. 141-147-148-149.

2 commenti:

  1. Tutto giusto !
    Non resta che prenderne atto e non continuare a sbagliare.

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  2. Già, per questo occorre prendere le distanze da certi obliqui personaggi che continuano imperterriti ad ingannare le giovani generazioni attraverso falsi slogan che si traducono nella realtà in false aspettative che nulla hanno a che fare col fascismo e con quanto esso rappresentò nel bene come nel male.

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