giovedì 20 novembre 2003

II potere del consumo

 

da "Avanguardia" n° 214 - Novembre 2003

Vanni Codeluppi

Viaggi nei processi di mercificazione della società
edizioni Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 152, € 9,50

... il giornale quotidiano continua a rappresentare una funzione di controllo per così dire politico, costruendo e indirizzando le opinioni e gli orientamenti che le folle stesse ripeteranno demenzialmente nell'unico luogo deputato che la democrazia assegna ai sudditi per l'esercizio della loro libertà obbligatoria: la cabina elettorale... 

Fateci caso anche voi; mi sono trovato talvolta a riflettere (non avendo altro da fare ...) sul significato intrinseco della abusatissima parola: consumismo. Il consumista, in realtà, dovrebbe essere proprio ciò che invece... non è, nel senso che dovrebbe appunto consumare, il che -perlomeno in riferimento ai cosiddetti beni materiali o fungibili, agli oggetti concreti fatti di un qualche materiale-, dovrebbe anche significare l'uso o l'utilizzo continuativo di un oggetto sino al suo completo (o quasi) disfacimento, sino alla distruzione naturale o indotta appunto dall'utilizzo continuo e costante, il quale uso porta alla consunzione insuscettibile però alla riparazione o alla rigenerazione della cosa, essendo questo già stato tentato, e con successo, nel corso della vita del nostro oggetto il quale, per degenerazione strutturale irreversibile, giunge infine ad un punto di collassamento generale. In altri termini: il c.d. consumismo finisce per designare -nella civiltà occidentale- paradossalmente proprio il "non-consumo" ovvero il parossistico e frenetico ricambio continuo di quelle merci che segnano la vita quotidiana negli obitori delle società liberal-capitalistiche: come già avemmo occasione di scrivere da queste pagine (repetita juvant) la produzione capitalistica deve presupporre la distruzione; ma anche e soprattutto, e questo è proprio ciò che avviene nel momento attuale, la creazione ex nihilo (siamo in vena di latinismi ...) di bisogni inesistenti e dunque di merci... inesistenti!

Non soltanto inutili, quindi; proprio inesistenti. Non è, questa, una semplice battuta campata in aria; nel mondo ormai le produzioni immateriali hanno superato, o si accingono a farlo, quelle materiali. Per fare un esempio facilmente comprensibile pensiamo all'incidenza che, nell'economia mondiale, ha la produzione dei computers con derivati ed accessori (il cosiddetto hardware) raffrontata con quella del software, ovvero dei programmi ma anche dell'universo Internet. E dunque la consegna per le masse consumatrici è divenuta quella del ricambio spasmodico delle merci, del loro conferimento -dopo vite operative sempre più brevi- nelle mega discariche dove anche il riciclaggio diventa sospetto e pericoloso nonostante la grancassa propagandistica dei media sulla riconversione dei rifiuti come dovere civico sia dell'industria che del comune cittadino; il riciclaggio infatti disturba la produzione e sopprime molti più posti di lavoro (altra parola magica ad uso dell'imbecillità di massa. Sull'uso delle parole magiche ho già accennato in altri articoli) di quanto non ne crei e i sindacati avrebbero di sicuro qualche cosa da obiettare. Il riciclaggio poi, di per sé stesso, è radicalmente anticonsumista; insomma, molto sovietico e molto poco americano.

Il breve ed agile libretto che andiamo qui a commentare rappresenta un raro esempio di chiarezza divulgativa unita alla necessaria accuratezza delle analisi. L'autore è docente di Sociologia all'Istituto Universitario di Lingue Moderne di Milano ed ha incentrato i propri interessi scientifici proprio sullo studio delle dinamiche relative ai consumi, con i corollari legati al mondo della pubblicità e della moda.

L'opera è suddivisa in dieci capitoletti, ognuno dei quali prende in esame un particolare aspetto e della mercificazione della società (come recita il sottotitolo) e, più specificamente, del mondo moderno in generale con le sue distorsioni patologiche e cancerose. Certamente, non siamo in presenza di un autore nostro che si spinga ad una critica radicale dei fondamenti stessi della civilizzazione occidentale, purtuttavia si avverte da molte pagine come la critica di questa, sempre profonda e tagliente, riesca ad essere (si presume) sgradita ai burattinai del potere.

La sociologia, riteniamo, costituisce oggi una disciplina che in maniera molto più compiuta dell'economia (la scienza, oltre che triste, anche inesistente) riesce ad enucleare e sviscerare i meccanismi più defilati ed appartati della macchina infernale del supermondo imperial-liberista semplicemente partendo dalla osservazione attenta e meditata dei comportamenti sociali degli uomini, uomini visti di volta in volta nel loro rapporto con il lavoro, la famiglia, la religione ed il sacro, la tecnologia e la scienza, il dolore e la morte... Aldilà di inopportune ed ingiustificate esaltazioni quanto detrazioni, riteniamo che l'osservazione ragionata delle folle nei suoi comportamenti all'interno della stalla occidentale sia di grande utilità se non altro a misurarne il grado di degenerescenza in rapporto al modello superiore ed ormai sideralmente distante dell'uomo tradizionale ed archetipico.

Analizziamo dunque con ordine l'esposizione dell'autore, inserendo di volta in volta le nostre considerazioni alla luce delle istanze Tradizionali, rivoluzionarie, nazionali e socialiste che ci caratterizzano.

La vergognosa opera di sfruttamento dell'infanzia da parte del supermondo (scusate l'ennesimo neologismo, ma ci sembra che l'espressione delinei correttamente la realtà dei fatti) non si realizza soltanto attraverso le criminali vicende legate alla pedofilia (vicende che oggi riscuotono ampia risonanza mediatica) bensì soprattutto nell'opera di coinvolgimento dei fanciulli -per rimanere nell'ambito del Primo Mondo a capitalismo avanzato- nell'offensiva psicologica di dilatazione smisurata dei consumi. Il bambino viene cioè usato per creare dipendenze alle quali i genitori dovranno poi sottostare, dipendenze che spaziano dall'abbigliamento ai giocattoli, dagli articoli di cancelleria utilizzati a scuola a tutti quei gadgets elettronici che da tempo hanno ormai sostituito i giocattoli ordinari nei bambini in età scolare. L'aspetto più spaventevole del nuovo corso dello sfruttamento di una infanzia sempre più abbandonata a se stessa da genitori arrendevoli e spesso impegnati nell'inseguimento dei miti dell'eterna adolescenza è forse costituito dal nascente connubio (ma negli Stati Uniti è da tempo, al solito, una realtà) tra i potentati economici industriali e commerciali ed il sistema dell'istruzione pubblica sempre più infeudata agli interessi economici. In alcuni stati degli USA singoli istituti scolastici hanno concluso accordi per milioni di dollari con la Coca Cola, Pizza Hut, McDonald's, Burger King, Kellog's, Walt Disney ed altri in forza dei quali queste aziende elargiscono cospicui finanziamenti in cambio della esposizione della loro pubblicità nelle aule scolastiche, nelle palestre, sugli scuolabus e financo all'interno dei libri di testo. Vi sono addirittura dei casi di sponsorizzazione diretta da parte delle aziende di lezioni o corsi, un po' come succede per i quiz televisivi. Inoltre esiste una rete televisiva via satellite che dirama un notiziario giornaliero in 12.000 scuole convenzionate: dodici minuti complessivi dei quali due di pubblicità.

La scuola italiana non ha tardato ad adeguarsi ai tempi: la Henkel e la Nike hanno ideato rispettivamente un concorso a premi basato sui bollini del "Dixan" ed un torneo di calcio scolastico. McDonald's ha promosso iniziative, autorizzate dai Provveditorati agli studi, a Ferrara e Catania.

In queste strategie di annichilimento dell'infanzia un ruolo di primissimo piano è giocato dalla Disney, un impero culturale e commerciale di prima grandezza che non da ieri dimostra di saper abilmente sfruttare l'onda lunga delle proprie produzioni cinematografiche (films e cartoons) affiancandole un universo parallelo costituito da centinaia di negozi, una rete televisiva, svariate riviste ed i tre mega luna park 'in Florida, California e Francia. La concessione di licenze per la riproduzione dei personaggi Disney coperti da copyright ha inoltre permesso che il logo Disney venisse riprodotto su di un numero impressionante di oggetti di ogni tipo. Dietro ad una morale falsa e superficiale e con il potente ausilio di immagini rutilanti gli strateghi della Disney emettono i loro venefici ed impalpabili fluidi corrosivi, se ancora sia possibile corrodere qualche cosa, colpendo al cuore le giovanissime generazioni... Tra qualche anno il testimone passerà ad altri stregoni, magari nei panni di una band heavy metal...

Ma la spina dorsale di questo attacco concentrico non può che essere, in tutto il mondo, la televisione; l'occhio del diavolo agisce percorrendo la doppia corsia della mercificazione di ogni aspetto della vita sociale con i tempi televisivi del tutto occupati dalla pubblicità; e della trasmissione dell'ideologia mondialista le cui prime vittime sono proprio i bambini, bersagliati da un profluvio di immagini violente e di edonismo volgare che lasceranno inevitabilmente un segno molto spesso indelebile nelle menti di una gioventù ormai abbandonata a se stessa.

Subito dopo la televisione è la stampa ad assumersi l'incarico dì avvelenamento psichico delle folle; il giornale quotidiano continua a rappresentare una funzione di controllo per così dire politico, costruendo e indirizzando le opinioni e gli orientamenti che le folle stesse ripeteranno demenzialmente nell'unico luogo deputato che la democrazia assegna ai sudditi per l'esercizio della loro libertà obbligatoria: la cabina elettorale; sono però i periodici, in particolar modo quelli di costume, ad esercitare l'influenza più sottile e determinante a livello subconscio, a trasmettere, in definitiva, l'ideologia dominante che -come si sa- non è soltanto politica ma presuppone una visione del mondo globale e totalizzante. È il pensiero unico che sta rapidamente conquistando il mondo, annientando lentamente ma inesorabilmente le ultime sacche dì resistenza; va da sé che, anche laddove la trasmissione del pensiero unico eviti le parole d'ordine precipuamente politiche nondimeno queste finiscono per risuonare comunque nella sensibilità collettiva delle masse occidentali ormai facile preda di qualunque mago provvisto di ingenti quantità di denaro. Esempio illuminante è proprio l'affermazione, in Italia, del partito-azienda denominato Forza Italia che già nel nome rieccheggia una mediatata operazione di marketing. Si pensi allora alla incalzante diffusione di riviste il cui obiettivo esclusivo diventa proprio la propagazione dell'ideologia del Supermondo nonostante l'apparente neutralità di fondo. Rivolte soprattutto (ma non solo) ad un pubblico femminile, che è poi quello che di fatto in base alla nota (?) legge della dominanza occulta sancisce scelte ed orientamenti in ogni campo, queste riviste patinate si rivelano un ottimo veicolo di messaggi pubblicitari; le percentuali di presenza pubblicitaria media su alcuni periodici possono allora raggiungere il 51% su "Vogue", il 48% su "Glamour", il 47% su "Marie Claire", il 45% su "Elle", "Donna moderna" e "lo Donna", il 44% su "Anna", il 43% su "Gioia", il 42% su "Grazia" e "la Repubblica delle donne", oltre ai servizi e alle rubriche che solo apparentemente appaiono come lavori redazionali ma in realtà sono abilmente (ma neanche tanto ...) confezionati al fine di parlare di -e far parlare- aziende e personaggi legati a particolari settori merceologici. Un altro esempio di aziendalizzazione della stampa lo può dare la proliferazione dì riviste dedicate alla salute ed al benessere fisico, sconcertanti per la fissità e la ripetitività degli articoli e dei servizi, quasi identiche tra di loro e soprattutto -a parte l'ossessione sessuale sulla quale torneremo- intente alla promozione spasmodica e assolutamente acritica in un settore in forte espansione, almeno in Italia, come quello della cosmesi, della dietetica e della presunta "medicina naturale", spesso purtroppo soltanto uno specchietto da uccellagione ai danni dei più sprovveduti.

Particolare apparentemente insignificante è anche la tendenza a concentrare il messaggio pubblicitario nelle pagine di destra ritenute, a causa della tecnica di scrittura e lettura delle lingue europee che va da sinistra verso destra, più adatte ad essere percepite come più meritevoli di attenzione e quindi ad essere più facilmente memorizzate. Vero? Falso? L'evidenza, sfogliando una qualsiasi rivista, ci dice che comunque qualche studio in tale direzione è sicuramente stato fatto.

In conseguenza di tutto questo la stessa politica editoriale nei confronti delle aziende non potrà che essere di supina accondiscendenza. Questo è il destino della stampa libera nel mondo libero.

Nel fronte di offensiva culturale dispiegato dal Supermondo il linguaggio musicale legato alla subcultura rock è una vera e propria punta di lancia vuoi per l'immediatezza di ricezione dei messaggi diffusi da questo genere musicale, vuoi per il fatto che la totalità dei fruitori sia composta da giovani ed adolescenti, soggetti cioè naturalmente influenzabili da idee forza opportunamente veicolate ma anche -seppure possa apparire superficialmente il contrario- dal conformismo di massa molto più degli adulti.

Il micidiale connubio tra musica rock e televisione è qui analizzato -in relazione al tema della mercificazione- avendo come paradigma in caso dell'emittente televisiva "Music Television" (MTV), sorta negli USA nel 1981 con il preciso intento di veicolare il messaggio pubblicitario nel cuore stesso del target giovanile. Con MTV nasce il famigerato "videoclip" musicale inizialmente strutturato come supporto al brano musicale da reclamizzare; l'enorme successo arriso a questa innovazione ha finito per invertire la primitiva gerarchla suono-immagine tant'è che oggi i produttori discografici si preoccupano che i loro artisti (espressione in questi casi quasi sempre del tutto fuori luogo) di avere un video ben confezionato prima ancora del brano musicale che dovrà essere lanciato. Le valenze violentemente distruttive insite nella musica e nella cultura rock sono ben note, e molto è stato scritto anche da autori seri e da un punto di vista Tradizionale; qui è però interessante notare come un fenomeno che ha comunque avuto nel corso della sua storia anche valenze antiborghesi ed anti-sistemiche sia giunto a costituire una cornice perfetta per l'istigazione al consumo più sfrenato. Per rimanere in Italia è noto come la sponsorizzazione di eventi musicali costituisca una ghiotta occasione per l'industria: Algida, la solita e sempiterna Coca Cola e Heineken da diversi anni supportano grosse manifestazioni musicali tra le quali anche la seriosa e radical chic "Umbria jazz".

I dati relativi a MTV lasciano sbalorditi: «Essa entra in quasi 300 milioni di famiglie, cioè in oltre un quarto delle famiglie del pianeta che possiedono un televisore. Per molti giovani nel mondo rappresenta il simbolo dell'America opulenta e consumistica».

E cita ancora Codeluppi (uno dei tanti autori citati nel testo): «le guardie di frontiera della Germania Est, alla vigilia del crollo del muro di Berlino, e poi anche i soldati russi che occupavano la Lituania, la gioventù dorata di Baghdad, i miliziani libanesi, gli studenti cinesi, gli adolescenti di Sarajevo, i guerriglieri della giungla birmana si sono tutti ingegnati di captare l'emittente con mezzi di fortuna. Attraverso la musica e la danza desiderano entrare in contatto con i giovani americani che ingenuamente ritengono in possesso di tutto ciò che sognano: soldi in abbondanza, libertà, grandi spazi, una vita di spensieratezza e di piaceri».

Anche se un poco estremistica (in molti luoghi della Terra la gioventù dimostra invece di non voler aver nulla a che spartire con l'America), purtuttavia (e purtroppo) questa analisi non ci sembra molto lontana dal vero: chi ha avuto modo di recarsi, secoli or sono, nell'Europa orientale sovietizzata sa che almeno per quella realtà queste parole si sarebbero rivelate assolutamente vere.

La paccottiglia che il Sistema svende sotto il nome di arte e cultura è un altro espediente finalizzato alla vendita del nulla materializzato e glorificato; il mondo dell'arte figurativa sempre più spesso si contamina con la dimensione mercificatoria del capitalismo. L'icona che a buon diritto può essere considerato un iniziatore è il defunto Andy Warhol, figlio di un minatore della Pennsylvania immigrato dalla Cecoslovacchia che in breve tempo scalò l'olimpo dell'avanguardia newyorkese (e quindi mondiale) rappresentando nelle sue opere i simboli del mondo americano da Marylin Monroe ai famosi barattoli della minestra Campbell's. Ma anche senza scomodare l'avanguardia sempre in bilico tra critica e supporto al potere, l'arte in genere sta subendo una profondissima riconversione di supporto dei mercati. Musei e gallerie d'arte in tutto il mondo subiscono un progressivo processo di privatizzazione ed i nuovi padroni appaiono ben decisi a sfruttare sino all'osso ogni occasione. Il Centre Pompidou di Parigi è un caso emblematico di come l'arte venga sottomessa alle esigenze della mercé; il museo tradizionale è sempre più in crisi anche per la riduzione dei fondi pubblici, e dunque l'esigenza di trovare finanziatori (ovviamente interessati) diviene sempre più pressante. Il caso della Biennale di Venezia è illuminante in tal senso: dal 2002 la Biennale è stata trasformata in fondazione aperta ai soci privati con inevitabili ripercussioni sulle politiche culturali che, aggiungiamo noi, oltre che sottomesse alle camarille partitiche lo saranno anche a quelle ben più poderose dei poteri economici.

Il futuro dell'istituzione museale è dunque già tracciato, e del resto già da diversi anni la FIAT ha preso possesso dello storico Palazzo Grassi di Venezia finanziando mostre ed esposizioni. Sarà un futuro come preconizzato dalla Fondazione Guggenheim: trasformare le istituzioni culturali in imprese capaci di vendere e vendersi, insomma una questione di griffe; che si tratti delle opere immortali del genio europeo (e italiano in particolare) o di spazzatura combustibile, preparatevi alle nuove tipologie museali: una sala di esposizione, una sala per gli sponsors...

Più volte abbiamo scritto dell'asservimento della politica all'economia. Qui viene analizzato soprattutto il ruolo che i linguaggi pubblicitari giocano, nelle democrazie, nel determinare il successo o la sconfitta dei candidati nei circhi elettorali. Emblematico il caso di R. Reagan, attore televisivo e cinematografico «il presidente ideale, e anche il modello per tutti i presidente successivi"», come cita Codeluppi. E ancora: «Negli anni '90, con la fine della "guerra fredda", a livello internazionale il mondo politico si è omologato a quello da sempre esistente negli Stati Uniti. Con la conseguenza che le campagne elettorali delle varie nazioni assomigliano sempre più a quelle statunitensi, anche perché gli esperti americani di marketing politico, considerati i migliori, sono stati assoldati dai politici di molti paesi».

In Italia, Berlusconi può senz'altro essere considerato un campione di questo nuovo corso ormai impostosi anche qui; magari con costi leggermente più bassi di quelli affrontati dai suoi amici e modelli americani. «I candidati alle elezioni presidenziali del 2000 hanno speso complessivamente oltre 600 milioni di dollari in spots televisivi, sei volte di più che nel 1972. G. Bush ha speso 380 miliardi di (vecchie ) lire, Gore 220, Nader 10. Per fare politica è diventato un prerequisito disporre di ingenti risorse economiche. Michael Bloomberg, eletto nel 2001 sindaco di New York, ha un patrimonio personale stimato in 4 miliardi di dollari ...». La squadra di governo di Bush comprende alti dirigenti della lobby petrolifera; C. Rice, consigliera per la sicurezza, è una ex-dipendente della Chevron-Texaco, il segretario agli Interni G. Norton rappresentava gli interessi della BP-Amoco, il vicepresidente D. Cheney è stato vicepresidente della Halliburton, il primo fornitore di impianti e tecnologie petrolifere al mondo.

Questi personaggi, inoltre, oltre a promuovere se stessi si adoperano anche nella promozione della civiltà americana: il Congresso ha stanziato circa 800 milioni di dollari per propagandare all'interno dei Paesi islamici lo stile di vita americano; a questo proposito, e tra le altre iniziative, è stata lanciata una stazione radio, Radio Sawa ("Radio Insieme") sul modello delle vecchie Radio Free Europa e Radio Liberty, finalizzate alla propaganda nell'Europa Orientale sino ai noti fatti del 1989.

Il capitolo certamente più impressionante di questo libro è certamente quello dedicato alle operazioni criminali perpetrate dalle multinazionali farmaceutiche e con l'avallo della comunità scientifica internazionale. Gli ingentissimi finanziamenti a pioggia che tali colossi sono in grado di elargire a singoli ricercatori, associazioni professionali e università sono in grado di annullare qualsivoglia giudizio critico che scienziati e medici onesti potrebbero esprimere relativamente all'efficacia di nuovi tarmaci sperimentali. Sono di questi giorni le notizie relative, in Italia, all'ennesimo scandalo legato a forniture di materiali chirurgici e ospedalieri gravemente difettosi rifilati a strutture sanitarie con la solita complicità dei soliti gangsters in camice bianco. «È il caso della Fidia, che ha potuto commercializzare per anni costosi farmaci di dubbia efficacia come il Cronassial destinando circa il 20% dei suoi ricavi al finanziamento di ricerche dentro e fuori le università per assicurarsi l'autorevole avallo scientifico...». Se possono essere prodotti farmaci inutili o dannosi, spesso vi sono casi di farmaci che, per contro, pur essendosi dimostrati efficaci nella cura di malattie considerate rare, non vengono pi prodotti causa gli scarsi profitti ricavati dal produttore o il costo di produzione considerato troppo alto.

Da tutto questo al punto di lanciare massicce campagne pubblicitarie per focalizzare l'attenzione su malattie marginali rendendole così preoccupanti, il passo è breve. È il caso, negli USA, del «disordine di ansietà generalizzata» [(GAD), un disturbo nervoso che può esser ricompreso tra le patologie ordinarie in questo campo ma che abili manipolatori hanno provveduto ad ingigantire mediante trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate alla salute (alla salute dei conti bancari di questi predatori ...) a tutto vantaggio del produttore di un antidepressivo denominato Paxil, ovvero la GlaxoSmithKline che (pura casualità?) ha avuto per anni come consulente un noto psichiatra, tale J. Gorman; lo stesso che interveniva a queste trasmissioni amplificando le casistiche relative al già citato GAD...

E chissà cosa penserà il tradizionalista Bush, il buon cristiano Bush, il Bush difensore di Dio (ammesso che Dio abbia bisogno di difensori ...), della patria e della famiglia quando verrà a sapere che nella sua patria circa quattro milioni di bambini vengono trattati con farmaci come il Ritalin e il Prozac al fine di curare un disturbo classificato come Attention Deficit Hyperactivity Disorder, ovvero... un comportamento esageratamente attivo da parte dei bambini! E certo questo non è nulla rispetto alle ultime tendenze di queste multinazionali del crimine che, complici i media, tentano di acquistare visibilità finanziando ricerche apparentemente inutili come quelle finalizzate alla clonazione umana... Apparentemente, perché di certo simili predoni non fanno nulla per nulla! Se non altro che sappiano che, qualora fra mille anni dovessimo avere noi, parafrasando Guccini, «supremazia, diritto e polizia» non dubitino che la pena di morte verrebbe immediatamente restaurata...

Non poteva, e non doveva, mancare perlomeno un riferimento al sesso inteso come partizione dell'universo consumistico del supercapitalismo antiumano.

È nota la continua e inarrestabile eroticizzazione della società ad ogni livello; il messaggio erotico influenza, insieme alla visione della violenza, i recessi più reconditi della psiche umana, e ciò per motivi che sarebbe troppo complesso (e fuori luogo) spiegare. Ma di questo gli stregoni mondialisti sono perfettamente al corrente e infatti proprio la dilatazione esasperata del richiamo erotico-sessuale nell'immaginario collettivo delle folle costituisce la punta di diamante dei processi di disumanizzazione dell'uomo. La dilatazione esasperata del messaggio subliminale erotico è magistralmente simboleggiata dalla... dilatazione esasperata degli orifizi femminili (ma anche maschili) momento catartico dell'immaginario pornografico hard. Confinata sino a pochi anni orsono in ghetti ristretti ed oscuri, la pornografia è stata finalmente sdoganata (per usare una espressione oggi di moda ma, una volta tanto, efficace). Il trionfo della mercé (e della merda) trova qui la sua frontiera ultima, il suo promontorio estremo. Non passeranno troppi anni che l'estrema pornografia farà sicura mostra di se stessa nei programmi televisivi di prima serata; come adesso si vedono le innocenti (?) veline dell'imbecillità manicomiale dei tempi ultimi, domani si vedranno innocenti (?) penetrazioni genitali a sancire magari la riappacificazione tra i due fidanzatini finalmente ritrovatisi. Con la benedizione delle future Alba Parietti, Maria De Filippi, Alessia Marcuzzi...

Oltre la religione, Dio, la poco opportuna provocazione di Adel Smith: quale e quanta attenzione pongono tanti ipocriti italiani verso la croce cristiana utilizzata per così basse e poco ortodosse rappresentazioni?

Graziano Dalla Torre

II potere occulto di George W. Bush

da "Avanguardia" n° 214 - Novembre 2003

 

Eric LaurentReligione, affari, legami segreti dell'uomo alla guida del mondo
Mondadori, Milano 2003, pp. 187, € 14,00

“... i gruppi ebraici ed i suoi capi religiosi riescono ad avere molla autorevolezza all'interno della società statunitense. «Il popolo ebraico, in Israele e nel mondo, non ha un amico migliore di Jerry Falwelb». Falwell è un predicatore ed un uomo d'affari ed appartiene all'area dei "cristiani sionisti"...”

Ai più potrebbe sembrare che i princìpi ispiratori dell'amministrazione statunitense, in politica estera, siano dettati da una serie di interessi geo economici, geostrategici e geopolitici tendenti a preservare e perseverare l'incontrastato dominio degli states nel mondo.

In parte è così. In parte no. I più, però, non sono a conoscenza che, oltre alle esigenze delle holding, delle fondazioni e dei centri di potere strutturati all'acquisizione delle risorse necessarie al mantenimento dello stile di vita degli statunitensi (energia, minerali, gas combustibili e... governi), ciò che spinge in buona parte l'amministrazione Bush a portare guerre, devastazioni e lutti nel mondo sono i dettami biblici insiti nel più bigotto mondo del puritanesimo protestante, messianico-avventista, che nel Nord America contagia intorno a 18 milioni di persone. A questo si debbono aggiungere le pressioni di lobbies occulte di ispirazione giudeo-plutocratiche.

Si tratta di sette radicali di estrema destra, nazionalista, economicista, conservatrici e reazionarie, anti-islamiche e filo-ebraiche, che vedono nello scontro finale -nell'Armageddon- tra il bene ed il male (ma queste tipologie da chi sarebbero rappresentate?) l'ultima battaglia prima dell'avvento del nuovo messia.

«Tu sei come Mosè» ebbe a dire la madre Barbara al figlio George W. Bush, un giorno del 1999 dopo aver assistito alla messa, come a presagire un nuovo cammino all'insegna del messianismo al futuro presidente ed agli Stati Uniti.

«Nel cuore dell'esecutivo americano regna un clima particolare: la moglie del segretario generale alla presidenza, Andrew Card, è ministro del culto metodista; il padre di Condoleezza Rice, capo del Consiglio di sicurezza nazionale, è predicatore in Alabama; Michael Gerson, direttore del gruppo che scrive i discorsi presidenziali, si è laureato allo Wheaton College dell'Illinois, soprannominato l'Harvard evangelica e aderisce alle profezie dell'estrema destra cristiana, che crede a un imminente Armageddon e al ritorno dell'Anticristo, cui seguirà l'avvento del Nuovo Messia. Ogni giorno, il personale della Casa Bianca partecipa a gruppi di studio sulla Bibbia. La presidenza sembra ormai una vasta sala da preghiera dove, tra una lettura collettiva della Bibbia e l'altra, gli uomini in carica gestiscono gli affari dell'America e del mondo».

Questo periodo è tratto da un capitolo del libro "II potere occulto di George W. Bush" ed è il cardine, uno dei tratti principali (oltre al legame con Israele e con gli interessi di industrie multinazionali), sul quale muove l'analisi del giornalista francese Eric Laurent. Una analisi che suscita molta preoccupazione, poiché da essa traspare la quintessenza d'un esecutivo politico-affaristico che tra preghiere di gruppo ed interessi multinazionali, bibbia e petrolio, minaccia continuamente la stabilità e la pace nel mondo. Nella realtà deducibile dal libro in questione ci si potrà accorgere da quanti personaggi strani e misteriosi, potenti e miliardari, da quante influenti fondazioni -dalla Heritage alla Rockefeller, dall'American Azionista Council alla One Jerusalem- e centri di poteri, sia circondata e permeata l'amministrazione Bush.

Nello scorso febbraio Bush ha presieduto il congresso nazionale dei telepredicatori religiosi svoltosi a Nashville, nel Tennessee. Lì è stato presentato come «il nostro amico e fratello di Dio» ed ha esordito dicendo: «Saluto la fede. Saluto la fede che aiuta a risolvere i problemi più profondi del paese». Il discorso di Bush ad ogni pausa è stato punteggiato dagli astanti con «amen».

Inoltre i padroni del mondo, forti del sodalizio con Israele, ritengono che il mondo potrà esser ridotto in un immenso cantiere, da una parte, utile ai profitti di Halliburton e Unocal, o in una sinagoga planetaria, dall'altra parte, ove portare a compimento il progetto sinarchico universale; meglio: un mondo unico subordinato al dominio del Sistema giudaico-mondialista.

Il fatto che il presidente degli Stati Uniti sia passato dall'amore per le bottiglie di Jack Daniel's alla predilezione per la lettura e l'interpretazione della Bibbia ha causato parecchi mali alle popolazioni del mondo.

Quando tre anni fa George Bush, da governatore del Texas, divenne il quarantatreesimo presidente degli Usa, lo divenne grazie ai giudici conservatori della Corte suprema, alcuni dei quali erano strettamente collegati alle organizzazioni cristiane ultraconservatrici che si erano pronunciate tutte in sostegno della sua elezione. La nuova alleanza tra la destra al governo e i gruppi fondamentalisti cristiani pose allora le condizioni affinché fanatici (tele)predicatori ed intellettuali vicini ai repubblicani potessero cominciare la scalata al potere, riuscendo in tal modo ad imporre il più intransigente imperialismo politico-economico e finanziario legato a nuove guerre di aggressione. Per gli integralisti cristiani, spesso razzisti -afferma Laurent [p. 6]- e antisemiti, e al tempo stesso fortemente legati ai neoconservatori ebrei assai vicini al Likud, la guerra costituiva uno degli obiettivi centrali.

Se codesto pensiero -la guerra- rappresenta, in sintesi, il nocciolo della politica estera dell'amministrazione USA, in politica interna i repubblicani hanno imposto la più spietata prassi neoliberista, indirizzata al totale smantellamento del sistema sociale di protezione delle categorie più deboli e delle minoranze.

L'indirizzo delle politiche dell'attuale amministrazione statunitense vertono, come spesso abbiamo avuto modo di scrivere e di illustrare, da un lato ad assicurare l'egemonia all'impero ovunque nel mondo, a tutelare gli interessi multimiliardari alle imprese statunitensi nel campo energetico, tecnologico, industriale ed anche in quello chimico-alimentare, a soddisfare le esagerate condizioni di vita di buona parte dei nordamericani (pur alle prese con una disastrosa politica economico-sociale che produce milioni di poveri), ed, inoltre, a destabilizzare tutte le realtà nazionali che non condividono o contrari alle loro strategie. Nel Medio Oriente questa politica mira a soddisfare qualsiasi esigenza dello stato sionista, come vedremo tra i maggiori sostenitori del centrodestra e che dispone, oltre oceano, di influenti lobbies in grado di decidere ed indirizzare la politica estera statunitense e l'elezione dello stesso presidente.

Stati Uniti, colonia d'Israele

È molto noto che i gruppi ebraici ed i suoi capi religiosi riescono ad avere molta autorevolezza all'interno della società statunitense. «Il popolo ebraico, in Israele e nel mondo, non ha un amico migliore di Jerry Falwell». Falwell è un predicatore ed un uomo d'affari ed appartiene all'area dei "cristiani sionisti"; egli non perde mai l'occasione di affermare l'indefettibile appoggio dei fondamentalisti cristiani allo Stato d'Israele ed alle comunità ebraiche. Negli anni '80 il governo sionista regalò a Falwell nientepopodimeno che un jet privato «per i numerosi servigi resi alla causa di Israele». Lo stesso Bush «ama infatti dire: "I migliori amici di Israele sono coloro che credono non che la Bibbia contenga la parola di Dio, bensì che la Bibbia sia la parola di Dio» [cfr. p. 71].

Purtuttavia, negli USA c'è chi ritiene che sia la destra cristiana ad avere una reale influenza sul partito repubblicano nei rapporti con Israele. Laurent afferma che l'alleanza, definita ambigua, tra Israele ed i cristiani conservatori nacque nel 1970 al momento della presa del potere da parte del Likud con Begin. Allora, gli ebrei tentarono di contrastare, riuscendoci, la politica di Carter favorevole al riconoscimento del diritto palestinese ad una patria; l'alleanza tra gli ultraconservatori cristiani che sostenevano l'intransigenza giudaica ed il Likud portò alla sconfitta elettorale Carter, privo oramai della consistente base elettorale giudaico-cristiana. In quel tempo, i sostenitori del patto con Israele acquistarono intere pagine di giornali che riportavano affermazioni come: «È giunto il momento che i cristiani evangelici dichiarino apertamente di credere nella profezia biblica e nel diritto divino di Israele alla sua terra. In quanto evangelici, noi affermiamo di credere nella Terra Promessa al popolo ebraico... Noi vediamo con grande preoccupazione qualsiasi sforzo per creare un'altra nazione o un'altra entità politica in seno alla patria ebraica».

«L'appoggio a Israele -scrive Laurent- per ragioni teologiche è fondato su un'interpretazione letterale della Bibbia. Sostenendo il programma del grande Israele difeso da Begin e dal Likud, che prevede l'annessione dei territori occupati dal 1967, i cristiani sionisti affermano infatti di rispondere semplicemente all'appello di Dio così com'è formulato nell'Antico Testamento».

Le pressioni ad alti livelli di gruppi "discreti" od occulti ebraici per spingere la superpotenza mondiale ad appoggiare politicamente e militarmente l'incuneamento dello stato sionista nel Medio Oriente sono accompagnate a manifestazioni pubbliche e di piazza che richiamano direttamente all'annullamento di ogni autodeterminazione del popolo palestinese. Per esempio, riporta il quotidiano londinese "The Guardian" del 28 ottobre 2002, nel Washington Convention Center si è svolta una manifestazione di sostegno alla politica ortodossa sionista che ha visto uno studente israeliano salire su un palco e comunicare alle migliaia di sostenitori che mai ed in nessun modo Israele rinuncerà alla Terra Promessa, malgrado qualsiasi tipo di attacco ("attacco", o resistenza popolare? o guerra di liberazione? è lecito affermarlo, o no?) palestinese.

Lo studente «Viene salutato da grida di gioia e di approvazione e da sventolii di bandiere israeliane, nonché dal suono dello shofar, il corno d'ariete usato nelle cerimonie ebraiche. A quel punto appare il sindaco di Gerusalemme, Ehud Olmert, che viene accolto ancor più calorosamente: "Dio è con noi. Voi siete con noi". Le grida, gli sventolii delle bandiere e le note di corno si fanno ancora più intensi. Questo genere di sostegno non conosce né se né ma. I manifesti di cui è tappezzata la sala ripetono che ogni palmo della Terra Promessa dovrebbe appartenere a Israele e che non dovrebbe neppure esistere uno Stato palestinese».

Il legame tra gli USA e gli ebrei s'è rafforzato con l'elezione di Bush, e, ulteriormente, dopo gli episodi poco chiari dell'11 settembre; Bush ha avuto, durante le elezioni presidenziali, un forte appoggio degli ebrei della Florida, del Michigan e della Pennsylvania, così come a New York ove ha goduto del sostegno della stragrande maggioranza degli ebrei.

Per James M. Hutchens, presidente del "Christians for Israel", «i voti ebraici a New York, che mirano ad assicurare che i senatori mantengano una posizione filo-israeliana, non sono sufficienti a spiegare il largo consenso e la presenza, nella maggioranza del Congresso, di un atteggiamento costantemente favorevole allo Stato di Israele. Tanto più che, in molti casi, il maggior sostegno a Israele proviene da Stati che possiedono una comunità ebraica di scarsa rilevanza». [p. 80]

Un legame, quello tra USA e Israele, mantenuto ben saldo negli anni; nel dicembre del 2002, rivolgendosi a 1500 cristiani sionisti in una riunione tenuta a Gerusalemme, Sharon ha dichiarato: «Noi vi consideriamo come i nostri migliori amici nel mondo». Bisogna aggiungere altro? No, se analizziamo le dolenti note della politica estera israelo-statunitense -come quella dell'attuale governo italiano- oltre a leggere l'importante saggio di Eric Laurent.

Dall'esaltazione dell'evangelo, all'esaltazione degli affari

Nella primavera del 2002 Ehud Olmert, fondatore dell'associazione "New Jerusalem", attuale vice primo ministro e ministro dell'Industria e del commercio, si è recato in Texas, dove ha raccolto oltre a 400mila dollari per la sua organizzazione presso l'estrema destra cristiana, convinta come sopradetto, che secondo la Sacra Scrittura Israele appartenga esclusivamente al popolo ebraica. Anche e perché il «reinsediamento su quella terra costituisce la condizione indispensabile sull'avvento della fine del mondo».

Olmert nel corso di altre riunioni «di preghiera per Gerusalemme» a San Diego ha raccolto quasi mezzo milione di dollari per la sua attività.

L'asse USA-lsraele non prevede affari solo per le forti organizzazioni di pressione giudaica, ma come risaputo anche per i falchi all'interno dell'amministrazione Bush, in precedenza o attualmente strettamente legati -come nel caso della famiglia Bush ad una multinazionale petrolifera- ad industrie multinazionali che operano nel campo energetico, tecnologico, delle forniture e della produzione militare. I nomi di Feith e Perle, Wolfowitz ed Abrams, Fleischer, Bush o Cheney li troviamo frequentemente all'interno di colossali interessi miliardari della grande industria. Un esecutivo composto anche da elementi distanti dal fondamentalismo biblico-messianico, ma molto credenti nel fondamentalismo del capitale.

Doglas Feith, sottosegretario di Stato alla Difesa, molto vicino all'American Zionist Council, oltre a disporre di buoni del tesoro israeliano, prima di esser investito della carica politica, rappresentava legalmente un'industria bellica israeliana negli USA.

Richard Perle ha lavorato per la Soltam, un'industria che produce pezzi di artiglieria ed elementi di mortai, ed è stato uno dei soci della ditta Trireme, azienda interessata al settore della difesa e finanziata anche dalla Boeing. Perle, inoltre, ha ottenuto un contratto di 750.000 dollari come consulente dalla Global Crossing, un'azienda produttrice di fibre ottiche utilizzate in campo militare, poi dichiarata fallita allo scopo di facilitarne l'acquisto da parte di una società di Hong Kong. La consulenza di Perle era definita a bloccare la vendita della Global Crossing alla Hutchinson Whampoa, con sede nello stato asiatico.

Paul Wolfowitz, uomo di punta del Pentagono, frequenta il Jewish Institute for National Security Affairs, un «centro di studio e di sostegno a Israele, il cui scopo è "spiegare ai responsabili diplomatici e militari americani il ruolo che Israele può e deve avere nella competizione democratica in Medioriente"».

Per il Jewish Institute è indispensabile bloccare ogni fornitura di arma e alta tecnologia ai paesi arabi e assicurare la continuità dell'aiuto militare USA allo stato ebraico. A giudizio del falco del Pentagono gli Stati Uniti devono modellare, a loro uso e consumo, il resto del mondo, intervenire come dove e quando lo vuole e creare gli eventi per non doverli più subire. La sorella di Wolfowitz risiede in Israele.

Elliot Abrams. Dal 2002 direttore del Consiglio di Sicurezza nazionale della Casa Bianca nel Medioriente -dipendente diretto di Condoleezza Rice- è un religioso ebraico all'interno dell'amministrazione Bush. Ai tempi della presidenza Regan fu implicato in affari particolarmente loschi ed esecrabili nella violazione dei diritti umani legati alla politica estera statunitense in Centro America, complice dei massacri e delle torture compiute nel Salvador dal regime militare supportato dagli USA.

Dov Zakheim è un rabbino ortodosso, direttore finanziario generale del Pentagono.

Ari Fleischer, il portavoce della Casa Bianca è stato copresidente del Chabad's Capitol Jewish Forum, organizzato dalla setta dei Chabad Lubavitch Hassidics, una delle più potenti e influenti organizzazioni ebraiche con appendice nell'occulto e nel satanismo. Scrive, infatti, Laurent [p. 93]: «I Lubavitch, seguaci della Cabala, costituiscono una branca del giudaismo di cui la maggior parte degli israeliani, anche del Likud, auspicano la scomparsa. Ecco un esempio dei discorsi di Rabbi Menachem Mendel Schneerson, capo del movimento Chabad ortodosso: "II corpo di un ebreo è di una qualità completamente da quello di un individuo appartenente a un'altra nazione... Tutta la realtà di un non ebreo è solo vanità. È scritto: "Ci saranno stranieri a pascere i vostri greggi" lsaia, 61, 5]. Tutta la creazione dei non ebrei esiste solo per il bene degli ebrei..."».

Pur alla luce di questi violenti attacchi, saturi di violenza e di razzismo verso i popoli non giudei, si continuano a stuprare le coscienze del mondo intero con l'accusa di "antisemitismo", una accusa (pro domo sua) che, ahinoi molto facilmente, trova spazio nelle norme dei codici penali dei paesi che a dir loro tutelano la libertà di espressione e di opinione.

Potremmo citare ancora i legami che uniscono questi personaggi soprattutto ad industrie che operano nel settore militare, quali la Northrop Grumman, Raytheon o la Boeing che produce i famosi elicotteri Apache AH64; oppure i legami tra il vicepresidente Dick Cheney e l'industria petrolifera Halliburton, della quale ne è stato anche il presidente dal 1993 in poi per molti anni, prima di ritornare al Pentagono. La Halliburton è stata legata anche ad uno scandalo finanziario miliardario, raccogliendo anche tra il 1988 ed il 2001 274mila denuncie legate a delle morti a causa dell'amianto provocate da un'azienda, la Dresser, di sua proprietà.

Conclusioni

Vale assolutamente la pena di leggere questo libro. Esso presenta una analisi molto profonda e complessa. Attraverso la sua lettura si può comprendere più efficacemente come l'11 settembre, la lotta al terrorismo e la ricerca delle fantomatiche armi di distruzione di massa di Saddam Hussein siano state una opportunità per il Pentagono. Una opportunità che ha avuto modo di mettere in pratica, senza cambiare una virgola, le politiche che la struttura USA sosteneva da tempo, supportando nel frattempo le tesi di Sharon che coincidono al millesimo alle strategie geoeconomiche e geopolitiche di Washington.

Trascinare in guerra la Siria, destabilizzare l'Iran, reprimere la Palestina, puntellare la flebile resistenza libanese, smembrare l'Iraq e supportare la dinastia giordana, sono i punti trascritti nell'agenda dei potenti a capo del coagulo Washington-Tel Aviv o New York-Gerusalemme.

«Questa guerra di liberazione -scrive Laurent, riferendosi all'aggressione dell'Iraq [p. 159]- è sempre meno cauta nella cura della propria immagine. Si è parlato di armi di distruzione di massa, di legami con il terrorismo, e alla fine, ci si limita a occupare il paese e a fargli estrarre il petrolio. Insomma i vecchi fantasmi degli europei sull'imperialismo USA trovano di che alimentarsi».

In realtà l'aggressione USA all'Iraq è il primo passo, lo si poteva in un certo qual modo già intuire anni prima della scalata di George W. Bush al potere all'interno delle analisi geopolitiche d'una testa d'uovo al servizio del Pentagono [1], della strategia politico-economica del conservatori nel Medio Oriente.

Questa guerra, a giudizio di Laurent, si spiega anche con la «accanita volontà di contribuire alla sicurezza regionale di Israele attraverso l'indebolimento graduale dei suoi nemici, come l'Iraq e la Siria, a vantaggio di alleati come la Giordania».

Cosa dire, ancora?

Oltre a ribadire per l'ennesima volta l'assurda, irritante, egemonia del Sistema giudaico-statunitense, nel mondo, fondato sul più assoluto disprezzo verso la Terra, il suo equilibrio (non hanno alcun rispetto verso l'armonia esistente tra la Terra e l'universo, tra l'uomo ed il divino) ed i suoi popoli e sottolineare la sempre auspicabile costituzione d'un soggetto politico nazionale, socialista e popolare, dalle forti connotazioni anticapitalistiche, antisioniste ed antistatunitensi, così come la Comunità Politica di Avanguardia intende edificare attraverso la propria azione politico-militante, concludiamo questa nostra recensione con un altro periodo estrapolato dal libro. Nella certezza che la lettura di esso possa essere di supporto politico a quei camerati in buona fede -oltre che agli italiani stanchi di subire- il cui impegno viene depistato verso un indirizzo propagandistico che vede indicare a nemico i poveri, i disgraziati ed i reietti della società anziché i reali detentori del potere.

«Perle, Feith, Wolfowitz si conoscono da più di trent'anni. Cheney ha lavorato per Rumsfeld. Rumsfeld era nel consiglio di amministrazione di Abb quando quella società vendeva centrali nucleari alla Corea del Nord, entrata poi a fare parte dell'asse del male. Abb è altresì membro di USA Engagé, il cui fiore all'occhiello era Halliburton, allora diretta da Dick Cheney, accanto a Boeing, del quale fu consulente Karl Rove. I legami che li uniscono -prosegue Laurent, p. 174- corrono sul doppio binario della politica e degli affari. Sono solidi e potenti. Quando è stato eletto George Bush, la squadra era già pronta».

Leonardo Fonte

Note:

1] cfr Zbigniew Brzezinski, "La Grande Scacchiera. Il mondo e la politica nell'era della supremazia americana", Longanesi, Milano 1997. Scrive l'ex consigliere per la Sicurezza nazionale dell'ex amministrazione Carter «La dimensione geopolitica non avrebbe potuto essere più chiara l'America del Nord contro l'Eurasia, col mondo come posta in gioco. II vincitore avrebbe realmente dominato il pianeta E nessun altro avrebbe potuto sbarrargli la strada, una volta conquistata la vittoria finale». Ed ancora «E ormai tempo che gli Stati Uniti perseguano un coerente disegno geostrategico d'ampio respiro per l'intera Eurasia Questa necessità sorge dall'interazione fra due realtà basilari gli USA sono oggi l'unica superpotenza globale e l'Eurasia e il terreno sul quale si giocherà il futuro del mondo L'equilibrio di forze che prevarrà su questo continente deciderà dunque il destino della supremazia americana e della sua missione storica».

martedì 28 ottobre 2003

Camerati, addio! Storia di un inganno, in cinquant'anni di egemonia statunitense in Italia

 
Dal n° 213 - Ottobre 2003 del Mensile “AVANGUARDIA”.
Vincenzo Vinciguerra
Edizioni di Avanguardia, Trapani, 2000, pp. 157, euro 11,00
«Il nostro Fascismo è anche quello della Scuola di Mistica Fascista di Gino Pallotta e di Berto Ricci i quali nulla chiesero durante il Ventennio, donando incondizionatamente la loro vita per il loro sogno»
Pagati per mentire, venduti per tradire!
(Una rilettura di "Camerati, addio!" di V. Vinciguerra)

La storia (così come gli umani eventi) il più delle volte si ripete. Per la maggior parte delle volte, come in questo caso, a fosche tinte. Chi però sa trarre un doveroso insegnamento quasi mai ne rimane vittima o, peggio ancora, unto e passivo spettatore. Colui che è saggio e desto sa come incanalare e disciplinare gli umani eventi, nonché lo scorrere temporale al fine di dominarlo e indirizzarlo verso un ben preciso fine.
Invece nell'ambiente della destra radicale il motto che la storia sia o dovrebbe essere maestra di vita non vale alcunché, anzi... A tal dimostrazione è doveroso sottolineare come sia recente la notizia, la realtà, di uno scritto (oggi si direbbe un pamphlet) pubblicato dalle edizioni di Ar dal titolo "Fogli consanguinei" (mai titolo fu più veritiero...).
Autore di tale scritto Angelo Buttafuoco, collaboratore del quotidiano di Giuliano Ferrara e vicino ad ambienti del centrodestra. Il testo ci appare come una insignificante melassa, un insieme di storielle ove si tenta, penosamente, di arzigogolare un senso spirituale e alternativo nel mezzo di dialoghi di bassa lega e niente altro. Ma non è assolutamente questo ciò che ci interessa. La nostra attenzione s'è indirizzata sull'autore dell'introduzione al testo. Indovinate un po', cari camerati, chi all'interno di un libro delle edizioni di Ar e cioè della editrice appartenente al soldato politico neonazista, nonché «guerriero di Hitler» (come lui si definì più volte) Franco G. Freda ha apposto la sua introduzione?
Beh, voi penserete certamente che esso sia un sodale delle edizioni di Ar o altro «guerriero di Hitler», perlomeno un personaggio appartenente a quel lignaggio spirituale facente riferimento ad un centro metafisico, ove a detta dello stesso Freda «non si fa politica ma si allevano anime». Invece no, cari camerati: scopriamo e decantiamo il nome di questo Platone del XXI secolo, esso è: Giuliano Ferrara!
Sì, proprio lui: il pachiderma giudeo che in passato, come da lui stesso dichiarato mesi fa, è stato un agente al servizio della CIA, già all'interno del vecchio PSI ed ora a pieno servizio come giornalista nella rete televisiva appartenente alla lobby giudaico-sionista di Mediaset.
Fu sempre Giuliano Ferrara, adesso ospite delle edizioni di Ar, a ribadire un concetto non proprio nazionalsocialista, quando spudoratamente affermò che la Fedeltà è un sentimento da poveri stupidi e, al contrario, il tradimento e l'inganno in politica rappresentano una virtù!
A tal punto mi sorge, spontanea, una riflessione.
Tutto coincide. Era vero, quindi, quando il camerata e soldato politico (lui sì per davvero) Vincenzo Vinciguerra affermava che Franco Freda altro non era che «l'agente T», e cioè un appartenente ai servizi segreti in contatto con le forze NATO di stanza a Verona. Così come lo furono i Giannettini, i Soffiati, i Siciliano e i Digilio, tutti appartenenti all'ex-Ordine Nuovo del Triveneto. Tali personaggi prendevano ordini da un ufficiale yankee della NATO: David Carret. Guardate la coincidenza: un «guerriero di Hitler» che inneggia al sacrificio delle Termopili, che esalta la difesa del Bunker di Berlino assediato dalle orde giudaico-bolsceviche, che pone per inciso sulle proprie tessere il motto delle SS «II nostro onore si chiama fedeltà» (Mein Ehere iesst Treue), finisce per far porre l'introduzione a un libro edito dalla sua editrice ad un giudeo, spia reo-confessa della CIA, un ex-Lotta Continua al servizio d'un liberismo esasperato. Traete voi le conclusioni...
Nel momento in cui Vincenzo Vinciguerra parlava di questo «allevatore di anime» (forse di polli, vista la realtà umana ...), definendolo per quel che adesso dimostra di essere, tutti si laceravano le vesti (sì, proprio come i giudei nel tempio ...); le urla, gli strali, raggiunsero la volta celeste. Le maledizioni toccarono invece il più profondo degli inferi.
Ma agli ipocriti ed ai servi di tanti padroni, a voi più che le urla e gli strali si addice più la musica, la canzone di Caterina Caselli, quando cantava «La verità ti fa male, lo so».
Lo abbiamo scritto in passato e lo ripeteremo per il futuro: quest'ambiente nasce nei suoi vertici già manovrato e corrotto in partenza, da quegli stessi personaggi che ieri tiravano le fila e che oggi, dietro le quinte, continuano ad essere i leader ed i padroni di una realtà umana e politica che loro hanno saputo soggiogare prima e devitalizzare (di ogni contenuto politico-rivoluzionario) e depistare dopo.
Si comincia già con la nascita del MSI, voluta dal ministero degli Interni per controllare un ambiente politico ed umano che sin dal primo dopoguerra poteva risultare ostile agli interessi egemonici e continentali atlantici. Il MSI doveva essere, come finì per essere, il cane da guardia della classe media e del padronato in genere.
Per quello che riguardava i gruppi della destra extraparlamentare, essi avevano ai loro vertici personaggi in stretto contatto con i servizi segreti, il ministero degli Interni, il Viminale e le caserme dei carabinieri.
Negli anni '70 il ruolo della destra istituzionale ed extraparlamentare fu quello di depistare una realtà umana e politica verso i binari morti dell'anticomunismo, per il semplice motivo che i dettami degli Stati Uniti d'America e della NATO comprendevano in Italia delle strutture ed uomini pronti a fronteggiare una eventuale scalata elettorale al potere da parte del Partito Comunista.
A testimonianza di quanto affermo vi sono gli elenchi dei nominativi appartenenti all'organizzazione "Gladio" ove figurano i nomi di: Enzo Dontini, sigla 0415; Marco Morin, sigla 0433; Gianni Nardi, sigla 0565; Manlio Portolan, sigla 0433; Luigi Zorzi, sigla SA/336; Marco Zorzi, sigla 0493; Gianni Colombo, sigla 0669. Questi sono soltanto alcuni dei nomi di personaggi che tradivano sapendo di tradire, che collaboravano con quel nemico che anni prima aveva invaso l'Europa, bombardato le città e distrutto il nostro mondo.
Non sono stati camerati che hanno sbagliato; erano invece individui che in piena coscienza fingevano di essere quello che non sono mai stati, e cioè: fascisti! Individui che hanno determinato la fine di un mondo e che armi e bagagli hanno accettato di porsi al servizio di chi invece era il loro reale padrone. Se ieri era il comunismo il nemico della destra atlantica di servizio, oggi il nemico è l'Islàm.
Ponete attenzione di quale parabola discendente è stato autore il «guerriero di Hitler». Nel 1969 pubblicò il testo "La disintegrazione del Sistema" nel quale si propugnava un modello di Stato comunistico e spartano rifacentesi alla "Repubblica" di Platone. Tempo dopo, invece, l'«allevatore di anime» propugnò il più bieco ed ottuso movimento anti-immigrazione. Un tempo affermava che l'Europa non possedeva più i suoi princìpi tradizionali in quanto «una puttana che ha concepito ogni forma di sovversione» e il difenderla era un atto inutile; mentre l'altro ieri propugnava di salvarla dalla «invasione allogena» che, a proprio dire, era in assoluto la necessità prioritaria. Lo affermavo prima e lo ripeto adesso: la storia deve essere maestra di vita, altrimenti...
"La disintegrazione del Sistema", siamo portati a credere, fu concepita come una abile finzione rivoluzionaria, dato che servì per l'operazione di infiltrazione a sinistra partorita nelle menti dell'intelligence statunitense a Berna nel 1964 con l'operazione «manifesti cinesi». In quegli anni nascono gruppi nazi-maoisti, manifesti che inneggiano ed esaltano, in funzione antisovietica, la figura di Mao vengono affissi nei muri di alcune città non da militanti comunisti, ma da miliziani neonazisti sotto la copertura dell'allora capo della polizia Umberto Federico d'Amato e la supervisione del senatore del MSI Mario Tedeschi.
"La disintegrazione del Sistema" venne dato alle stampe nel 1969 ed a distanza di 34 anni il «guerriero di Hitler» nei suoi libri permette di scrivere a chi ha ammesso di avere lavorato per la CIA. Il mosaico quadra.
Destra istituzionale ed extraparlamentare, legami coi servizi segreti, manovalanza nelle stragi (soprattutto in quella di Piazza Fontana, della quale parleremo in seguito), destabilizzazione dell'ordine sociale per stabilizzare quello politico. Ed a proposito delle stragi avvenute in Italia desidero riportare cosa si scriveva su di un bollettino interno del Centro Ordine Nuovo, o, meglio il Quaderno n°1. Il saggio è significativamente titolato "La guerra rivoluzionaria" (1). In esso è scritto:
«Per la conquista totale delle masse la dottrina della guerra rivoluzionaria prevede, oltre che il ricorso alla azione psicologica, il ricorso a forme di terrorismo spietato ed indiscriminato. Si tratta cioè di condizionare le folle non solo attraverso la propaganda ma anche agendo sul principale riflesso innato presente tanto negli animali quanto nella psiche di una grande massa: la paura, il terrore, l'istinto di conservazione. Occorre determinare tra le masse un senso di impotenza, un senso di acquiescenza assoluto un rapporto all'ineluttabile destino di vittoria delle fazione rivoluzionaria. Inoltre, il terrorismo su larga scala attuato tra le fila delle forze incaricate della repressione del movimento rivoluzionario genera sempre disagio, stanchezza, insicurezza, determinando così condizioni favorevoli alla propaganda disfattista. Una attività terroristica di questo genere tende anche ad esasperare l'avversario per costringerlo ad azioni di rappresaglia sempre odiose ed antipopolari, anche se giuste e che pertanto, alienano il favore e la simpatia di larghi strati della popolazione. Abbiamo accennato al terrorismo indiscriminato e questo concetto implica, ovviamente, la possibilità di uccidere, o far uccidere, vecchi, donne e bambini. Queste forme di intimidazione terroristica sono, oggi, non solo ritenute valide, ma, a volte, assolutamente necessarie per il conseguimento di un determinato obiettivo».
Non credo che ci sia bisogno di alcun commento a quanto abbiamo appena riportato.
Il soldato politico Vincenzo Vinciguerra affermava che lui il fascismo mai lo aveva trovato nella palude putrescente della destra radicale. Il suo fascismo lo aveva trovato sui libri e lo aveva successivamente visto concretizzarsi come testimonianza nelle croci dei cimiteri, dove la Fedeltà ad una determinata concezione del mondo aveva trovato compimento.
Il fascismo espresso da Vinciguerra (come quello per quanto riguarda noi della Comunità Politica di Avanguardia) è quello delle Brigate Nere dell'immenso Alessandro Pavolini, come quello dei soldati della RSI che bloccarono l'avanzata degli statunitensi ad Anzio e Nettuno ed in Garfagnana e non certo quello del principe Junio V. Borghese e della Xª Mas, con tutto il rispetto per il valore militare del Corpo. Il nostro Fascismo è quello della Divisione SS Hitlerjugend che inchiodò sul terreno della Normandia, fino all'ultimo soldato, le armate mercenarie anglo-giudaico-statunitensi che avevano appena invaso l'Europa, il nostro Fascismo è quello della SS Charlemagne che fino ai primi giorni del maggio 1945 resistette a difesa del bunker di Berlino. Il nostro Fascismo è quello di Corneliu Zelea Codreanu e della Legione dell'Arcangelo Michele; il nostro Fascismo è quello di Josè Antonio Primo de Rivera e della sua Falange e per nulla, per niente, quello del borghese-reazionario, servo degli USA, Francisco Franco.
Il nostro Fascismo è anche quello della Scuola di Mistica Fascista di Gino Pallotta e di Berto Ricci i quali nulla chiesero durante il Ventennio, donando incondizionatamente la loro vita per il loro sogno. Il Fascismo dei Drieu la Rochelle, dei Brasillach, il Fascismo «immenso e rosso», rivoluzionario e spirituale.
Quello stesso Fascismo che ci fece commuovere quando vedemmo la trasmissione televisiva "Combat Film" (spezzoni cinematografici girati dalle truppe giudaico-statunitensi nella Seconda guerra mondiale) ove vedemmo un ragazzo dei "Battaglioni M", appena 18enne, posto dinanzi al plotone di esecuzione. Egli, negli istanti precedenti la morte, rideva e guardava con scherno chi gli stava di fronte. Per noi il conflitto che si è esteso tra il 1939 ed il 1945 non è finito; noi siamo ancora sulle barricate, contro i nemici di sempre: i giudei ed i loro servi USA, per vincere! Fu quella la guerra del sangue contro l'oro, e per quel che ci riguardo lo è ancora.
Quella guerra che, invece, per molti presunti neofascisti non solo è già terminata, ma neanche mai iniziata... Quegli stessi neofascisti che si sentono fieri e tronfi dei propri raggiri e tradimenti e soprattutto (come afferma Giuliano Ferrara, l'amico dell'«allevatore di anime») al di sopra di «stupidi sentimenti», quali la Fedeltà e l'Onore. Per quella Fedeltà e quell'Onore, che voi avete tradito, centinaia di migliaia di ragazzi sono morti, ma la loro morte non è stata vana. Essi ci hanno lasciato una testimonianza che ci impone che anche dinnanzi alla fine di tutto ci può, anzi ci deve essere, orgoglio e fierezza da parte di chi ha la consapevolezza di appartenere a quella barricata, dove la verità è l'unica componente.
Traditori! Abbiate almeno il coraggio, come testimonianza della vostra infamia e dell'altrui grandezza, di guardare almeno una volta la fotografia del volto del federale di Torino Giuseppe Solaro, nel momento in cui le bande partigiane piemontesi -su ordine dell'ex-presidente della repubblica Scalfaro- stanno per compiere l'esecuzione.
Guardate il viso e gli occhi di Solaro, il suo sorriso, la sua espressione di scherno e di disprezzo verso i propri carnefici. Voi che in vita siete stati tanto legati alla vostra miserabile esistenza, guardate il volto di colui che in nome del giuramento, che voi avete tradito, ha saputo combattere e morire. Certo voi siete vivi e ...liberi. Proprio sul concetto di libertà pongo fine al mio articolo.
Per voi la libertà è un atto vegetativo, ove poter espletare nel miglior dei modi possibile le «facoltà» della bestia umana e null'altro. Per noi la libertà è cosa ben diversa. E mai persona, o meglio camerata, ha spiegato e rappresentato il significato di libertà come Vincenzo Vinciguerra. Un camerata, un vero soldato politico. Certo, per voi, solo un ergastolano, un "41 bis".
Ed allora ascoltate voi tutti cos'è ora e cosa sarà sempre per noi la libertà: «Mi alzo, mi avvicino alle sbarre di cemento armato della mia cella di Sollicciano e guardo il mondo di "fuori", la strada lontana con i suoi camion, le sue macchine, i suoi viaggiatori frettolosi: li immagino che guardano di sfuggita il carcere con le sue mura, le sue torrette, le sue guardie e le sue sbarre, con il brivido di piacere di chi è libero, corre nella sua macchina, legge il suo giornale, beve il suo caffè nel bar preferito, torna da una moglie ed è contento della sua libertà. E sorrido pensando a quello che avevo e ho perduto e a quello che perdendo ho ritrovato: la mia libertà».
Massimiliano De Simone
Note:
(1) Cfr. Giuseppe De Lutiis, "II lato oscuro del potere. Associazioni politiche e strutture paramilitari segrete dal 1946 a oggi". Editori Riuniti, Roma 1996







































sabato 20 settembre 2003

Un contadino del mondo", ("Paysan du monde")

da "Avanguardia" n° 212 - Settembre 2003

José Bove

"Feltrinelli editore, Milano 2003, pagine 225, € 14,00

«Non si può condurre una battaglia vincente senza identità: l'identità radica la battaglia, le fornisce senso. (...) La lotta ha sempre un'origine: è l'elemento fondamentale per il suo esito vittorioso ...»

Rispetto al precedente "Questo mondo non è in vendita", che ha rappresentato una sorta di manifesto del pensiero "Larzac" (1), l'ultimo lavoro di Bove conduce il lettore attraverso le azioni politiche, i viaggi, le lotte, gli incontri che hanno caratterizzato gli ultimi anni di questo contadino no global -come lo definiscono i giornalisti-, mentre accosterei la sua visione più a quella dell'ancien regime che non alla moderna contro-globalizzazione.

Nonostante sia un libro abbastanza breve e ricco di argomenti, per me molto interessanti, devo ammettere che ho iniziato a sfogliarlo in maniera svogliata e infastidita: svogliata forse per questo clima estivo (tropicale) che intorpidisce corpo e mente, infastidita perché per una volta avrei voluto leggere le «gesta» di personaggi (viventi) antagonisti e vicini al nostro pensiero... il che appare un'impresa impossibile.

Mi aspettavo, dunque, la solita sequela odiosa di successi in azioni che noi non potremmo mai permetterci nemmeno di immaginare, di viaggi che non faremo mai, di consensi politici e sociali che non avremo mai, di plausi che non sentiremo mai, di eserciti che non sfideremo mai! ... ecc., ecc., ed in buona sostanza questo volumetto non si distanzia da tutto ciò.

Quello che un lettore come me proverà di fronte ad esso è pura, semplice, bieca, abietta invidia; lo ammetto. Scordatevi la possibilità che noi si riesca solo ad escogitare anche la più banale delle dimostrazioni che fanno Bove e i suoi compagni. Non possiamo calare i nostri stendardi su una barca in un atollo del Pacifico di fronte ad una qualsiasi marina militare e sperare di sopravvivere ad un'esperienza del genere senza all'attivo, nemmeno una notte in una squallida segreta di qualche Alcatraz di oltreoceano! Bove e la sua ciurma l'hanno fatto.

Ciononostante, José Bove, come tutti sanno, è ospite delle proprie patrie galere (e lo sarà ancora per molto) per aver distrutto diversi ettari di campi OGM e per aver devastato un McDonald's in Francia. A questo piccolo agricoltore va quindi tutto il mio rispetto, non solo per aver pagato un prezzo molto alto -la libertà- in virtù del giusto smontaggio (per dirla alla Bove) dei simboli del nuovo ordine mondiale, ma anche per la natura specifica e speciale della sua battaglia, sigillata da queste splendide parole: «La storia umana e le battaglie che l'attraversano hanno un denominatore comune: la rivendicazione si accompagna sempre a una dimensione spirituale, indipendentemente dalle culture. Questo aspetto mi sembra molto importante, tuttavia è sempre stato più o meno negato: le lotte sono state razionalizzate all'interno di una concezione materialista che in definitiva nega il ruolo dell'uomo nella storia a vantaggio di una tecnica o di un'analisi cosiddetta "scientifica". Infatti, ogni volta che la battaglia rinasce, ogni volta che aumenta la propria portata, la dimensione spirituale ritorna. (...) Sempre e ovunque è possibile riconoscere l'aspirazione a condurre una battaglia con un significato preciso, e non solo con aspirazioni materiali».

Tale è il sentimento che anima la battaglia di José Bove, una persona tenace e fiera che ha dedicato la vita ad un ideale di rivolta contadina; la stessa persona che fa proprie le parole di Victor Segalen (2), il quale, a proposito della passività della società polinesiana, affermava: «Camminano felici e incoscienti verso la fine della loro razza». Il che potrebbe essere applicabile a chiunque e non credo ci sia bisogno di aggiungere altro!

Certo, non sto dicendo che Bove sia un camerata (!), ma è notevole che abbia dato un così grande rilievo all'aspetto spirituale -negando in toto quello materiale- che anima la rivolta e che lega l'uomo -il contadino- alla propria terra, mentre non mi è mai capitato di leggere nel suo libro il minimo accenno che riconduca la miseria dei popoli moderni alla mera lotta di classe.

In Bove convivono, però, due aspetti di forza eguale, ma opposta: il primo, riscontrabile in un'innata ed indomita tradizionalità sviluppatasi, ritengo, in virtù del rapporto privilegiato con la terra, la natura, le stagioni, il lavoro sui campi e grazie alla lontananza dalla fiacca e laida vita urbana: il secondo aspetto è figlio di un'educazione libertaria, a sua volta scaturito dall'insidioso e idiota lavaggio del cervello che le generazione post-seconda guerra mondiale hanno dovuto subire.

Tali elementi sono imprescindibilmente amalgamati nell'azione e nell'opera di Bove, con tutte le contraddizioni e la confusione che ciò comporta; può capitare di esaltarsi dopo la lettura di un passo a contenuti fortemente tradizionalisti e conservatori e, subito dopo, nausearsi a tal punto da tornare pagine e pagine indietro per verificare se effettivamente questo stesso uomo è stato capace di affermare cose così lontane o se per errore abbiamo letto frasi inesistenti... Un esempio: come può Bove parlare di dimensione spirituale (vedi frase sopra citata) e, esponendo i fatti della conferenza ministeriale del WTO (3), descrivere in questo modo l'arrivo di gruppi antivivisezionisti: «Una leggera ombra. Loschi gruppi del tipo Partito della legge naturale (4) e altri gruppi antivivisezionisti con i loro abiti neri» e, invece, in questo modo l'arrivo di ben altri gruppi: «Un'altra dimostrazione di coraggio. Il gruppo delle lesbiche che circola a seno nudo per tutta la giornata, nonostante l'aria fresca e l'alternanza tra sole e pioggia».  Forse è semplicemente pazzo.

Ad ogni modo, volevo avvertire il lettore dell'esistenza di questa sindrome Dr Jeckill & Mr Hide di cui José Bove sembra soffrire, prima di giungere al cuore della sua breve trattazione.

Come anticipato, "Un contadino del mondo" è un viaggio attraverso le tappe più significative che Bove e la sua organizzazione contadina hanno compiuto nel corso degli ultimi venti anni.

Nella parte introduttiva è presente una sintesi dell'attività e del pensiero di "Via Campesina", di come è nata e si è sviluppata; Bove non lascia nulla al caso, non da mai niente per scontato. È manifesta nella sua intenzione la volontà di comunicare attraverso gli scritti così come attraverso la lotta; aggiungerei che, molto intelligentemente, Bove ha trasformato i propri libri in supporti ideologici alle azioni dirette.

Raccontare le esperienze in Nuova Caledonia, Messico, Canada, Cuba, ecc. è lo spunto per esprimere ideali di rivolta che poco hanno a che spartire con l'ambiente da cui provengono. Tutte le realtà (Brasile, India, Palestina ...) conosciute da Bove conservano un potente e primordiale attaccamento al territorio di provenienza. Egli stesso afferma apertamente che «Quando i movimenti si collocano nella cultura profonda di persone mobilitate per una battaglia, quando sono legate a un territorio, quando attingono dalle proprie radici e dalla propria cultura i mezzi e le forme di lotta, vincono. (...) Non si può condurre una battaglia vincente senza identità: l'identità radica la battaglia, le fornisce senso. (...) La lotta ha sempre un'origine: è l'elemento fondamentale per il suo esito vittorioso. Una simile riflessione non è mai stata presa in considerazione dagli intellettuali, desiderosi soprattutto di universalismo».

E a questo punto, prima di continuare -perché il periodo prosegue in modo troppo importante per essere omesso- vorrei aprire una parentesi. Bove parla di identità, ma non solo; parla di identità in opposizione all'universalismo! È un concetto distante dal casellario in cui siamo abituati a porre certi personaggi e movimenti. La maggior parte del movimento no global (o new global come giustamente alcuni lo hanno ribattezzato) non è assolutamente contrario alla globalizzazione. Anzi! È favorevole alla caduta dei confini, delle dogane, e ben disposto al mescolamento di etnie, popolazioni, razze e religioni proprio perché il principio ispiratore di queste masse pensanti (?) è libertario ed egualitario. È contrario all'imposizione di un commercio dominante, ma non c'è dubbio che, laddove debba esistere uno scambio commerciale, questo dovrà essere su scala globale.

Bove parla invece di identità, il frutto proibito, e si permette anche di lanciarsi in un'aspra critica alla Russia sovietica, a Lenin ed agli intoccabili intellettuali rivoluzionari Onestamente non sono queste le parole che mi aspettavo di leggere: «In realtà ciascuno è radicato in un luogo, in una cultura, sia essa locale o sociale come la cultura operaia. Quest'ultima si è creata nel XIX secolo a partire da una nuova situazione: si è costruita cioè sullo sradicamento delle persone dall'ambiente rurale, per poi strutturare una nuova identità data dall'accesso a una nuova cultura, a un nuovo modo di abitare e lavorare. L'errore di molti intellettuali rivoluzionari è stato quello di voler considerare questa nuova cultura operaia come un archetipo inglobante di tutta la realtà sociale, mentre in realtà rappresentava una dimensione specifica. La riflessione rivoluzionaria fondata sulla cultura operaia ha negato il resto facendo dell'operaismo una cultura generale. Inoltre ha introdotto l'assioma della superiorità di una classe operaia salvatrice. Questo concetto si ritrova fin dall'inizio della Russia sovietica, nel 1921, con la nuova politica economica, e poi l'anno successivo, con la creazione dell'URSS, quando Lenin omogeneizza tutti i paesi dell'Unione all'interno di un modello che nega la specificità dei territori e delle loro culture» (...).

Sostituisci la parola cultura con la parola tradizione e hai fatto di José Bove un nazionalsocialista! Estremizzazioni e battute a parte, questo breve testo è profondamente complesso ed articolato e, eliminate le follie di cui Bove è capace, rappresenta un quadro illuminante sulle origini, evoluzioni e motivazioni del cammino neoliberista, con una attenta analisi della capacità distruttiva e alienante di ciò che molti considerano dogma -indietro non si torna- e unica soluzione.

Bove ci svela la menzogna che muove il mercato, ci illustra i colpevoli passati, presenti e futuri e, nonostante io non sia affatto d'accordo con il suo approccio pacifista e non violento -e sempre tacendo le aberrazioni che talvolta riesce a scrivere-, devo ammettere che il suo è un buon modo per dare un senso alla propria esistenza. Peccato che -come al solito- il nome dei veri colpevoli non esca fuori, chissà come mai!

In conclusione: da leggere, assolutamente; perché se anche contiene delle pagine da strappare, ha il merito di far riflettere.

Veget Aryan

Note:

1) Larzac -villaggio ubicato all'interno del dipartimento del sud della Francia dell'Averyron- è la zona in cui si trova il collettivo "Via Campesina" di piccoli agricoltori rappresentati da José Bove;

2) Victor Segalen fu medico, viaggiatore, archeologo appassionato di antiche civiltà, avventuriere, scrittore e poeta (Brest 1878 - Huelgoat 1919). I suoi scritti -tutti postumi- vengono paragonati a quelli di Celine, Eliade, etc.;

3) La protesta che ha accompagnato il vertice di Seattle del World Trade Organization è da molti considerata come l'inizio del movimento no global;

4) In effetti il PLN è un po' inquietante... http://www.pln.it - vedere per credere!

«La maggioranza della popolazione mondiale vive grazie all'agricoltura. Dal 1995, quando è stato creato il WTO, le persone che soffrono la fame sono aumentate da 800 a 850 milioni. Non si possono obbligare Pesi poveri ad aprire le loro frontiere a importazioni agricole a prezzi inferiori a quelli interni. Se non viene rafforzata la capacità interna di produzione, se non vengono protetti i mercati locali, poi regionali e nazionali, non ci sarà sviluppo possibile. Il rischio, al contrario, è di provocare esodi massicci delle popolazioni rurali: si creerebbero delle città con 100 milioni di abitanti, sarebbe una catastrofe. È per questo che chiediamo il diritto alla sovranità alimentare. Noi vogliamo che fallisca il vertice del WTO a Cancun, perché bisogna bloccare la liberalizzazione dei mercati che ha portato finora solo conseguenze negative»

José Bove

martedì 28 gennaio 2003

La ribalta degli "opposti estremismi"

Leonardo Fonte

“... tra l'Islàm Tradizionale e Rivoluzionario ed il Fascismo europeo
non c'è stata mai, come mai ci potrà essere, alcuna contrapposizione,
poiché entrambi hanno ben nitida e consapevole l'idea del nemico...”


L’idea degli «opposti estremismi» sembra essere tornata in quest'Italia, che sempre più indossa i panni di appendice, di bassa levatura, dell'oligarchia di potere economico-finanziaria occidentale e delle sue strutture di dominio quali Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l'Organizzazione Mondiale per il Commercio. Solo che adesso lo scontro non si propone più tra rossi e neri; bensì tra neri, ma sarebbe meglio affermare tra individui a difesa di quest'occidente bigotto e benpensante, con una disarticolata laccatura d'un cristianesimo svilito e corrotto, avallati da partiti di potere quali la Lega Nord ed Alleanza nazionale, e sedicenti, o impropri, musulmani. Sedicenti dato che un uomo di religione non si presterebbe mai a vestire i panni di personaggio da spettacolo televisivo.

Quanto è accaduto negli studi televisivi di "Tele Nuovo" di Verona è quanto di più squallido e di vergognoso possa accadere all'interno di questa società schizofrenica, sempre più votata al massimalismo mediatico ed alla ricerca di nuove e forti sensazioni utili a colmare la propria vacuità quotidiana. Nel nome dello spettacolo e di una bassa cultura giornalisti di regime creano divaricazioni nella società, contrasti tra le masse popolari, utili solamente alla stabilizzazione del potere borghese ed alla cementazione del sistema mondialista.

A ciò, un tempo, fu data una dizione esatta, appunto: strategia degli «opposti estremismi». Destabilizzare la società per stabilizzare il potere.

Che Forza Nuova venga fuori ogni qualvolta serve sobillare una piazza, come è accaduto a Bologna, a Roma, a Padova, è un dato che da anni ormai emerge in maniera nitida.

Perché Forza Nuova è pratica allo scontro di piazza contro soggetti (al di là della loro differenziazione politica o sociale) che di fatto non detengono il potere politico ed economico-finanziario?

Centri sociali, froci e lesbiche, immigrati e drogati, l'Islam e lo stesso Adel Smith, non rappresentano il potere, né i centri di oppressione e di sfruttamento di quei domini che abusano e prevaricano popoli e nazioni.

Questi «ragazzetti», che con quest'azione rasentano in pieno I'«imbecillità di destra», sarebbero molto utili se irrompessero dentro le strutture di potere, quali le banche, le multinazionali (la Fiat che genera disoccupazione e povertà dentro il territorio nazionale), le carceri, le agenzie di lavoro temporaneo, le strutture di intelligence e militari della NATO, della CIA, degli USA o di Israele. In Veneto, tra Aviano, Verona e Vicenza potrebbero darsi molto da fare se rappresentassero meramente una reale opposizione politico-rivoluzionaria al Sistema. Potrebbero irrompere anche dentro le sedi burocratico-istituzionali del pennone tricolore, davvero squallido dal 1943 ad oggi, che difendono e chiedere la verità sulle stragi di Stato, sulla conduzione giudaico-statunitense di esse e sui loro complici. Nulla di questo.

«Noi difendiamo la civiltà cristiana e l'Occidente» hanno ribadito quelli di Forza Nuova, dopo avere bastonato Adel Smith. E la stampa di regime subitaneamente ha parlato di «azione squadristica» e di «neonazisti».

Non vogliamo dir nulla sul Cristianesimo. «Difesa dell'Occidente» vuol significare difendere, sostanzialmente, l'assetto di potere economico-finanziario e politico-militare, di un'area continentale a conduzione statunitense che opprime, grazie a governi corrotti e servili, anche l'Italia e L'Eurasia.

Forza Nuova difende, quindi, il blocco geopolitico mondialista. E se picchia un provocatore, un anfitrione, un fanfarone, un uomo da sarabanda televisiva, quale Adel Smith nel momento in cui, pubblicamente, nega uno dei capisaldi di questo potere dispotico, quale l'Olocausto degli ebrei in Europa, ed afferma che gli attacchi a New York ed a Washington hanno avuto la regia e la pianificazione, diretta o indiretta che sia, dei servizi di sicurezza statunitensi, vuol dire che i «ragazzetti» di FN in questo caso hanno corso in parallelo alle strategie sioniste. Non vorremmo proprio che fosse così.

Eppoi che dire dei pennivendoli di regime. Vanno d'istinto subito addosso al «nazista», allo «squadrismo fascista». Non sanno questi servi, o fanno finta di non sapere, che il Nazionalsocialismo, nella persona di Adolf Hitler e delle strutture del NSDAP, adottò una politica rivoluzionaria e di liberazione nei confronti dei popoli del Maghreb e del Medio Oriente, ai fini di affrancare questi popoli dal colonialismo e dall'oppressione sionista, sfiancandone e disarticolandone le strategie oppressive.

E le immagini delle folle islamiche che, da Algeri ad Alessandria d'Egitto, come in Iraq e nel Caucaso, invocavano per la loro libertà l'avanzata delle truppe croci uncinate, arruolandosi a diecine di migliaia nelle forze armate del Terzo Reich, smontano audacemente chi avanza la regia d'una contrapposizione tra nazional-rivoluzionari europei e mondo islamico. Di fatto tra l'Islam Tradizionale e Rivoluzionario ed il Fascismo europeo non c'è stata mai, come mai ci potrà essere, alcuna contrapposizione, poiché entrambi hanno ben nitida e consapevole l'idea del nemico.

In verità, Forza Nuova è solo un movimento, guidato in alcune aree da cattolici e non da fascisti, che funge da ausiliario al peggiore bigottismo clericalistico e nazionalistico e che cattura la buonafede di tanti militanti neofascisti che han forse dimenticato le istanze sociali e rivoluzionarie del Fascismo, impegnato fin dalla sua fondazione nella mortale battaglia contro le plutocrazie mercantili capitalistico-borghesi.

Affermiamo che l'Islam non ha certo bisogno di personaggi come Adel Smith i cui sproloqui ne offendono le radici metafisiche, spirituali e di grande tolleranza. Oltre a creare un solco tra i popoli europei e quelli delle nazioni islamiche che, al contrario, hanno la necessità di un'unità sostanziale per sconfiggere e cacciare via il vero oppressore, il reale, unico e mefistofelico nemico: il potere giudaico-statunitense che sta proiettando, impoverendoli in un egoismo smisurato, i popoli della terra verso una guerra planetaria dai risguardi inimmaginabili.

La precedente provocazione con lo schiaffettino, sempre negli studi di "Tele Nuovo" di Verona, del prof. Carlo Pelanda, ebreo laico e discendente d'una nota famiglia di ebrei triestini, consulente dell'esecutivo Berlusconi, a Adel Smith palesano, per chi voglia intendere, verso chi è rivolta la rabbia dei giudei e dei loro complici ...

AI di là della figura di Adel Smith (parte degli italiani convertiti all'Islam sono proprio una pochezza umana e spirituale, specie quelli proveniente dalla estrema destra, buoni solo, come afferma il camerata Raffaele, a far allontanare gli italiani da un interesse, filosofico o storico, religioso o metafisico che sia, verso l'Islam) e da quanto accaduto in Verona è nostro puro interesse far comprendere, chiarire e sottolineare, come episodi del genere frammentino e divarichino gli interessi del popolo oppresso, la sua attenzione, verso una più sana ed auspicabile ostilità contro il potere capitalista e imperialista che aliena e sfrutta in modo sempre più diretto e gravoso il mondo.

Leonardo Fonte

Editoriale del N° 204 della serie - Gennaio 2003 - N° 1 dell'Anno XXI