domenica 21 maggio 2017

CONDANNA DELLA RICCHEZZA NELLA LETTERA DI GIACOMO.


"Age nunc, divites, plorate ululantes in miseriis, quae advenient vobis. 2 Divitiae vestrae putrefactae sunt, et vestimenta vestra a tineis comesta sunt, 3 aurum et argentum vestrum aeruginavit, et aerugo eorum in testimonium vobis erit et manducabit carnes vestras sicut ignis: thesaurizastis in novissimis diebus. 4 Ecce merces operariorum, qui messuerunt regiones vestras, quae fraudata est a vobis, clamat, et clamores eorum, qui messuerunt, in aures Domini Sabaoth introierunt" (Nova Vulgata, Lettera di Giacomo, 5, 1-4).

In questi versetti leggiamo una radicale condanna di ogni forma di ricchezza formatasi mediante lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Nel versetto 4, infatti, leggiamo: "Ecco, che la mercede degli operai, i quali han mietute le vostre possessioni, frodata da voi alza le grida: ed il clamore di essi è penetrato nelle orecchie del Signor degli eserciti" (trad. di Mons. Antonio Martini).
Questi versetti dimostrano come Cristianesimo e capitalismo in generale siano incompatibili.
Il Cattolicesimo ha come suo modello la comunità apostolica. Tale modello storicamente si è tradotto prima nel modello monastico e poi nel comunitarismo personalista, che punta a fare di ogni azienda​ una comunità, che abbia al centro la persona, come abbiamo visto realizzarsi in Polonia, quando Solidarnosc ha ottenuto l'applicazione della Legge sull'Autogestione Operaia, o in Italia nella storia dell'Olivetti di Adriano Olivetti e del suo Consiglio di Gestione.
Non è importante la forma giuridica dell'impresa, cioè se è di proprietà privata, statale o sociale, ma il livello di redistribuzione reale dei profitti e il sistema di rapporti umani che si crea all'interno dell'impresa.
Il capitalismo verticale e parassitario sostenuto dallo strapotere delle banche e dalla corruzione del sistema politico non ci può interessare.

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