domenica 24 novembre 2024

Mondialismo e Società segrete (quarta parte)


Il vecchio mondo è crollato e il nuovo non e ancora nato”, esordiscono gli autori, constatando che il mondo è in preda all'anarchia  “dove i vecchi valori sono contestati e disprezzati, dove di conseguenza nessuno crede più a nulla.


di Paolo Taufer

 “Per fortuna, proseguono, un barlume che ci guidi infine s'è acceso a partire dal 9 novembre 1989 con la caduta del muro di Berlino. 9 novembre vale a dire tre volte nove, poiché c'è novem che nel latino di Roma significa 9, nono mese del suo calendario. Tre volte 9 fa 999, seguito da mille, il ritorno all'unità: `l'unità della nostra civiltà, dell'universale e la fine delle tensioni".
   
Autorevole conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che nel crollo del comunismo appellarsi al caso, a nebbiosi determinismi o addirittura a interventi miracolosi del Cielo può depistare, costituendo esso crollo piuttosto un momento programmato sulla via di  quella Repubblica universale, o Grande  Opera, per secoli perseguita con sistematicità e determinazione da sette anticristiane.
   Trova altresì conferma la dottrina massonica, cioè gnostica,  del cicli cosmici secondo la  quale la terra passerebbe, con ritmo bimillenario, da un “eone a un altro “eone, da un'era ad un'altra era:
Che altri accettino la rivelazione di un'eternità che paralizza l'uomo e l'idea di una creazione immobile senza inizio né fine. Che concepiscano un tempo lineare che fluisce sempre nello stesso senso senza mai ritornare. Per noi, al contrario, dove tutto è ragione e simbolo, il grande orologio del tempo gira senza fine intorno al suo asse, ruota che instancabilmente compie ii' suoi cicli e le sue Rivoluzioni, che' gira senza posa per ritornare al suo punto di partenza, serpente ouroboros che mangia la sua, coda...”.
“...Oggi nei tempi travagliati che viviamo, annunciatori della fine del ciclo, l'abominevole era dei Pesci volge alla fine e attendiamo il sorgere dell'era dell'Acquario che inaugurerà un nuovo, grande, inizio”.
   Verso il 2000 si concluderebbe dunque “l'abominevole” e tenebrosa “Era dei Pesci, caratterizzata dal dominio di Cristo e la sua religione, fondata sul rigore morale, l'ascetismo e la rinuncia, per passare all' “Era dell'Acquario” che, all'insegna della soppressione di ogni divieto morale, costituirebbe una specie di ritorno al Paradiso terrestre (la nuova “età dell'oro"), sotto il controllo e il dominio degli “alti iniziati", formati alla scuola del talmudismo e del cabalismo ebraici, che prevedono appunto, in una prospettiva messianica, la restaurazione del “Grande Eden", o “Mondo a venire".
    ... Viviamo anni ripugnanti, dicono i nostri autori, la fine di un grande ciclo e di un piccolo ciclo, quello di ikthus, che in greco significa “pesce”. Si, stiamo evolvendo nella turbolenza di un periodo di rivelazione che in greco si chiama “apocalisse”, un caos da cui, un nuovo ordine, quello dell'Acquario, segno sublime dei nostro Fratello Mozart e della sua musica divina che inaugurerà, speriamo/o, una nuova età dell'oro”.
“Secondo la nostra tradizione brahamanica, ripresa ed esposta nell'inno induista alla Grande Dea, oggi termina il 7° ciclo". Dove il “Re del Mondo”, spiega lo storico della massoneria Serge Hutin (23), viene identificato dagli iniziati come "la massima. sovranità dei 2 governi invisibili, il vero “Re dei Re”  dal quale emanerebbe ogni autorità, diritto e potere, incluso quello della "Comunità dei Maghi" che  avrà la missione di elaborare la sintesi universale delle grandi religioni e dei potenti dirigenti..' (24) Il Re del Mondo, scrive il Guénon, riportando l'opinione di un alto iniziato polacco che negli anni fece un avventuroso viaggio nelle steppe dell'Asia Centrale, Ferdinand Ossendowski (1876-1945):  è in rapporto con i pensieri di tutti coloro che dirigono il destino dell'umanità... Conosce le loro intenzioni e le loro idee" (25).

Le rivelazioni si susseguono: “La progressiva soppressione delle frontiere economiche e sociali porterà con sé il predominio dell'uomo forte, cioè di colui che ha minori bisogni. Se le cose stanno così, dovranno condurre, dopo un periodo di forti tensioni, a un nuovo ordine teocratico". 

Siamo dunque caro lettore, al cospetto di un pensiero massonico genuino che ci riporta a quanto affermato all'inizio, ossia che colui che rifiuta una lettura teologica dei nostri tempi si condanna a non capire nulla di quanto stiamo vivendo. Viceversa per gli avversari  di Cristo non esistono dubbi, quando, come in questo caso, ci partecipano, apertis verbis, che si tratta, né più né meno, di fondare una nuova religione universale, in aperta contrapposizione col Vangelo, da proporre e imporre a tutti gli uomini. 

Tale è il pensiero della Grande Loggia di Francia, che si professa teista, lasciando a baloccarsi con la laicità e la democrazia, i bassi iniziati e il mondo profano delle turbe, rimbecillite e confuse da duecento anni di rivoluzioni. Alzti iniziati sanno invece che società sono prodotte e plasmate dalla religione: che la religione produce la morale e che dalla morale discende la legge. Per essi è assodato che senza religione non può esservi che disordine e caos.  "I preti caldei ed egiziani, coloro che celebrano i grandi misteri dell'antichità pagana, i maestri della cabala ebraica, erano degli iniziati." 

I conti tornano: coll'autorità che le deriva dall'essere la seconda obbedienza massonica francese, la Gran Loggia conferma punto per  punto le direttrici individuate in questo intervento, ossia il piano di dominazione mondiale ispirato dai maghi in diretto contatto con la potestas tenebrarum, il governo mondiale dell'Era dell'Acquario in forma di dittatura teocratica, la presenza degli alti iniziati nella società attraverso i secoli, la religione unica da essi custodita e oggi trasmessa nelle grandi adunanze dell' "Onu delle religioni" in forma di sintesi di ogni morale ed ogni costume, risultato della commistione e della contraddizione di tutte, dove non v'è più distinzione fra vero e falso, fra bene e male, dove ogni principio è contraddetto e discutibile per far sì che le regole della convivenza diventino arbitrarie e cadano nella disponibilità dei potenti, che possono allora modificarle a loro piacimento. Ma per realizzare il passaggio all'età dell'oro sarà necessario strumentalizzare, guidare ispirandole, le masse, ignare del loro bene supremo isolando allo stesso tempo con misure che vanno dall' "ostracismo morale" alla coercizione di coloro che sollecitamente non si apriranno al novus ordo, definiti "civilmente incapaci".
"Anche gli ebrei attendono la venuta di un Messia. In attesa di questa venuta, i disordini attuali e a venire determinano un atteggiamento e un'azione da opporre alle masse che hanno perduto il settentrione e l'oriente e che chiamiamo, per semplicità, “masse conservatrici", inadatte ai cambiamenti. Tali masse sono il sottoprodotto snaturato di masse politiche messe attualmente al servizio di forze distruttive". (...)

"Le individualità positive (vale a dire gli iniziati) devono creare degli “isolotti di resistenza” sulla scorta di una preoccupazione essenziale: la loro sopravvivenza. Ogni opposizione dottrinale dovrà cedere il passo di fronte a questo problema che deve condurre a un consenso unanime.

La coalizione delle individualità deve colpire con un ostracismo morale le masse conservatrici, isolarle e togliere ad esse ogni credito. Pazientemente, senza sosta, si deve mobilitare ogni elemento per ampliare il fronte”. (...)
“il rimedio a lungo termine consiste evidentemente nel massimo riassorbimento delle masse conservatrici attraverso la riabilitazione di ogni elemento responsabile. Naturalmente occorre rendersi conto che un resto vi sarà. Un certo numero rimarrà ciò che è. Occorre tuttavia guidarlo. Come? Agendo in modo deciso per privarlo dei propri mezzi di immunità e di nocività”.
Si dovrà perciò, in questo senso, maturare una giurisprudenza che distingua l'uomo illuminato che accetta ogni responsabilità e gode dei corrispondenti diritti, dal “profano”, civilmente incapace. Bene inteso, tale distinzione sarà soggetta a cambiamento, potendo ogni profano accedere all'iniziazione dopo un periodo di “prova”, vale a dire dopo avere adempiuto ai doveri che competono al suo nuovo statuto”.
Sovvengono le minacciose espressioni del “Cittadino del Mondo David Spangler, erede di Alice Bailey, fondatrice del Lucis Trust, e moderno sacerdote della Nuova Era sulla sorte da riservare a coloro che, rifiutando ad oltranza l'iniziazione alla Nuova Era, rifiuteranno il segno della Bestia: 

"Non è davvero importante sapere ciò che accadrà al vecchio mondo: siamo sicuri che il Cristo (s'intende qui l'Anticristo, n.d.r.) sorveglierà le sue milizie e che essi saranno interamente presi in carico da questa presenza cosmica...Tuttavia, noi possiamo dire qualcosa sul luogo dove andranno il vecchio mondo e coloro che vi resteranno affezionati. In tutta la creazione c'è una infinità di sfere e di ambienti, rappresentanti diversi gradi di sviluppo della coscienza...Sarà allora urgente che costoro vengano riassorbiti nei mondi interiori...in altre parole il pianeta o il livello in cui la legge di attrazione li condurrà potrà essere un altro livello della coscienza terrestre if cui essi potranno rimanere ed essere istruiti fino a quando potranno nuovamente essere rivestiti di corpo fisico...Conta poco perciò sapere se le persone dovranno essere eliminate da ogni piano terrestre o se prevarrà questo schema..." 


La comunità di intenti fra le "guide", i "master of Wisdom"  del New Age e gli alti iniziati è perfetta...come irriducibile e totale appare il comune disprezzo e odio di teosofisti e massoneria  per Cristo e la sua legge che si vuole  colpire in  coloro che la osservano e la difendono. Senonché la società che questi signori vogliono sostituire alla società cristiana non potrà reggersi perchéPpriva di ogni morale. Il rituale non è affermazione ma, come ben riconosce Sant'Agostino,  negazione, onde non può creare ma solo distruggere. Il vizio, il delitto non costruiscono ma demoliscono; perché il bene il bene e la virtù edificano e rinsaldano. La società che sta nascendo sotto i nostri occhi e in tanti, anche cattolici, salutano come l'alba di una nuova e migliore era, è dunque, una società di morte dove relativismo, soggettivismo, sregolatezza, discordia, degenerazione, droga, aborto, alcolismo, imperversano in misura sempre crescente. Gli alti iniziati stanno togliendo all'uomo quella verità che fa liberi.  fondamento di ogni libertà, lo riducono in realtà ad una schiavitù inaudita, in pari tempo, offrendogli la "libertà dalla Legge divina", quella libertà di delitto di cui pornografia, divorzio e vizio sono le manifestazioni più evidenti e impressionanti. All'insegnamento di Cristo, per cui il peccato è schiavitù, (Giov. 8,34) e la "verità rende liberi" (Giov, 8, 32) essi contrappongono quello per cui il peccato è liberazione dall'oppressione dei comandamenti, e la negazione della verità oggettiva, e quindi del Bene e della Legge oggettivi, è lo scopo per cui l'uomo deve aspirare con tute le proprie forze per realizzare la sua dignità di essere libero. 

Ma torniamo al nostro documento: gli avvenimenti e i segni ci mostrano bene che stiamo per raggiungere la fine di un grande piccolo segno (ciclo? n.d.r.). La ruota si appresta a girare , ma ssumerà il verso buono o cattivo della rotazione? Dextrosum o sinistrorsum? Verso destra o verso sinistra? Che ci predice la Ruota della fortuna la lama 10 del tarocco iniziatico ?"

Noi che pretendiamo di essere un'alleanza di uomini illuminati che senza sosta lavorano al  progresso dell'Umanità , diamo tutti assieme, in un'immensa catena d'unione , tutti gli ordini e tutte le obbedienze tra loro fuse, si, diamo tutti insieme il buon impulso alla Grande Ruota Cosmica  che misura il tempo a spirale...". Si , tutti i segni sono lì a rivelarcelo: il mondo avanza a grandi passi da quasi 300 anni che l'ultima massoneria s'è costituita". 

Senonchè, non se ne dubiti, il regno di costoro sarà breve: sulla menzogna non si costruisce, e, come vi ho già detto il male non crea, ma distrugge: Satana è il negatore, non il Creatore. Abilissimo nell'annientare egli, e come lui i suoi seguaci, è incapace di costruire. Potere quindi essere certi, su questo coincidono la buona logica e la Scrittura, che il suo regno sarà tremendo, ma assai breve. Quando l'Iniquo si manifesterà, e l'uomo metterà se stesso nel tempio di Dio (II Tess. 2,4), quando gli uomini di Chiesa avranno consumato fino in fondo la grande apostasia (II Tess. 3), quándo il Governo mondiale predetto nell'Apocalisse (13, 7-8) sarà installato e la Grande Opera satanica compiuta, allora il Signore Gesù distruggerà l'Anticristo e tutti coloro che, sedotti dalle sue lusinghe o intimiditi dalle sue minacce, non avranno accolto la verità in maniera da salvarsi (II Tess. 2,12). Egli precipiterà tutti questi operatori di iniquità nello stagno di fuoco e zolfo preparato per essi, e il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli (Ap. 14, 10-11). 

La domanda che si pone a questo punto e che investe direttamente ogni cattolico, perchè in essa è contenuto il nostro destino eterno, è questa: "E noi?", "E io?". Di che parte siamo, di che parte sono, di che parte saremo? Non ci si illuda di neutralità, tra il bene e il male non è possibile: chi si proclama indifferente, neutrale fra i due, è già dalla parte del male.' Gesù stesso l'ha detto: "chi non è con me è contro di me" (Matteo 12,30). La nostra inerzia in questi momenti prepara la nostra caduta: chi non si oppone alla corrente ne sarà rapito e l'albero cade dove pende. All'opera dunque! fin d'ora, aprendo le intelligenze, svelando l'azione della Controchiesa, staccando etichette, ripulendo apparenze, avendo ben presente la responsabilità che comporta il conoscere, che va di pari passo con quella di far conoscere, chiedendo assiduamente, quotidianamente, alla Madonna quel dono della perseveranza finale che, come ci ricorda S. Alfonso de Liguori in quella vera e propria guida del Cielo che è il suo "Apparecchio alla morte", certamente ci concederà se, a nostra volta, saremo perseveranți nel chiederglielo.

Fine. 

Le prime tre parti dell'articolo  "Mondialismo e società segrete" sono state

pubblicate sui numeri 135,136 e 137 di "Avanguardia".


Note:

23) Serge Hutin, "Governi occulti e società segrete", ed. Mediterranee, Roma 1973, pag. 62.

24) ibidem, pag. 195.

25) René Guénon, "Il Re del Mondo", edizioni Adelphi, Milano 1994, pag. 39.

lunedì 19 agosto 2024

DE GASPERI: UN ALFIERE DELL’ANTICRISTIANESIMO


di Carlo Francesco D’Agostino

La ostentata esaltazione che certa stampa ha fatto della figura dell’on. Degasperi come preteso statista cattolico, ci obbliga a ristabilire la verità, con precise e documentate contestazioni. Con questo non intendiamo indagare se e quanto Degasperi sia stato in buona fede, nella sua maschera – poiché tale e non altro era – di uomo politico cristiano: non usiamo mai affermare la buona o la mala fede di alcuno. Possiamo solo, e lo facciamo ben volentieri, riconoscere che grandissima parte di coloro che hanno appoggiato l’azione politica del Degasperi e del suo Partito sono stati presumibilmente in buona fede. Noi abbiamo sempre criticato, su questo giornale [“L’Alleanza Italiana”] e su altre pubblicazioni, alcune delle quali di una certa mole, l’opera del defunto capo della Democrazia Cristiana. Ci limitiamo dunque, per documentarla realtà agli ormai numerosi lettori, a riassumere i motivi principali delle passate nostre critiche.

Lo faremo con una certa schematicità cronologica, e con concisi commenti che servano ad illuminare quale sola poteva e può essere una posizione politica basata sul Cattolicesimo.

 

Fu prima solidale con il Fascismo 

1922: Degasperi alla Camera diede, a nome di oltre cento Deputati del Partito Popolare Italiano, pieno appoggio al Governo Fascista (di cui faceva parte anche l’on. Gronchi con altri Deputati del P.P.I.). Egli gli riconobbe: «volontà fattiva di governo ed il proposito e la forza di ristabilire la legge e la disciplina nel Paese… scopo che va assolutamente raggiunto se la boccheggiante Nazione deve essere salva»: questo disse dopo che Mussolini aveva ben precisato essere suo intendimento: «difendere e potenziare al massimo grado la rivoluzione delle Camicie Nere, inserendola intimamente come forza di sviluppo, di progresso e di equilibrio nella storia della Nazione» (Atti del Parlamento, vol. IX, 1922, pag. 8390 ss.). Al lume dei principî cristiani era ben chiaro che un regime arrivato al potere con una serie di violenze delittuose, e che la sua impostazione confermava con l’arroganza del discorso presidenziale tenuto da Mussolini, non poteva presentare garanzie di sorta. Quel regime tendeva, in sostanza, a rinsaldare le posizioni dell’egemonia capitalistica di fronte al rivoluzionarismo socialistoide, da un lato, ed alla inefficienza degli uomini che, col Degasperi, avrebbero dovuto rappresentare la scuola politica Cattolica. Degasperi, accodando i Cattolici alla duplice sopraffazione, capitalistica e fascista, pose le chiare premesse di tutto il nefasto seguito della sua opera politica.


Sull’Aventino poi si pose contro la legalità

1924-25: Degasperi ed i Deputati del P.P.I. in significativa unione con i social comunisti abbandonarono il Parlamento, tentando di impostare una «questione morale» sul delitto Matteotti. Questo non era stato che uno dei tanti episodi di violenza dell’illegalismo fascista, che dal Degasperi aveva avuto il premio del voto favorevole al Governo Fascista ed all’amnistia.

Dopo aver vantato, nel 1922: «liberi da ogni viltà – oggi, come ieri, come domani – per la sollecitudine delle nostre persone che sono poca cosa, forti dell’assenso che ci viene da chi liberamente ci diede il mandato, lo eserciteremo con serenità ed equilibrio, con la sola preoccupazione dei supremi interessi del paese» (loc. cit., pag. 8143). Degasperi ed i suoi compirono la viltà di astenersi dal loro dovere di parlamentari, con l’aggravante di non rinunciare al mandato, ed ordirono quella campagna di stampa sul delitto Matteotti che ebbe il chiaro carattere di un tentativo di violenza morale, sul terreno extraparlamentare, per vincere una battaglia politica condotta e perduta sull’unico terreno legittimo, quello parlamentare. Essi ricorsero ad un metodo strettamente anticostituzionale, tentando di ottenere da Sua Maestà il Re lo scioglimento della Camera appena eletta ed in cui si rifiutavano di combattere (ciò che invece continuò a fare l’on. Giolitti con pochi altri Deputati demoliberali). E questo mentre era in corso l’inchiesta giudiziaria, e mentre le responsabilità in ordine al delitto Matteotti non erano ancora chiarite. Uomini come Filippo Meda, Cavazzoni, Martire, Mattei Gentili, Carapelle ed altri, non vollero condividere la faziosità aventinistica del Degasperi, il quale poi, dopo il 1945, quando era universalmente riconosciuto esser stato un errore l’abbandono del Parlamento, ebbe ancora la temerarietà di qualificare «roccaforte della libertà» quell’aventinismo che aveva invece rappresentato l’abbandono della difesa della libertà stessa!

 

Ordì una rivolta anticristiana

1942: fallitogli il tentativo di espatriare ed estraniatosi, nei momenti più ardui, dal servizio del Paese, Degasperi rimase agganciato a quel Comitato Centrale Fascista che rappresentò una organizzazione illegale ed immorale, intima unione di massoni, marxisti, materialisti, atei, settari e …democristiani, e che fu strumento tremendamente nefasto per sollevare l’opinione pubblica mondiale contro l’Italia cattolica, col pretesto del Fascismo. Degasperi ha confessato: «La Liberazione dal fascismo appariva ancora molto remota, e nessun partito, vecchio o nuovo, si era ancora costituito, quando nel Comitato Centrale Antifascista sorse l’idea di chiamarsi Democrazie Unite: democrazia liberale, democrazia socialista e…che cosa potevamo essere noi se non la democrazia cristiana?» (ved. Tradizione ed ideologia della D.C., ed. 1944 e ristampe, presso la D.C., Roma). Con questo dimostrava la mancanza di un pensiero Cristiano, il quale non si qualifica certo come una sottospecie dell’utopia democratica, condannata dalla Chiesa, che per di più per bocca di Leone XIII, nella Graves de communi, ha ingiunto: «non sia poi lecito dare un senso politico alla Democrazia Cristiana»!!
Fattone, invece, proprio un Partito, il Degasperi, con l’animo pieno di «legittimo orgoglio» – come scrisse – mettendosi tra «coloro che erano passati attraverso il lungo periodo senza inflessioni e senza contaminazioni »…«ora che la vittoria contro il Fascismo appariva probabile» (e questa «vittoria» era la catastrofe politico-militare e morale della Patria!) partecipò alla firma del Patto da cui sorse il Comitato di Liberazione Nazionale. Ivanoe Bonomi, che lo promosse, così si esprime (Diario di un anno, ed. Garzanti): «L’antifascismo (era) un movimento sotterraneo a cui il declino militare dell’Asse dette nuovo vigore». Esso, a dire del Bonomi: «già da anni minava lo Stato totalitario e sentì che si avvicinava la sua ora e che era urgente stringere i contatti e cominciare l’azione. I tempi stringevano ed occorreva precisare le intese con convegni cui partecipò ugualmente fervido ed operoso Alcide Degasperi». Ebbene, prosegue Bonomi: «Fu in quelle riunioni che si tracciò un piano d’intesa, tradotto poi in un patto scritto, firmato da me, dal Casati, dal Ruini, dal Degasperi, dal Romita e anche da un comunista di nome oscuro ma interprete autorizzato dalla sua corrente. Quel patto impegnava i partiti ad una tregua politica nell’ora del trapasso e nel periodo successivo della ricostruzione, indicando come meta comune un regime democratico nel quale «tutti i poteri, e anche il più alto, derivassero dalla volontà popolare». La stampa filodemocristiana, anche quella che pretende avere carattere ufficiale «cattolico»,si è ben guardata dal mettere in luce questa sostanza vergognosa di tutta l’opera del Degasperi e del suo gruppo di dittatori del Partito Democristiano.

Noi lo facemmo invece innumerevoli volte su questo giornale [“L’Alleanza Italiana”] –  dagli esordi clandestini del 1944 – e nel volume «La illusione democristiana » scritto nel 1949, oltre che in precedenti pubblicazioni. Il «patto» firmato dal Degasperi era un patto di rivoluzione, impostato su principî mille volte solennemente condannati dalla Chiesa oltreché dalla ragione umana: ed era un patto che legalizzava e potenziava i Partiti più notoriamente anticattolici – dal comunista al Liberale – impegnando le forze cristiane ad una lunga tregua nei loro confronti fino a quando non si fosse realizzato un ideale anticristiano, quale è quello della rivoluzione demoliberale!

Quale prova più evidente della mancanza assoluta di direttiva Cristiana nell’opera del Degasperi e del tragicissimo inganno da lui teso a quelli, per primi, che ignari di tutto questo hanno accettato la D.C. come il «partito dei Cattolici»?.

 

Firmò leggi che comportano la Scomunica

1946-47-53: perfettamente coerente alla impostazione demo liberale e laicista della Politica, Degasperi firma le varie Leggi elettorali (fatte e rifatte alla vigilia di ogni elezione per tentare di assicurar meglio il predominio democristiano), in cui è quell’art. 66, poi 71, che pone i limiti al Clero che «abusando della proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse, si adoperi a costringere gli elettori a firmare una dichiarazione di presentazione di candidati od a vincolare i suffragi degli elettori a favore od in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati o ad indurli alla astensione», istituendo per tali ipotesi un reato, con gravi pene. Il Santo Padre, nel discorso ai Quaresimalisti di Roma del 17 marzo 1946 palesemente protestò per tale violazione della libertà della Chiesa inferta dal Governo democristiano: «Il sacerdote cattolico – disse il Papa – non può essere semplicemente equiparato ai pubblici ufficiali o agli investiti di un pubblico potere o funzione civile o militare»; la legge elettorale, infatti, con una medesima norma colpiva tali categorie ed il Clero: «Il Sacerdote è ministro della Chiesa ed ha una missione che si estende a tutta la cerchia dei doveri religiosi e morali dei fedeli…e può quindi essere obbligato a dare, sotto quell’aspetto, consigli o istruzioni riguardanti anche la vita pubblica.

Ora è evidente che gli eventuali abusi di tale missione non possono per sé essere lasciati al giudizio dei poteri civili…».

Degasperi accusò il colpo, e nel discorso di Torino del 25 marzo 1946 replicò ampiamente, e concluse col comodo ed ipocrita ripiego: «…so che se il Santo Padre ha in nome della Chiesa il diritto di stabilire le sue tesi ed Egli ha questo diritto per ragione che supera i partiti ed i momenti…saprà anche comprendere le difficoltà in cui gli uomini cattolici si battono e vincono e possono vincere solo fino ad un certo punto.

È rimasta una piccola pizzicatura per il Clero. Ma credo che i sacerdoti non ne abbiano molta paura» (Il Popolo, 26-3-1946). Comodo ripiego, perché significava ammettere in partenza che le norme della Chiesa (nella specie sanzionate perfino nel Codice di Diritto Canonico), che al canone 1334 commina la scomunica automatica contro coloro che varano leggi che offendono la libertà ed i diritti della Chiesa) varrebbero solo nei limiti in cui i «fedeli» hanno voglia di combattere per rispettarle. Ipocrita ripiego, perché invece il Degasperi fin dal 1944, combattendo contro il Centro Politico Italiano con l’opuscolo più sopra citato, si proclamava difensore della concezione dello «Stato moderno» assertore di una assoluta «uguaglianza giuridica» e lo faceva espressamente contro l’esigenza da noi posta di una impostazione Cristiana dello Stato.

Non era dunque questione che gli uomini politici Cattolici possano combattere e vincere «solo fino ad un certo punto»: a parte che si è sempre saputo che il Cattolico, piuttosto che piegarsi a compromessi, resiste fino a cadere sotto i colpi del martirio, consapevole che il sangue dei Martiri è semenza di Cristiani, a parte questo stava in fatto che il Degasperi volendo servire la cosiddetta concezione «moderna» dello Stato, non era un combattente per il Cristianesimo, ma un alfiere dell’anticristianesimo, per la cui realizzazione politica si era impegnato ad unità d’azione coi più classici nemici del nome Cristiano.

 

Rese ateo lo Stato Italiano

1947: alla Costituente il Gruppo democristiano respinse la proposta dell’on. Lucifero di iniziare il testo della Costituzione con le parole: «Il Popolo Italiano, invocando l’assistenza di DIO, nel libero esercizio della propria sovranità… »: così la Costituzione rinnegò la sacra autorità di DIO; respinse la proposta dell’on. Patricolo, che un articolo precisasse: «La Religione Cattolica è la Religione ufficiale dello Stato Italiano» e così il nostro Stato rigettò ogni impostazione Cristiana; Degasperi sanzionò il tutto ricordando le assicurazioni da lui date «ai protestanti d’America» circa una «piena libertà, piena uguaglianza» che la Costituzione democristiana infatti accorda al Protestantesimo, cui ha concesso perfino l’uso della Radio per le trasmissioni di culto (pag. 2456 Atti della Costituente). Ed in realtà è libero e protetto in Italia ogni altro culto, e vi si diffondono. Così la concezione dello «Stato moderno» da Degasperi tenacemente perseguita era realizzata nella Legge fondamentale della Repubblica, e le conseguenze tutti le tocchiamo con mano.

Lo sbandieramento di un Cristianesimo soltanto ipocrita doveva portarci rapidamente nel doloroso clima del putridume di «Capocotta» e della apologia dei traviamenti di Coppi fatta su quotidiani di proprietà di uomini della Democrazia Cristiana (ved. Voce della giustizia, n. 36 del 4-9-1954)! Una politica tutta legata all’affarismo e che, in nome di questo, chiude gli occhi ad ogni esigenza Morale: un rinunciatarismo impressionante che dopo aver elargito una Costituzione secondo il gusto del Protestantesimo anglosassone premia solennemente registi, come il Rossellini, la cui scandalosa condotta di profanatore del sacro tempio della unità famigliare aveva riempito le cronache di una stampa lasciata libera di corrompere, per cui si stan creando tutte le premesse per la introduzione del divorzio in Italia, già largamente reso possibile da tristi accomodamenti dei nostri Trattati internazionali e della nostra giurisprudenza.


L’abominio di un malgoverno 

Questa, in sintesi, è stata l’opera di Degasperi. Dinanzi a tanti frutti di distruzione morale par quasi secondario ricordare le ingiustizie perpetrate con la legislazione di persecuzione contro gli ex fascisti; le immoralità compiute con le leggi di espropriazione terriera, fraudolentemente denominate «riforma agraria»; la distruzione progressiva del patrimonio immobiliare urbano come conseguenza del delittuoso regime delle locazioni; il danno recato all’agricoltura e le profonde violazioni di giustizia, conseguenti alla legislazione sui contratti agrari; il disordine e la somma di ingiustizie e sperequazioni, oltreché di corruzione, immensamente aggravatosi nel sistema tributario, in cui la legislazione degasperiana ha di gran lunga peggiorato i malanni da tempo esistenti; la mancata difesa del patrimonio boschivo, col conseguente continuo accrescersi dei disastri che produce; l’aggravamento della situazione nel campo della cultura con un regime scolastico, ora poi affidato ad un Ministro liberale, che, in uno al regime di stampa, sta riducendo la intellettualità italiana al bassissimo livello che ogni giorno paurosamente constatiamo.

 

Il rigetto dei principi del Toniolo 

Tutto questo era e doveva essere il frutto dell’abbandono delle posizioni cui la scuola del Toniolo aveva tenuto ancorati – sulla scia degli Insegnamenti dei Papi – i Cattolici italiani. Degasperi, in quella che viene considerata la sua ultima lettera, e quasi un testamento spirituale (lettera a Fanfani del 9 agosto 1954, ved. co di Bergamo, n. 200), ha lasciato scritto: «Perché il Toniolo, nazionalmente parlando, ebbe efficacia così inadeguata? Perché i tempi e gli uomini non gli permisero di sfuggire alla alternativa guelfa – ghibellina, e così non uscì dallo storico steccato politico, benché ne fosse uscito da quello sociale. Il nostro sforzo più tardi, fu quello di sfuggire alla stretta. Non siamo riusciti spesso, ma ad un certo punto la D.C. divenne un movimento, un partito italiano, al disopra dello storico conflitto. Teniamolo a mente: non bisogna lasciarsi avvinghiare dalle spire dell’alternativa tradizionale». Fino all’ultimo, dunque, Degasperi ha giuocato all’ inganno, e speriamo che non se ne sia reso pieno conto. Giuseppe Toniolo non rimase affatto ancorato ad una «superata» alternativa. Egli semplicemente non volle piegarsi a quella concezione dello Stato che definì «disordine legale permanente delle democrazie cosiddette liberali». (Toniolo, Concetto Cristiano di democrazia, ed. Coletti). Degasperi mostra di bellamente dimenticare questa profonda differenza tra l’indirizzo del Toniolo ed il suo. Ha dimenticato di aver scritto, come abbiamo ricordato, in polemica col Centro Politico Italiano: «Bisogna respingere qualsiasi tentazione di leggi eccezionali, di provvedimenti che escludano dal diritto comune o precludano da certe pubbliche funzioni chi sia alieno dal tradizionale spirito cattolico del Popolo Italiano. Nello Stato moderno l’uguaglianza giuridica e la ammissibilità agli impieghi è divenuta ormai una premessa indispensabile alla libera convivenza civile» (loc. cit.). Pertanto lo Stato democristiano deve lasciar aperto l’adito ai professori materialisti sulle cattedre di Filosofia, ai docenti liberali su quelle di Diritto, agli atei su quelle di Storia del Cristianesimo o delle religioni. Così di seguito. Non solo il Toniolo, ma il Papa e la Chiesa non si piegano a questo, come non ci si può piegare ogni cultore di filosofia naturale. Tardò solo di un anno, infatti, la risposta del Santo Padre: « Ben riflettendo alle conseguenze deleterie che una Costituzione la quale, abbandonando la pietra angolare della concezione cristiana della vita, tentasse di fondarsi sull’agnosticismo morale e religioso, porterebbe in seno alla Società, e nella sua labile storia, ogni Cattolico comprenderà facilmente come ora la questione che, a preferenza di ogni altra, deve attirare la sua attenzione e spronare la sua attività consiste nell’assicurare alla generazione presente ed alle future il bene di una Legge fondamentale dello Stato che non si opponga a sani principi religiosi, e morali, ma ne tragga piuttosto vigorosa ispirazione, e ne proclami e ne persegua sapientemente le finalità. Giovi a questo riguardo ricordare che non sempre la novità delle Leggi è fonte di salute per il Popolo: sovente invece la precipitosa ricerca di radicali innovazioni è indice di oblio della propria dignità e di facile resa ad estranei influssi e non a meditate idee. SAPPIANO DUNQUE I CATTOLICI ITALIANI CHE IL RIMANERE FEDELI ALLE MIGLIORI E PROVATE TRADIZIONI SPIRITUALI E GIURIDICHE NON VUOL DIRE ESSERE OSTILI ALLE TRASFORMAZIONI SOCIALI CHE MEGLIO RISPONDANO AL BENE COMUNE: e dicano alto al loro grande ed infelice Paese che il patto onde esso vuol essere condotto ad unità e stabilità, non può cementarsi né con odî né con egoismi di classi, sì bene con la mutua e cristiana carità che  tutti i cittadini affratelli in reciproco aiuto, collaborazione e rispetto».

fonte: https://www.radiospada.org/2014/08/degasperi-un-alfiere-dellanticristianesimo-prima-parte/?fbclid=IwY2xjawMRBJ1leHRuA2FlbQIxMABicmlkETB4VnZBYkVBdTJkNHhqUEZrAR5AkwzkBQyFEWKlWtJtbwfMrSGIRnEP6U1OA-zz9yZtHUkxwZ3K9GfwMzHlGQ_aem_zTqd6F_fZBpOlABCqk8NHg


sabato 15 giugno 2024

Ricorre oggi il genetliaco di un grande combattente: Léon Joseph Marie Ignace Degrelle.


Nato il 15 giugno 1906 a Buglione, una cittadina dell'Ardenna belga: la sua famiglia era di origine francese. Suo padre, Édouard Degrelle, era un birraio che si trasferì in Belgio dalla Francia nel 1901. Dopo un’adolescenza idilliaca nella pittoresca regione delle Ardenne, compì i suoi studi presso i Padri gesuiti e poi si iscrisse all'Università di Lovanio. Qui conquista il dottorato in diritto. S'interessa però a tutte le discipline intellettuali: amplia i suoi studi universitari, nella Facoltà di Scienze Politiche e Sociali; si interessa d'arte e d'archeologia, nonché della filosofia tomistica.
La giovinezza di Degrelle fu ricca di avventure. A soli vent'anni, era già proprietario di un settimanale e autore di cinque libri. Profondamente devoto al cristianesimo, si impegnò attivamente nell'Azione Cattolica, diventandone un fervente condottiero. La sua vera passione, tuttavia, era la politica: mirava a conquistare le masse, in particolare quelle marxiste, per convertirle al suo ideale di una trasformazione politica, sociale e, soprattutto, spirituale della società. Aspirava a elevare il popolo, a creare uno Stato forte, competente, responsabile e duraturo, sostenuto democraticamente da un consenso popolare consapevole e sensibile. Tenne più di duemila discorsi pubblici, sempre aperti al dibattito.
Degrelle intraprese una brillante carriera politica e militare. Nel 1932 sposò Marie-Paule Lemai, figlia di un industriale francese, e insieme ebbero cinque figli: Chantal, Anne, Godelieve, Léon-Marie e Marie-Christine. Fondò il movimento nazionalista belga di ispirazione cattolica conosciuto come "rexismo". Il 24 maggio 1936, il suo movimento ottenne un trionfo elettorale, conquistando 33 seggi tra deputati e senatori.
Il potere assoluto è ciò che cerca, in uno stile che ricorda il fascismo del tempo. L'Europa di allora era ancora confinata a nazioni gelose del loro passato, isolate dai vicini. Léon Degrelle guardava oltre. Da studente, aveva esplorato l'America Latina, gli Stati Uniti e il Canada; successivamente visitò il Nord Africa e il Medio Oriente. Conosceva l'Europa a fondo e credeva in un destino comune che un giorno l'avrebbe unita. Invitato da Mussolini, incontrò Hitler a Berlino e Churchill a Londra.
Si adoperò disperatamente, rischiando la sua carriera politica, per evitare che l'Europa precipitasse in un'altra guerra. Tuttavia, le rivalità e gli odi franco-anglo-tedeschi prevalevano. E da Mosca, Stalin mirava a sfruttare questi conflitti per imporre il comunismo in Europa una volta che fosse stata prosciugata.
La guerra scoppiò, iniziando in Polonia nel 1939, nell'Europa occidentale nel 1940, per poi diventare la Seconda Guerra Mondiale nel 1941.
Tutto cambiò. La bandiera con la svastica sventolava dal Polo Nord fino alla frontiera spagnola e alle coste della Grecia. Ma la guerra civile europea proseguiva tra tedeschi e britannici. Stalin, dal suo rifugio moscovita, attendeva il momento per porre fine al conflitto e raccogliere i frutti. Hitler lo anticipò, invadendo l'URSS il 22 giugno 1921. Per l'Europa era un tiro di moneta: vincere Hitler o Stalin.
Fu allora che migliaia di giovani volontari da tutta Europa si alzarono, comprendendo che il destino delle loro nazioni era in gioco. Alla fine, furono 600.000 europei, non tedeschi, a combattere sul Fronte Orientale, portando decine di divisioni in più alla Waffen SS.
La Waffen SS era l'esercito d'assalto europeo, sia ideologico che militare. I tedeschi, 400.000, erano in minoranza. Era, per la prima volta, un vero esercito di un'Europa unita, forte di un milione di giovani combattenti.
. Ognuna di quelle divisioni è destinata a fornire al suo popolo, dopo le ostilità, una struttura politica liberata dai nazionalismi ristretti. Tutti conducono la stessa battaglia.
Tutti hanno la stessa ideologia. Tutti vogliono lo stesso assembramento. Tutti sono diventati camerati. Di tutta la guerra europea 1940-1945, il fenomeno Waffen S.S. è il fenomeno politico-militare meno conosciuto, e, forse, il più importante.
LEON DEGRELLE ne fu uno dei guerrieri più famosi. Partito soldato semplice, guadagnando tutti i suoi gradi, da caporale a generale, per «meriti eccezionali in combattimento», conducendo 75 a corpo a corpo, ferito numerose volte, decorato con le più alte onorificenze: il collare della Ritterkreuz, le Fronde di Quercia, la Croce d'Oro Tedesca, il distintivo d'oro dei combattimenti ravvicinati, la Medaglia d'Oro dei Feriti, ecc.
Nel corso della notte che segui la fine della Seconda Guerra Mondiale, LEON DEGRELLE riuscì a sfuggire alla capitolazione superando l'Europa intera in aereo, mitragliato lungo più di duemila chilometri, per schiantarsi, gravemente ferito, davanti il porto di San Sebastian in Spagna.
E' vissuto sino alla fine del marzo 1994, in esilio, a Malaga, in una casa in cui la storia e l'arte si accoppiano. Per lui, non vi è politica senza conoscenza della Storia, non vi è elevazione dei popoli senza partecipazione alla bellezza. Dovunque, da lui, il passato più esaltante e la perfezione delle forme alimentano l'ispirazione.
L'opera di LEON DEGRELLE fu sempre epopea e poesia. Ad ognuno dei suoi passi, la grandezza di Roma, i suoi marmi, i suoi bronzi, i suoi vetri lievi ed armoniosi lo accompagnano. E la grazia dei colonnati arabi. E la gravità dell'arte gotica. E la sontuosità del Rinascimento e del Barocco. E la gloria delle sue bandiere.
Onore alla sua memoria!
Tutte le reazioni

mercoledì 24 aprile 2024

25 APRILE 1945



STORIA:

Il 25 aprile 1945 non ci fu alcuna insurrezione nelle grandi città, a cominciare da Milano, dove i fascisti inquadrati in piazza Dante e in piazza S. Sepolcro, lasciarono indisturbati la città verso le 5 del mattino dell’oramai 26 aprile.
Il CLNAI ,che doveva subentrare nella autorità di governo, uscito dai comodi rifugi curiali, per mancanza di uomini dovette far occupare le sedi governative, a cominciare dalla Prefettura di Corso Monforte lasciata da Mussolini, da reparti della Guardia di Finanza, passata all’ultimo minuto con la cosiddetta Resistenza.
Di partigiani: neppure l’ombra.
Tutti gli storici seri, hanno potuto accertare, anche con testimonianze di persone del posto e non politicizzate, che il 25 aprile la vita in Milano proseguì tranquilla, cinema e ristoranti compresi, per tutto il giorno, anche se il fantasma del CLNAI aveva proclamato l’insurrezione, ma tranne alcuni scioperi tranviari e negli uffici pubblici, qualche agitazione nelle fabbriche di periferia, qualche sirena che veniva messa in azione, nessuno se ne era accorto.
Oggi sappiamo che tutti i presunti resoconti di gesta partigiane, in quel giorno, sono pure invenzioni, che le foto, fatte a posteriori, con partigiani armati di tutto punto che fingono di affrontare un inesistente nemico, sono scenografie da set, che anche il giorno dopo, il 26 aprile, in una Milano dove oramai i fascisti se ne erano andati verso Como, alcuni gruppi di partigiani , si azzardarono a mettere fuori la testa e a presidiare alcune grandi strade, ma in genere la città non li vide proprio, tanto che ci furono vari fascisti che vi capitarono a passare, anche in camicia nera, e non furono per nulla disturbati.
Solo il 27 aprile, arrivarono in Milano, assieme ad alcune avanguardie delle truppe Alleate, alcune “divisioni” di brigate Garibaldi e simili, tutte in divise nuove fiammanti di marca americana, ad attestare che questi “eroici” partigiani, fuggiti in montagna proprio per evitare di fare la guerra, di fatto non l’avevano fatta proprio.
Fu allora che le file della Resistenza si infoltirono dei cosiddetti “partigiani dell’ultim’ora”, quelli che si iscrissero ai CLN sui banchetti di strada e nelle sedi improvvisate, e nel clima festaiolo divennero tutti partigiani. In seguito si iscrissero alle associazioni partigiane: sono quelli che poi andavano dicendo: “io ho combattuto contro i fascisti” e ci rimediarono anche qualche pensioncina resistenziale.
Questa è la verità storica di un inesistente 25 aprile quale giorno di “liberazione”.
Ma quel giorno, simbolicamente, avvenne invece, questa si, la fine della nostra patria occupata, da allora e per sempre, dallo straniero.
gli alleati imposero le loro leggi, pretesero l’abolizione delle grandi riforme sociali della RSI e la riconsegna delle imprese nelle mani degli industriali, imposero al nostro paese l’adeguamento al sistema finanziario occidentale, un sistema di usura e rapina,
i esportarono la coca cola, lo chewing-gum, i flipper e con essi il vizio, le droghe, la corruzione, ma soprattutto il modello way of life americano che è significato la fine di tutte le nostre culture e tradizioni.
E da quel 25 aprile 1945 non ci siamo più liberati, anzi oggi con 113 basi straniere sul nostro territorio, abbiamo perso ogni minimo residuo di sovranità nazionale.
Possono quindi festeggiare questa fittizia data del 25 aprile tutti i democratici, i degenerati, le destre reazionarie, e accozzaglie simili.
ridicolo è invece il festeggiamento delle sinistre, quelle che si spacciavano per comunisti: per loro il 25 aprile con l’arrivo delle truppe americane era la liberazione, un momento dopo gli americani diventarono gli imperialisti da combattere.
E questo fino a quando quel “mondo occidentale”, che loro stessi avevano contribuito ad affermare, non li ha totalmente fagocitati, trasformati in compagni al caviale, poi in neoradicali, quindi in liberal, e addio comunismo: svampito, imploso con tutta la sua utopia.
Ci sarebbe da chiede ai “compagni”: 25 aprile, ma che cazzo vi festeggiate?!

Maurizio Barozzi

sabato 23 marzo 2024

Il vile attentato del 23 marzo 1944 in Via Rasella, ove le vittime furono solo cittadini italiani, anche secondo "dettagli" confortati di recente dal giornalista Luigi Sardi

A ottanta anni dal vile attentato di VIA RASELLA, propongo la interessante lettura di questo testo redatto dal Prof. Antonio Pantano.

Desumo dal citato lavoro del giornalista Luigi Sardi per specificare che il vile attentato dinamitardo, a scopo di massacro di inermi, organizzato ed imposto - per mia convinzione basata su dati storici razionali, vertenti sul totale dominio degli Alleati su ogni attività "clandestina partigiana proditoria" - dai servizi segreti Alleati a Roma, il 23 1944, nella centralissima via Rasella, si prefisse di provocare, e provocò, numerose vittime. Solo cittadini italiani. Tra questi, 33 morti indossando la divisa militare della gendarmeria germanica di riserva, erano italiani anagraficamente.

Luigi Sardi, con correttezza rara nel giornalismo italiano, fotograficamente riproduce nello intero secondo capitolo la pubblicazione, èdita da "Alto Adige - Corriere delle Alpi" nel 1979, redatta da Umberto Gandini, col titolo "Quelli di via Rasella - La storia di sudtirolesi che subirono l'attentato del 23 matzo 1944 a Roma"

Gandini, 35 anni dopo i fatti, riuscì ad intervistare alcuni superstiti dell'attentato, tutti residenti in Italia. E non solo sei di essi (Franz Bertagnoli di Caldaro, Konrad Sigmund di Luson, Franz Cassar di Termeno, Joseph Praxmarer di San Giacomo, Peter Putzer di Varna, Sylvester Putzer di Varna), ma i documenti riguardanti i 33 assassinati proditoriamente - i nomi dei quali sono oggi esposti solo in elenco affisso nel santuario cattolico alpino di Pietralba, nel comune di Nova Levante, in provincia di Bolzano - confermano che tutti furono cittadini italiani praticanti fluenti parlate italiana e tedesca, tanto che, da giovani, adempirono la leva militare nello esercito italiano in Italia e nelle colonie italiane d'oltre mare, e sempre ebbero nostro passaporto. 

La ferocia falsificatrice degli stolti antifascisti servili verso i nemici Alleati, ignorò le vittime civili italiane, pur ammettendo che tutte le vittime militari, inserite nella 10.a ed 11.a compagnia del battaglione Bozen proprio perché nati e residenti nella provincia italiana di Bolzano, erano di età matura ed avanzata (quasi tutti quarantenni) e marciavano senza armi addosso, perché riservisti con compiti ausiliari burocratici di polizia, dopo esercitazione mattutina, verso gli alloggi siti all'ultimo piano del palazzo del Viminale. Con lo stesso cinico criterio di falsità si tentò di far apparire sia i feriti (oltre ottanta, tea i quali molti mutilati irreparabilmente) che i morti come "poliziotti delle feroci SS", mentendo senza pudore per tentare di giustificare la destinazione "logica e antifascista" dello attentato, che fu attuato intenzionalmente per provocare la reazione (auspicata dagli attentatori e dagli organizzatori nella inevitabile grande quantità ed effetto) dei comandi militari germanici, secondo le leggi marziali vigenti in ogni Stato e Paese in guerra. 

Criterio che gli Alleati adottarono sistematicamente in maniera maggiore sulla base di 100 ostaggi contro ogni loro militare ucciso. Ma l'identica ferocia faziosa ha inventato, per fola retorica, la figura del maggiore Herbert Kappler [ Stoccarda, 23 settembre 1907 - Soltau, 9 febbraio 1978 ] come quella di un sadico aguzzino, indicato regista e partecipe di episodi degli accadimenti romani di guerra dopo 1'8 settembre 1943, sempre e solo indicato col suggestivo epiteto di "boia", certamente per sviare dalla realtà dei fatti responsabilità non consone ad un ufficiale germanico, che aveva modesto ruolo esecutivo nei servizi di polizia. Figura falsificata ribaltata dalle testimonianze non solo dei citati sei sopravvissuti, ma, per l'intero capitolo quinto che il prevenuto ed antifascista Luigi Sardi ha pubblicato, emerge come di indole contraria alla consolidata fama imbastitagli addosso, in spregio ad ogni verità. 

La figura di Herbert Kappler è stata creata artificiosamente dopo il 1945 da falsari della storia prezzolati (identici a coloro che vilmente fomentarono l'assassinio bestiale del dottore Donato Carretta, direttore delle carceri romane di Regina Coeli, eseguito il 14 settembre 1944 a furor di popolo aizzato da mestatori provocatori comunisti sotto gli occhi compiaciuti delle autorità militari Alleate, e della loro gendarmeria, che su Roma imperavano in regime di occupazione).  

Ancor oggi qualche mentecatto addebita a Kappler ruoli, iniziative e potere che mai ebbe e mai possibili per il suo grado militare di maggiore, a lungo portato, ed infine di tenente colonnello della polizia delle SS.

Per sminuire la portata vile dello eccidio criminale compiuto a Roma in via Rasella (ideato  e voluto dagli Alleati, mentre le loro numerose e ben munite truppe ristagnavano incapaci, bloccate. Battute e decimate sul fronte di Cassino e su quello tra Nettunia, Ardea e l'E42 alla periferia della Capitale, arginate da impari - assai minori nel numero e nella potenza degli armamenti - militari italiani e germanici) i gazzettieri e gli imbonitori di aneddoti successivi millantarono la storia in pedissequa linea con le disposizioni imposte dai loro soprastanti anglo-americani. 

Così si esaltò con enfasi solo la sofferenza ed il patimento delle 335 vittime (falsando e  prescindendo dalle ragioni giuridiche per le quali furono imprigionate, ad esse va rivolto ogni umano rispetto) sacrificate per rappresaglia legittima nelle cave di pozzolano  di Tor Marancia presso la via Ardeatina, negando e continuando a tacere ancor oggi persino i nomi di tutti coloro che, altrettanto incolpevoli ed ignari, militari comunque disarmati e civili, 24 ore prima perdettero la vita per azione vigliacca. A costoro mai alcuno della "ufficialità" civile e religiosa destinò un cenno di umana considerazione, giustificando con falsità il casuale ruolo di vittime nello assassinio in via Rasella.

Kappler trascinò l'intera esistenza fino al 15 agosto 1977, con trentennale detenzione in ergastolo isolato, nella ipocrita dannazione totale impostagli da faziosi bugiardi, inetti ad approfondire le verità storiche. Fu creato artificiosamente sul caso Kappler un "capro espiatorio" utile e necessario per tacere molte altre implicazioni di personaggi di basso cabotaggio che sui drammatici accadimenti di quei tempi hanno tratto lustro e vantaggi di carriera successiva. Ciò non solo nel campo italiano, ma anche in quello vaticano.

E la stessa dannazione perdurò ancor più dopo, oltre la morte avvenuta per cancro devastante il 9 febbraio 1978, finalmente libero, in Germania. 

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35 giorni dopo il noto politico Aldo Moro fu "sequestrato" in un feroce, cinico "gioco" dialettico partitico tra fazioni italiane, e tre esatti mesi dopo fu assassinato. O, come usano scrivere impropriamente i giornalisti italiani, "giustiziato".  

Ma dell'altro che Luigi Sardi ha trattato nel libro taccio per ora, specie in relazione a ciò che riguarda la vicenda della riserva aurea "italiana", essendomi ripromesso di trattare altrove, come ho fatto, sulla base di fondamenti inoppugnabili, a proposito dell'opera del ministro delle finanze della Repubblica Sociale Italiana prof. Domenico Pellegrini Giampietro, e circa la quale anche da Sardi vengono sostenute imprecise orecchiate e rimbalzate non verità. 


paragrafo liberamente estrapolato dal poderoso volume di "Antonio Pantano, EZRA POUND & Pellegrini, Ed. Vita NOVA, pagg.593-594-595."