martedì 28 ottobre 2003

Camerati, addio! Storia di un inganno, in cinquant'anni di egemonia statunitense in Italia

 
Dal n° 213 - Ottobre 2003 del Mensile “AVANGUARDIA”.
Vincenzo Vinciguerra
Edizioni di Avanguardia, Trapani, 2000, pp. 157, euro 11,00
«Il nostro Fascismo è anche quello della Scuola di Mistica Fascista di Gino Pallotta e di Berto Ricci i quali nulla chiesero durante il Ventennio, donando incondizionatamente la loro vita per il loro sogno»
Pagati per mentire, venduti per tradire!
(Una rilettura di "Camerati, addio!" di V. Vinciguerra)

La storia (così come gli umani eventi) il più delle volte si ripete. Per la maggior parte delle volte, come in questo caso, a fosche tinte. Chi però sa trarre un doveroso insegnamento quasi mai ne rimane vittima o, peggio ancora, unto e passivo spettatore. Colui che è saggio e desto sa come incanalare e disciplinare gli umani eventi, nonché lo scorrere temporale al fine di dominarlo e indirizzarlo verso un ben preciso fine.
Invece nell'ambiente della destra radicale il motto che la storia sia o dovrebbe essere maestra di vita non vale alcunché, anzi... A tal dimostrazione è doveroso sottolineare come sia recente la notizia, la realtà, di uno scritto (oggi si direbbe un pamphlet) pubblicato dalle edizioni di Ar dal titolo "Fogli consanguinei" (mai titolo fu più veritiero...).
Autore di tale scritto Angelo Buttafuoco, collaboratore del quotidiano di Giuliano Ferrara e vicino ad ambienti del centrodestra. Il testo ci appare come una insignificante melassa, un insieme di storielle ove si tenta, penosamente, di arzigogolare un senso spirituale e alternativo nel mezzo di dialoghi di bassa lega e niente altro. Ma non è assolutamente questo ciò che ci interessa. La nostra attenzione s'è indirizzata sull'autore dell'introduzione al testo. Indovinate un po', cari camerati, chi all'interno di un libro delle edizioni di Ar e cioè della editrice appartenente al soldato politico neonazista, nonché «guerriero di Hitler» (come lui si definì più volte) Franco G. Freda ha apposto la sua introduzione?
Beh, voi penserete certamente che esso sia un sodale delle edizioni di Ar o altro «guerriero di Hitler», perlomeno un personaggio appartenente a quel lignaggio spirituale facente riferimento ad un centro metafisico, ove a detta dello stesso Freda «non si fa politica ma si allevano anime». Invece no, cari camerati: scopriamo e decantiamo il nome di questo Platone del XXI secolo, esso è: Giuliano Ferrara!
Sì, proprio lui: il pachiderma giudeo che in passato, come da lui stesso dichiarato mesi fa, è stato un agente al servizio della CIA, già all'interno del vecchio PSI ed ora a pieno servizio come giornalista nella rete televisiva appartenente alla lobby giudaico-sionista di Mediaset.
Fu sempre Giuliano Ferrara, adesso ospite delle edizioni di Ar, a ribadire un concetto non proprio nazionalsocialista, quando spudoratamente affermò che la Fedeltà è un sentimento da poveri stupidi e, al contrario, il tradimento e l'inganno in politica rappresentano una virtù!
A tal punto mi sorge, spontanea, una riflessione.
Tutto coincide. Era vero, quindi, quando il camerata e soldato politico (lui sì per davvero) Vincenzo Vinciguerra affermava che Franco Freda altro non era che «l'agente T», e cioè un appartenente ai servizi segreti in contatto con le forze NATO di stanza a Verona. Così come lo furono i Giannettini, i Soffiati, i Siciliano e i Digilio, tutti appartenenti all'ex-Ordine Nuovo del Triveneto. Tali personaggi prendevano ordini da un ufficiale yankee della NATO: David Carret. Guardate la coincidenza: un «guerriero di Hitler» che inneggia al sacrificio delle Termopili, che esalta la difesa del Bunker di Berlino assediato dalle orde giudaico-bolsceviche, che pone per inciso sulle proprie tessere il motto delle SS «II nostro onore si chiama fedeltà» (Mein Ehere iesst Treue), finisce per far porre l'introduzione a un libro edito dalla sua editrice ad un giudeo, spia reo-confessa della CIA, un ex-Lotta Continua al servizio d'un liberismo esasperato. Traete voi le conclusioni...
Nel momento in cui Vincenzo Vinciguerra parlava di questo «allevatore di anime» (forse di polli, vista la realtà umana ...), definendolo per quel che adesso dimostra di essere, tutti si laceravano le vesti (sì, proprio come i giudei nel tempio ...); le urla, gli strali, raggiunsero la volta celeste. Le maledizioni toccarono invece il più profondo degli inferi.
Ma agli ipocriti ed ai servi di tanti padroni, a voi più che le urla e gli strali si addice più la musica, la canzone di Caterina Caselli, quando cantava «La verità ti fa male, lo so».
Lo abbiamo scritto in passato e lo ripeteremo per il futuro: quest'ambiente nasce nei suoi vertici già manovrato e corrotto in partenza, da quegli stessi personaggi che ieri tiravano le fila e che oggi, dietro le quinte, continuano ad essere i leader ed i padroni di una realtà umana e politica che loro hanno saputo soggiogare prima e devitalizzare (di ogni contenuto politico-rivoluzionario) e depistare dopo.
Si comincia già con la nascita del MSI, voluta dal ministero degli Interni per controllare un ambiente politico ed umano che sin dal primo dopoguerra poteva risultare ostile agli interessi egemonici e continentali atlantici. Il MSI doveva essere, come finì per essere, il cane da guardia della classe media e del padronato in genere.
Per quello che riguardava i gruppi della destra extraparlamentare, essi avevano ai loro vertici personaggi in stretto contatto con i servizi segreti, il ministero degli Interni, il Viminale e le caserme dei carabinieri.
Negli anni '70 il ruolo della destra istituzionale ed extraparlamentare fu quello di depistare una realtà umana e politica verso i binari morti dell'anticomunismo, per il semplice motivo che i dettami degli Stati Uniti d'America e della NATO comprendevano in Italia delle strutture ed uomini pronti a fronteggiare una eventuale scalata elettorale al potere da parte del Partito Comunista.
A testimonianza di quanto affermo vi sono gli elenchi dei nominativi appartenenti all'organizzazione "Gladio" ove figurano i nomi di: Enzo Dontini, sigla 0415; Marco Morin, sigla 0433; Gianni Nardi, sigla 0565; Manlio Portolan, sigla 0433; Luigi Zorzi, sigla SA/336; Marco Zorzi, sigla 0493; Gianni Colombo, sigla 0669. Questi sono soltanto alcuni dei nomi di personaggi che tradivano sapendo di tradire, che collaboravano con quel nemico che anni prima aveva invaso l'Europa, bombardato le città e distrutto il nostro mondo.
Non sono stati camerati che hanno sbagliato; erano invece individui che in piena coscienza fingevano di essere quello che non sono mai stati, e cioè: fascisti! Individui che hanno determinato la fine di un mondo e che armi e bagagli hanno accettato di porsi al servizio di chi invece era il loro reale padrone. Se ieri era il comunismo il nemico della destra atlantica di servizio, oggi il nemico è l'Islàm.
Ponete attenzione di quale parabola discendente è stato autore il «guerriero di Hitler». Nel 1969 pubblicò il testo "La disintegrazione del Sistema" nel quale si propugnava un modello di Stato comunistico e spartano rifacentesi alla "Repubblica" di Platone. Tempo dopo, invece, l'«allevatore di anime» propugnò il più bieco ed ottuso movimento anti-immigrazione. Un tempo affermava che l'Europa non possedeva più i suoi princìpi tradizionali in quanto «una puttana che ha concepito ogni forma di sovversione» e il difenderla era un atto inutile; mentre l'altro ieri propugnava di salvarla dalla «invasione allogena» che, a proprio dire, era in assoluto la necessità prioritaria. Lo affermavo prima e lo ripeto adesso: la storia deve essere maestra di vita, altrimenti...
"La disintegrazione del Sistema", siamo portati a credere, fu concepita come una abile finzione rivoluzionaria, dato che servì per l'operazione di infiltrazione a sinistra partorita nelle menti dell'intelligence statunitense a Berna nel 1964 con l'operazione «manifesti cinesi». In quegli anni nascono gruppi nazi-maoisti, manifesti che inneggiano ed esaltano, in funzione antisovietica, la figura di Mao vengono affissi nei muri di alcune città non da militanti comunisti, ma da miliziani neonazisti sotto la copertura dell'allora capo della polizia Umberto Federico d'Amato e la supervisione del senatore del MSI Mario Tedeschi.
"La disintegrazione del Sistema" venne dato alle stampe nel 1969 ed a distanza di 34 anni il «guerriero di Hitler» nei suoi libri permette di scrivere a chi ha ammesso di avere lavorato per la CIA. Il mosaico quadra.
Destra istituzionale ed extraparlamentare, legami coi servizi segreti, manovalanza nelle stragi (soprattutto in quella di Piazza Fontana, della quale parleremo in seguito), destabilizzazione dell'ordine sociale per stabilizzare quello politico. Ed a proposito delle stragi avvenute in Italia desidero riportare cosa si scriveva su di un bollettino interno del Centro Ordine Nuovo, o, meglio il Quaderno n°1. Il saggio è significativamente titolato "La guerra rivoluzionaria" (1). In esso è scritto:
«Per la conquista totale delle masse la dottrina della guerra rivoluzionaria prevede, oltre che il ricorso alla azione psicologica, il ricorso a forme di terrorismo spietato ed indiscriminato. Si tratta cioè di condizionare le folle non solo attraverso la propaganda ma anche agendo sul principale riflesso innato presente tanto negli animali quanto nella psiche di una grande massa: la paura, il terrore, l'istinto di conservazione. Occorre determinare tra le masse un senso di impotenza, un senso di acquiescenza assoluto un rapporto all'ineluttabile destino di vittoria delle fazione rivoluzionaria. Inoltre, il terrorismo su larga scala attuato tra le fila delle forze incaricate della repressione del movimento rivoluzionario genera sempre disagio, stanchezza, insicurezza, determinando così condizioni favorevoli alla propaganda disfattista. Una attività terroristica di questo genere tende anche ad esasperare l'avversario per costringerlo ad azioni di rappresaglia sempre odiose ed antipopolari, anche se giuste e che pertanto, alienano il favore e la simpatia di larghi strati della popolazione. Abbiamo accennato al terrorismo indiscriminato e questo concetto implica, ovviamente, la possibilità di uccidere, o far uccidere, vecchi, donne e bambini. Queste forme di intimidazione terroristica sono, oggi, non solo ritenute valide, ma, a volte, assolutamente necessarie per il conseguimento di un determinato obiettivo».
Non credo che ci sia bisogno di alcun commento a quanto abbiamo appena riportato.
Il soldato politico Vincenzo Vinciguerra affermava che lui il fascismo mai lo aveva trovato nella palude putrescente della destra radicale. Il suo fascismo lo aveva trovato sui libri e lo aveva successivamente visto concretizzarsi come testimonianza nelle croci dei cimiteri, dove la Fedeltà ad una determinata concezione del mondo aveva trovato compimento.
Il fascismo espresso da Vinciguerra (come quello per quanto riguarda noi della Comunità Politica di Avanguardia) è quello delle Brigate Nere dell'immenso Alessandro Pavolini, come quello dei soldati della RSI che bloccarono l'avanzata degli statunitensi ad Anzio e Nettuno ed in Garfagnana e non certo quello del principe Junio V. Borghese e della Xª Mas, con tutto il rispetto per il valore militare del Corpo. Il nostro Fascismo è quello della Divisione SS Hitlerjugend che inchiodò sul terreno della Normandia, fino all'ultimo soldato, le armate mercenarie anglo-giudaico-statunitensi che avevano appena invaso l'Europa, il nostro Fascismo è quello della SS Charlemagne che fino ai primi giorni del maggio 1945 resistette a difesa del bunker di Berlino. Il nostro Fascismo è quello di Corneliu Zelea Codreanu e della Legione dell'Arcangelo Michele; il nostro Fascismo è quello di Josè Antonio Primo de Rivera e della sua Falange e per nulla, per niente, quello del borghese-reazionario, servo degli USA, Francisco Franco.
Il nostro Fascismo è anche quello della Scuola di Mistica Fascista di Gino Pallotta e di Berto Ricci i quali nulla chiesero durante il Ventennio, donando incondizionatamente la loro vita per il loro sogno. Il Fascismo dei Drieu la Rochelle, dei Brasillach, il Fascismo «immenso e rosso», rivoluzionario e spirituale.
Quello stesso Fascismo che ci fece commuovere quando vedemmo la trasmissione televisiva "Combat Film" (spezzoni cinematografici girati dalle truppe giudaico-statunitensi nella Seconda guerra mondiale) ove vedemmo un ragazzo dei "Battaglioni M", appena 18enne, posto dinanzi al plotone di esecuzione. Egli, negli istanti precedenti la morte, rideva e guardava con scherno chi gli stava di fronte. Per noi il conflitto che si è esteso tra il 1939 ed il 1945 non è finito; noi siamo ancora sulle barricate, contro i nemici di sempre: i giudei ed i loro servi USA, per vincere! Fu quella la guerra del sangue contro l'oro, e per quel che ci riguardo lo è ancora.
Quella guerra che, invece, per molti presunti neofascisti non solo è già terminata, ma neanche mai iniziata... Quegli stessi neofascisti che si sentono fieri e tronfi dei propri raggiri e tradimenti e soprattutto (come afferma Giuliano Ferrara, l'amico dell'«allevatore di anime») al di sopra di «stupidi sentimenti», quali la Fedeltà e l'Onore. Per quella Fedeltà e quell'Onore, che voi avete tradito, centinaia di migliaia di ragazzi sono morti, ma la loro morte non è stata vana. Essi ci hanno lasciato una testimonianza che ci impone che anche dinnanzi alla fine di tutto ci può, anzi ci deve essere, orgoglio e fierezza da parte di chi ha la consapevolezza di appartenere a quella barricata, dove la verità è l'unica componente.
Traditori! Abbiate almeno il coraggio, come testimonianza della vostra infamia e dell'altrui grandezza, di guardare almeno una volta la fotografia del volto del federale di Torino Giuseppe Solaro, nel momento in cui le bande partigiane piemontesi -su ordine dell'ex-presidente della repubblica Scalfaro- stanno per compiere l'esecuzione.
Guardate il viso e gli occhi di Solaro, il suo sorriso, la sua espressione di scherno e di disprezzo verso i propri carnefici. Voi che in vita siete stati tanto legati alla vostra miserabile esistenza, guardate il volto di colui che in nome del giuramento, che voi avete tradito, ha saputo combattere e morire. Certo voi siete vivi e ...liberi. Proprio sul concetto di libertà pongo fine al mio articolo.
Per voi la libertà è un atto vegetativo, ove poter espletare nel miglior dei modi possibile le «facoltà» della bestia umana e null'altro. Per noi la libertà è cosa ben diversa. E mai persona, o meglio camerata, ha spiegato e rappresentato il significato di libertà come Vincenzo Vinciguerra. Un camerata, un vero soldato politico. Certo, per voi, solo un ergastolano, un "41 bis".
Ed allora ascoltate voi tutti cos'è ora e cosa sarà sempre per noi la libertà: «Mi alzo, mi avvicino alle sbarre di cemento armato della mia cella di Sollicciano e guardo il mondo di "fuori", la strada lontana con i suoi camion, le sue macchine, i suoi viaggiatori frettolosi: li immagino che guardano di sfuggita il carcere con le sue mura, le sue torrette, le sue guardie e le sue sbarre, con il brivido di piacere di chi è libero, corre nella sua macchina, legge il suo giornale, beve il suo caffè nel bar preferito, torna da una moglie ed è contento della sua libertà. E sorrido pensando a quello che avevo e ho perduto e a quello che perdendo ho ritrovato: la mia libertà».
Massimiliano De Simone
Note:
(1) Cfr. Giuseppe De Lutiis, "II lato oscuro del potere. Associazioni politiche e strutture paramilitari segrete dal 1946 a oggi". Editori Riuniti, Roma 1996