domenica 28 gennaio 2001

Camerati, addio. Storia di un inganno in cinquant'anni di egemonia statunitense in Italia

Dal n° 180 - Gennaio 2001 del Mensile “AVANGUARDIA”.

Vincenzo Vinciguerra
Edizioni di Avanguardia, Trapani, pag. 157, Lire 20.000

Con la pubblicazione di "Camerati, addio", “Avanguardia” giunge, diciamo così, all’«epilogo» dell'opera di denuncia e di revisione del neofascismo italiota che, nel dopoguerra, tutto ha bruciato e tutto ha cancellato al fine di servire gli interessi degli USA e delle sue strutture militari e di spionaggio nel territorio coloniale. Si tratta di un'ulteriore, articolata e lucida, documentazione con la quale il camerata Vincenzo Vinciguerra inchioda e crocifigge, alle proprie responsabilità di ruffiani e di spioni, i vertici e le organizzazioni del così definito «neofascismo atlantico di servizio»; ossia quella componente che ha disonorato e tradito le potenzialità rivoluzionarie del Fascismo anti plutocratico e anticapitalistico, lasciandolo a solo vuoto contenitore di un nazionalismo e di un anticomunismo utili di fatto a rinsaldare l'egemonia colonialistica degli Stati Uniti d'America nell'Italia, alla fine del secondo conflitto mondiale.

«Attraverso la sua personale esperienza militante», riportavamo in un articolo di Maurizio Lattanzio, in “Avanguardia” nel 1993, recensendo “Ergastolo per la libertà”, «Vinciguerra ricostruisce, con indubbia attendibilità ed apprezzabile accuratezza, il significato politico che identifica la cosiddetta "strategia della tensione". Quest'ultima, infatti, porrà in evidenza, al di là della buona fede dei pochi o tanti “camerati”, il preesistente rapporto organico di “collaborazione” intercorrente fra taluni individui funzionalmente “piazzati” nelle diverse formazioni dell'estrema destra e i servizi segreti italioti e, più ampiamente, occidentali».

Questo nuovo libro di Vinciguerra (il terzo dopo “Ergastolo per la libertà” e “La strategia del depistaggio”), infatti, traccia la storia della nascita del MSI quale struttura di irretimento e di ingabbiamento voluta dal Ministero degli Interni per tutti quei (neo)fascisti che, dopo la sconfitta militare in guerra, avrebbero potuto continuare la battaglia politico-rivoluzionaria del Fascismo contro gli americani ed i loro fidi servi che, con lo scudo crociato, avevano appena impiantato un regime su basi criminali e mafiose.

Come afferma lo stesso autore, «Il MSI viene creato ad arte con la collaborazione dello Stato Maggiore badogliano e dei servizi di sicurezza; nella sua creazione fu attivamente partecipe il SIM (Servizio informazioni militare) con la supervisione dell'OSS, il servizio statunitense antesignano della CIA».

L’esperienza maturata in dieci anni col mensile “Avanguardia” -dopo la nostra fuoriuscita dal MSI, nel luglio del 1991- e in oltre 15 anni col MSI-DN, non fa altro che convalidare totalmente la tesi di Vincenzo Vinciguerra, pur se, la nostra, è stata un'esperienza vissuta qualche decennio più tardi.

Sia all'interno delle strutture del MSI, che fuori di esso, abbiamo potuto constatare come l'esperienza dottrinaria sociale e rivoluzionaria, anti plutocratica ed antigiudaica, che è alla base del Fascismo sia stata, e continua ad essere, lontana anni luce dalle campagne di pura azione propagandistica del neofascismo contiguo al Sistema.

«Ancora nel 1973 - afferma Vincenzo Vinciguerra [1]-, Giorgio Almirante, nella sua autobiografia, ribadiva la validità della scelta facendo discendere la sua adesione di aderire alla Repubblica di Salò, nell'ottobre del 1943, non dal discorso di Benito Mussolini, dopo la liberazione dal Gran Sasso, e, tantomeno, dall'appello di Alessandro Pavolini, ma dal discorso tenuto da Rodolfo Graziani, a Roma, al Teatro Adriano, nei primi di quel mese di ottobre ...».

Negli anni, le pulsioni vitalistiche e ribellistiche, esistenti nello sgangherato arcipelago del neofascismo, sono state sempre indirizzate verso una logica reazionaria di puro sostegno all'Occidente plutocratico-borghese, dal momento che non è mai esistita alcuna strategia politico-rivoluzionaria che abbia colto l'essenza rivoluzionaria del Fascismo e portato i militanti ad uniformarsi per una battaglia politica nella prospettiva «dinamica» della lotta al Sistema per l'annientamento del Sistema, identificato nella società moderna giudaico massonica, con tutte le proprie peculiarità mercantilistiche ed economicistiche, laiche e di sfruttamento, divergenti col mondo della Tradizione e con i postulati dottrinari dei Fascismo.

L'abbiamo constatato quando, con “Avanguardia”, abbiamo delineato il progetto politico-culturale di alternativa rivoluzionaria al Sistema, denominato Eurasia-Islam: caduto il «fronte» bolscevico, caratterizzato dalla Russia sovietica e dai suoi satelliti, si prospettava in tutta la sua interezza la possibilità, per l'estrema destra, di scagliarsi contro il nemico principale, rappresentato dall'ideologia mercantilista dei capitalismo sfruttatore.

Niente di tutto ciò! Ne abbiamo avuto prova a Pacentro, nel giugno del 1992, quando più realtà militanti (c'era Tilgher e c'erano gli skin di Milano, c'era il «sacrestano» Marzio Gozzoli e c'era Costa di Cento, oltre a un centinaio di camerati di tutta Italia) si sono ritrovate a discutere il nostro progetto, scegliendo di fatto di posizionarsi ancora una volta a guardia dell'Occidente capitalistico, caratterizzato dalla matrice giudaico-statunitense contro l'Islam Rivoluzionario e Tradizionale, antigiudaico e antistatunitense, contro la Repubblica Islamica dell'Iran e contro le masse degli sfruttati e dei diseredati dei pianeta, col pretesto della salvaguardia dell'Occidente eurocentrico, bianco e giudaizzato, per sostenere un fronte anti-immigratorio ed anti-islamico già tracciato dalle centrali dei potere colonialistico delle multinazionali e della grande banca. Il progetto Eurasia-Islàm non solo non è stato accettato, ma è stato «sabotato» ed ostacolato dai collaborazionisti sistemici operanti nelle parodistiche strutture dei neofascismo di servizio.

In questa maniera l'estrema destra italiana, come dei resto era già avvenuto abbondantemente negli anni dei dopoguerra, tenuta a guinzaglio da individui già segnati da una consapevole e supina collaborazione con le strutture poliziesche dello stato antifascista e con le strutture di spionaggio dei nemico invasore, ha mostrato tutta la propria attitudine a svolgere un'azione di propaganda, che non è politica d'avanguardia rivoluzionaria, sociale e popolare, ma mera opera di polizia ausiliaria dell'Occidente plutocratico-borghese (vedi le guardie «verdi» di Bossi al servizio dei piccolo-borghesi della Padania ...), per offrire sicurezza (sic!) alle città, della porcilaia consumistica occidentale, attraverso le ronde anti-immigrati ed anti-droga, anti-scippatori ed anti-prostitute, che nulla hanno a che fare con le esperienze rivoluzionarie, di portata epocale, del Fascismo, della Repubblica Sociale Italiana e del Nazionalsocialismo.

Di queste esperienze rivoluzionarie il «neofascismo atlantico di servizio» non ha «colto» nulla, se non la inflazionata corsa all'anticomunismo e la sudditanza alle conventicole giudaico-cristiane, un vago sentimento cavalleresco e un richiamo verso il tricolore che, per la verità, ha forte coloritura di impronta massonica e di quell'antifascismo sabotatore e vile, che trova origine nella dinastia dei Savoia.

Quello che in queste pagine da anni abbiamo contrassegnato come «neofascismo atlantico di servizio», è la «... risultante funzionale del processo di diversione strategica che ha prostituito il neofascismo italiano alle esigenze “equilibratrici” -prima anti-sovietiche e oggi anti-islamiche- dell'ordine atlantico giudaico-occidentale. Il neofascismo italiano, fin dagli inizi del secondo dopoguerra, è stato “convertito” in struttura operativa collaborazionista del Sistema giudaico-mondialista, incaricata di controllare, contenere, neutralizzare e “divergere” le potenziali “pulsioni” antisistemiche “emergenti” dal luogo geometrico coincidente con l'estrema destra italiana». [2]

Riproponiamo queste nostre considerazioni ai camerati del «neonato» Coordinamento Antimondialista, affinché, una volta per tutte, questo paradossale ed infame equivoco venga dissipato.

Lo riproponiamo perché, ancor oggi, nello scenario multi degradato della «politica» italiana emergono dei fatti che, a fotocopia, conducono ad un periodo -quello della "strategia della tensione" e degli "opposti estremismi"- che ha disintegrato le opposizioni politiche rivoluzionarie antistatunitensi ed anticapitalistiche ed ha rinsaldato al potere il partito unico della borghesia, filo-atlantico e filo-giudaico, al servizio della usurocrazia cosmopolita internazionale.

Quanto ci ha riportato il camerata Vinciguerra, ulteriormente col libro "Camerati, addio", noi lo sottoponiamo quale base di confronto d'una riflessione politica comunitaria che deve coinvolgere l'intera comunità militante, dato che ogni ipotizzabile opera di ricostruzione, o di costruzione ex-novo, -a breve, medio o lungo termine- deve essere fondata su basi chiare, solide ed univoche.

«Dovevamo batterci contro le putride democrazie occidentali» [3], algidamente, afferma Vinciguerra all'epilogo di "Camerati, addio", «e, invece, avete scelto di sottomettervi ad esse, e avete coinvolto nel vostro voltafaccia storico e politico migliaia di giovani che avete ingannato nella maniera più ignobile».

Ma chiedetevi, camerati e Lettori del mensile “Avanguardia”, quale è stata la storia personale degli Almirante e dei Rauti, come degli altri «portieri» dei condomini inflazionati dell'estrema destra, legati a doppio filo col Viminale e col Comando generale dell'Arma dei carabinieri.

I due segretari dell'ex-destra nazionale - che non hanno aderito alla RSI per pura convinzione politica ai princìpi del Fascismo, ma per un vago senso dell'«onore»- hanno vissuto in parlamento a braccetto con la democrazia cristiana, elargendo suffragi per operazioni politiche funzionali alla burocrazia statale antifascista. Rauti, buon estimatore del massone Cossiga, dopo avere predicato per anni un antiamericanismo di facciata, nel 1991 ha mostrato tutta la sua reale attitudine di «teorico nazionalsocialista» non accennando a nessuna protesta, nel momento in cui reparti delle forze armate dello stato coloniale appoggiavano le armate mercenarie statunitensi, impegnate in quella che è stata l'aggressione criminale contro l'inerme popolo iracheno, nella guerra mondialista del petrolio.

Un po' più a destra, trenta anni di oscuri misteri e di inquietanti interrogativi che, in ogni caso, hanno pesantemente condizionato la vita politica di una nazione. Sostanzialmente, la contiguità di gruppi e di personaggi del neofascismo italiota ha radicato la presenza statunitense in Italia, disintegrando ogni velleità rivoluzionaria dello stesso, che legittimamente porta in sé tutte le potenzialità sociali e rivoluzionarie, dottrinarie e politiche, per costruire e condurre una battaglia di liberazione dal dominio e dallo sfruttamento giudaico-capitalistico.

Quanto «evocato» in “Camerati, addio”, suscita, afferma Vinciguerra - noi, concordiamo pienamente - «... più che ira e odio, tristezza e disprezzo (...) Avete creduto, camerati, che chi aveva scatenato una guerra mondiale, costata cinquanta milioni di morti, per imporre il suo dominio nel mondo e cancellare l'Europa, le sue ideologie, la sua cultura e la sua storia potesse veramente affidare a voi la reggenza di questo Paese? (...) vi hanno arrestati, processati, condannati e posti, come organizzazione, fuori legge. E avete taciuto. (...) Dovevate tacere, camerati, perché l'unica differenza fra tutti voi -missini, ordinovisti, avanguardisti, “spontaneisti”- risiedeva, eventualmente, nell'apparato dello Stato che vi utilizzava e vi manovrava, che vi usa e vi userà fino a quando non vi getterà via, fra i detriti del regime». [4]

Riteniamo che niente di più vi sia da aggiungere a quest'infamante equivoco...

Leonardo Fonte

Note:

1] Vincenzo Vinciguerra, "Camerati, addio", p. 31;
2] cfr. «Avanguardia», n. 133, gennaio 1997, p. 15;
3] op. cit. p. 143;
4] ibidem, pp. 141-147-148-149.

domenica 7 gennaio 2001

Renè Guènon

di DON CURZIO NITOGLIA


Introduzione

La persona e l’opera di Renè Guènon non possono essere indifferenti a chi si occupa di vera e falsa Tradizione.

Un vecchio adepto della scuola guènoniana, Jacques-Albert Cuttat ha definito la dottrina guènoniana: «un neo-tradizionalismo...come se Guènon avesse ripreso e inglobato in una conoscenza più vasta...dell’Oriente le tre tesi fondamentali del Tradizionalismo del principio del XIX secolo (specialmente di Joseph de Maistre e di Lamennais), vale a dire: l’Anti-razionalismo, l’Unanimità tradizionale come criterio di verità, e soprattutto il primato spirituale dell’Oriente» (1).

È noto che Guènon relativizza e riduce la Mistica cristiana (che d’altronde non è solo occidentale) a livello di sentimentalismo o devozionalismo (che nulla ha a che vedere con la vera Mistica, mentre ha dei punti di contatto con il faso misticismo). E ciò dimostra la scarsa conoscenza della Teologia ascetica e mistica cattolica da parte di Guènon stesso o il suo spirito anticristiano. Infatti nell’opera guènoniana i dogmi principali della Religione cattolica sono fraintesi e svuotati del loro vero significato. Guènon, imbevuto di esoterismo cabalistico e massonico, ha cercato di infiltrare negli ambienti cattolici tradizionali la falsa idea di una Tradizione primordiale universale e fondamentale che inglobi tutte le varie religioni, mantenendo segreta la sua affiliazione al Sufismo monista e alla Massoneria scozzese.

Con «Il Concilio Vaticano II, succede che l’intellighentzia cattolica...è orientata verso una prospettiva che tenga conto del desiderio di unità delle nuove generazioni. (...) di privilegiare i punti d’incontro...con le religioni non cristiane...Il tono non è più quello di confutare e di escludere, ma piuttosto di assumere la diversità del potenziale umano e del patrimonio religioso universale» (2). E così il Tradizionalismo massonico-esoterico ha abbracciato il Modernismo esoterico-massonico (3).

La personalita’ di Guènon

La più grande studiosa di Guènon, Marie-France James afferma che il suo carattere era caratterizzato da «nervosismo e sensibilità esasperati alle quali si aggiungono l’instabilità, l’impulsività e l’irritabilità...temperate da capacità intellettuale predisposta agli studi filosofici e religiosi. A tutto ciò occorre aggiungere una suscettibilità esagerata ed una forte sensualità» (4).

L’infanzia

Renè Guènon nasce a Blois, il 15 novembre 1886. Di salute cagionevole. compie i suoi primi studi in una scuola cattolica dove, malgrado le numerose assenze, diviene presto un allievo brillante. Nell’autunno del 1901, avviene un incidente piccolo in sè, ma molto significativo per quanto riguarda la sua personalità: Renè è il primo della classe ma il professor Simon Davancourt lo classifica secondo in un tema di francese. Renè ne fa una tragedia e deve mettersi a letto con una forte febbre, il padre lo ritira dalla sua scuola e lo iscrive al collegio Augustin-Thierry (5).

La James commenta: «Vediamo che già in seconda, Guènon ha un BISOGNO OSSESSIVO DI ESSERE IL PRIMO... Ed al rientro dalle vacanze... il nostro giovane perfezionista è sempre alle prese con la stessa ossessione, o meglio senso di colpa, lo stesso annichilimento... di non essere che il quarto... Irritato, il giovane Renè reagisce con una grande suscettibilità... ne seguirà una scenata, che agli occhi di alcuni avrà il suo compimento definitivo circa trenta anni più tardi, quando Guènon partirà per sempre verso le terre dell’Islàm» (6).

Appare evidente che il desiderio, anzi il BISOGNO di arrivare allo zenith, è una tendenza profonda della personalità di Guènon. (7). Essere nella media per lui significherebbe fallire; essere condannato all’imperfezione lo deprimerebbe.

Renè Guènon, oramai giovane baccelliere, conobbe il canonico Ferdinand Gombault dottore in filosofia scolastica, durante più di trent’anni, fino alla partenza di Guènon per il Cairo, questi due intellettuali mantennero contatti regolari, (entrambi erano partigiani dell’Action francaise) pur operando in due campi diversi, anzi opposti: il canonico, tomista stretto, si occupò dell’apologia del Cristianesimo; Guènon, influenzato da correnti massonico-occultiste, si volse verso la Gnosi. Secondo la James il canonico, come tutti gli amici cattolici di Guènon, ignorò almeno fino agli anni Trenta la sua scelta.

I maestri di Renè Guènon

Verso i vent’anni Guènon è introdotto alla Scuola Ermetica diretta da Papus (pseudonimo del dottor Encausse) e segue i corsi che vi sono dispensati. È ricevuto nell’ordine Martinista e nelle diverse organizzazioni massonico-occultiste annesse. Nel 1908 collabora alla preparazione del Congresso spiritualista e massonico, tuttavia tende ad allontanarsi dalla linea generale (qualificata da lui come materialista) degli ambienti occultisti del suo tempo; prende quindi posizione contro alcune idee di Papus.

L’ipotesi più probabile, senza prove determinanti, è che Guènon, al più tardi nel 1909 (epoca della sua elevazione all’episcopato gnostico sotto il nome di Palingenius) abbia beneficiato di decisivi contatti indù della corrente vedantista; sempre in questo anno si affilia alla Loggia massonica Thèbah (Gran Loggia di Francia) . Nel 1912 è iniziato al Sufismo e si sposa... con rito cattolico! Sempre lo stesso anno conferma la sua affiliazione massonica alla Loggia Thebah, filiale della Gran Loggia di Francia di Rito scozzese antico e accettato. Dal 1913 al 1914 collabora a La France chrètienne anti-maçonnique, sotto lo pseudonimo di Sphinx. Svilupperà proprio allora (da vera “sfinge”) una polemica con Charles Nicoullaud e Gustave Bord, collaboratori della Revue internationale des societès secrètes , attorno alla questione dei Superiori Incogniti.

Nel 1915 Guènon conosce una giovane studiosa tomista: Noele Maurice-Denis, che nel 1916 lo presenta a Jacques Maritain. Nel 1916 sospende la partecipazione attiva ai lavori della sua Loggia, lavori che aveva continuato a condurre anche durante la sua collaborazione a La France chrètienne antimaçonnique! Tale sospensione non fu una rottura, ma soltanto un “mettersi in sonno” tattico, in vista di «CONDURRE IL CATTOLICESIMO A CAUZIONARE UN’ELITE TRADIZIONALE, CHIAMATA A RITROVARE, A PARTIRE DA UNA PROSPETTIVA SINCRETISTICA, LA FONTE UNICA PERSA...: LA VERA CONOSCENZA METAFISICA, D’ESSENZA GNOSTICA. Ed è così che, fino agli inizi degli anni trenta, s’asterrà di trattare in maniera diretta ed aperta della Massoneria, limitandosi a deplorarne la degenerazione e a denunciare le tendenze anti-tradizionali di cui essa stessa era vittima» (8). Secondo Guènon il Cattolicesimo non è altro che una delle forme parziali e velate attraverso le quali la Tradizione primordiale e fondamentale si manifesta nella sua pienezza. Il Cristianesimo, per lui infatti, ha avuto alle origini un carattere esoterico-iniziatico «del quale poco si sa perchè le origini del Cristianesimo...sarebbero circondate da un’oscurità quasi impenetrabile. Oscurità...voluta da coloro che hanno guidato la trasformazione della Chiesa da organizzazione oscura e riservata...ad organizzazione aperta a tutti, prettamente essoterica... Tuttavia questa trasformazione del Cristianesimo in Religione essoterica, è stata provvidenziale, perchè il mondo occidentale sarebbe rimasto senza alcuna Tradizione se non vi fosse stata la Religione cristiana, poichè la tradizione greco-romana, allora predominante, aveva raggiunto una grande degenerazione. Il Cristianesimo raddrizzò il mondo occidentale, ma a condizione di perdere il suo carattere esoterico» (9).

Nel 1921 Guènon firma un articolo sulla Revue de philosophie d’ispirazione neo-tomista. Nel 1922 riprende l’insegnamento di filosofia presso un istituto dei Fratelli delle Scuole cristiane. Nel 1925 inizia a collaborare alla Revue universelle du Sacrè-Cœr, Regnabit, ma nel 1927 la colaborazione cessa, e riprende invece la polemica con la R. I. S. S. (10).

Gli ambienti cattolici dopo una breve esitazione, dovuta al carattere di “quinta colonna” dell’opera guènoniana di quegli anni, ne rifiutano le teorie, Guènon visto fallito il suo progetto d’infiltrazione emigra al Cairo. Tuttavia prosegue il suo compito di formare un’ èlite tradizionale occidentale nel tentativo di far convergere la metafisica orientale detta “universale” (o Gnosi esoterica) e il Cattolicesimo, identici nella loro sostanza (per Guènon). La Gnosi deve appoggiarsi sulla Tradizione fondamentale , che in sostanza è ovunque la stessa, malgrado le forme diverse che essa riveste quando si abbassa a religione, per adattarsi ad ogni razza ed ad ogni epoca. Lo scopo esoterico di Guènon è quindi di reinterpretare, abbassare, minimizzare e ricondurre il Cristianesimo ad un fondo comune “tradizionale” d’ispirazione gnostica, in quanto, se ha alle sue origini un carattere essenzialmente esoterico e iniziatico, dall’epoca costantiniana e dal Concilio di Nicea lo ha perso ed è divenuto una Religione nel senso proprio del termine, con i suoi dogmi, la sua morale universale e i suoi riti pubblici. Guènon nega perciò la divinità ed indefettibilità della Chiesa, la sua trascendenza riguardo alle altre culture, il valore universale del Vangelo, la comprensione immutata della dottrina evangelica così come è stata rivelata da Cristo. Ma come ha scritto la Maurice-Denis: «Certo la sua ignoranza, la sua incomprensione del cristianesimo erano totali» (11). Ma si trattava proprio d’ignoranza? Lo vedremo più in là.

Guènon e la “Revue Internationale des Sociètès Secrètes”
di monsignor Ernest Jouin

Monsignor Jouin, ultimo di cinque fratelli, nasce il 21 dicembre 1844 ad Angers. Di salute delicata ed orfano di padre a quattro anni, nel 1862 raggiunge suo fratello Amedeo presso il noviziato dei Domenicani di Saint-Maximin trasferito in seguito a Flavigny. Nell’agosto 1866 disturbi di salute l’obbligano a rinunciare all’austera vita domenicana; si reca perciò nel seminario di Angers, ove sarà ordinato sacerdote nel febbraio 1868. (12). Nel luglio 1882 è nominato parroco a Joinville-le-Pont (Seine) ove subisce gli attacchi degli ambienti anticlericali, comincia a conoscere così le prime lotte antimassoniche, nel 1910 acquista un’importante biblioteca massonico-occultista di circa 30.000 volumi e nel gennaio 1912 fonda la Revue internationale des sociètès secrètes , composta da una parte giudaico-massonica (la parte grigia) e da una parte occultista (la parte rosa).

«L’abbè Jouin credeva ad una volontà ebraica di dominio universale riassunta così: “ISRAELE È IL RE, IL MASSONE È IL SUO CIAMBELLANO E IL BOLSCEVICO IL SUO BOJA”. La sua tesi era...che Giudecca e Protestantesimo stessero dietro la Massoneria; che tutti e tre hanno lo stesso fine: la distruzione della Chiesa cattolica» (13). Creato Monsignore da Benedetto XV e Protonotario Apostolico da Pio XI, muore nel 1932 con la benedizione e l’approvazione pontificia della sua opera che perdurerà fino al 1939, la sua causa di beatificazione è stata introdotta a Roma da“gli amici Americani di mons. Jouin”(14).

Mons. Jouin non è il primo a sostenere la tesi dell’ispirazione giudaica della Massoneria. Nel XIX secolo era stato preceduto dall’abbè Barruel, Mons. Deschamps, Crètineau-Joly, Gougenot des Mousseaux, Mons. Delassus, Mons. Meurin. Partigiano di un Cattolicesimo integrale, era convinto che «i gruppi nazionalisti e fascisti sono impotenti da sè a guarire il male. La guerra è religiosa. La nostra conversione è l’unico rimedio» (15). Lui stesso aveva scritto: «Quando i cattolici non indietreggeranno più, quando si riforniranno di coraggio mediante la pratica delle virtù,...quando riprenderanno la via del sacrificio per seguire il loro Messia povero e sofferente, fino al Golgota, quando non mendicheranno più la loro salvezza a destra e a sinistra, ma formeranno il partito di Dio, come ha domandato Sua Santità Pio X, la questione ebraica sarà risolta. (...) Ma i cattolici si rendano ben conto che se danno la mano agli ebrei e se vivono in fondo come loro...preparano...il regno dispotico di un Kahal universale!» (16).

La R. I. S. S. (1912-1939)

La R. I. S. S. trattava gli aspetti esterni della Setta infernale nella sua parte grigia (giudaico-massonica); e quelli interni nella parte rosa (parte occultista). Era conosciuta nel mondo intero ed alimentata dalle informazioni di Mons. Umberto Benigni.fondatore del Sodalitium Pianum. Se nell’ordine cronologico Mons. Jouin poneva prima la critica dell’opera politica o esterna delle sette segrete, nell’ordine della dignità preferiva studiare la loro opera interna, esoterica, segreta. Era convinto, a ragione, che solo un motivo religioso e spesso preternaturale potesse spiegare completamente la frenesia di distruzione di ogni cosa buona che caratterizza il processo rivoluzionario, portato avanti dalle società segrete, all’origine delle quali vi è il Giudaismo post-templare, il cui padre, come ha rivelato Gesù, è il diavolo (17).

Renè Guènon polemizzerà proprio con la parte rosa della R.I.S.S. La tattica di Guènon nella lunga controversia che ingaggiò con la R. I. S. S. , era quella di discreditare i suoi collaboratori e di cercare di imporsi come l’unico competente in materia.

Divergenze nel seno del movimento antimassonico

Tra gli antimassoni vi è però una divisione: da una parte gli antimassoni nazionalisti (Copin-Albancelli e Clarin de la Rive) , che vogliono combattere la Setta solo su una base di difesa dei valori nazionali e patriottici; la lotta antimassonica deve per costoro essere essenzialmente politica o nazionale. Dall’altra gli anti-massoni religiosi (Nicollaud, Jouin, Benigni) secondo i quali la Massoneria è una “contro-chiesa”, che cerca di ridicolizzare le ricerche sull’elemento preternaturale nelle retro-Logge (si veda la manovra Taxil). Secondo Mons. Jouin per essere anti-massoni occorre essere cristiani, poichè la Massoneria è una scimmia di Dio e della Chiesa; Mons. Jouin si scontrerà con Copin-Albancelli e Clarin de la Rive, che secondo lui non erano avversari integrali del nemico; la sostanza della divergenza era il fatto che gli anti-massoni nazionali si rifiutavano di studiare l’influsso satanico nella direzione occulta della Massoneria. Fu così che il progetto di una federazione antimassonica fallì e che le polemiche tra anti-massoni continuarono, con gravi danni per la buona battaglia, alimentate da un nuovo venuto...il massone Renè Guènon, alias Sphinx.

La collaborazione del massone Guènon a “La France antimaçonique”

Nel 1896 Clarin de la Rive diventa direttore de La France chrètienne antimaçonnique, succedendo a Leo Taxil. A partire dal 1913 fino al 1914 il massone Guènon collabora a tale rivista! «A supporre che Clarin de la Rive non abbia avuto occasione di consultare i registri della Gran Loggia di Francia del 1912, tuttavia non ha potuto ignorare...la conferenza del massone Guènon su L’Enseignement initiatique, pubblicata in Symbolisme del gennaio 1913. La R. I. S. S. ne ha fatto menzione nel suo Indice documentario (Febb. 1913, pag. 561) » (18). Allora come spiegare la collaborazione di Guènon con Clarin de la Rive, proprio sul terreno antimassonico? Come mai Guènon potrà consultare col permesso di Clarin de la Rive il dossier sul caso Taxil (ex direttore de La France antimaçonnique) a partire dal quale argomenterà che asserire l’influsso del Satanismo sulla Massoneria è della contro-iniziazione, e che se esistono dei gruppi luciferiani e satanisti, sono ben lungi dalla Massoneria, che è un’organizzazione tradizionale che si vuol denigrare ad ogni costo. Sembrerebbe che Clarin de la Rive e gli amici cattolici di Guènon abbiano sottovalutato la sua iniziazione alla Setta, quasi che Guènon avesse rotto del tutto con la Massoneria.

Come molti, Guènon ha sfruttato la campagna anti-taxiliana, presendandosi come l’uomo della Tradizione che vuol rendere alla Massoneria il suo vero volto, sfigurato da Taxil, combattendo i massoni contemporanei per il loro “modernismo”, infedele alla vera vocazione iniziatica, affinchè la Massoneria potesse ridiventare ciò che non aveva mai cessato di essere virtualmente. Questo subdolo lavoro fu intrapreso su La France antimaçonnique, con la complicità (o la ingenuità) dei suoi amici cattolici.

Guènon astutamente voleva mutare dall’interno il pensiero antimassonico, ed inspirare una corrente cattolica favorevole alla Massoneria tradizionale, rivista e corretta alla luce della metafisica orientale, per cui: «Da una parte, bisogna riportare i massoni alla comprensione dei loro principii e alla coscienza delle loro funzioni e dall’altra fare ammettere ai cattolici che hanno torto a combattere la Massoneria in se stessa e che debbono, pur lottando contro i massoni degenerati, augurarsi la restaurazione di una Massoneria autentica» (19). E «dopo aver richiamato l’opinione già espressa da Joseph de Maistre affermava che: “Tutto annuncia che la Massoneria volgare è un ramo separato e forse corrotto di un fusto antico e rispettabile”, e che la Massoneria moderna non è che il prodotto di una deviazione» (20). Il colpo gli riuscì con Clarin de la Rive, ma trovò a sbarrargli il passo Mons. Jouin.

I “Superiori Incogniti”

Vi fu una lunga polemica tra Guènon, alias Sphinx, per La France antimaçonnique e Charles Nicollaud assieme a Gustave Bord per la R. I. S. S. riguardo alla questione misteriosa dei Superiori Incogniti, di cui Bord negava l’esistenza come semplici uomini in carne ed ossa. I Quaderni Romani, organo dell’Agenzia internazionale Roma, di Mons. Umberto Benigni, risposero (14 e 28 settembre 1913) che il giudizio di Bord era un po’ affrettato e che nessun argomento probante era stato presentato contro il potere centrale occulto ed umano della setta, che forse consisteva anche in un’intesa continua tra i capi per dirige la massa delle differenti sette, la più conosciuta e diffusa delle quali è la Massoneria. Charles Nicollaud rispose su la R. I. S. S. del 20 ottobre 1913, che se il redattore dei Quaderni Romani intendeva per capi uomini comuni in carne ed ossa si sbagliava. I Superiori Incogniti, per i veri iniziati, esistono, ma vivono nell’Astrale (sono Angeli decaduti o suppositi di Satana, cioè: uomini che si son votati anima e corpo al diavolo e che sono perciò il suo strumento privilegiato). Ed è di là che, mediante la magia, dirigono i capi delle sette, costituendo una specie di intesa continua tra i capi umani di diverse sette. Per Gustave Bord invece, siccome c’è rivalità tra i diversi riti massonici, non vi è nessun potere centrale umano (il che non esclude una direzione preternaturale). A questo punto scende nell’arena Guènon, alias Sphinx, ed asserisce che Nicollaud e Bord sono due anti-massoni ben strani, e attacca la tesi della “mistica” diabolica come radice della Massoneria. Guènon riabilita i Superiori Incogniti come gli ispiratori e i custodi dell’iniziazione e della Tradizione esoterica. Nel 1914 Bord risponde dalle pagine della R. I. S. S. che gli anti-massoni sono divisi in due campi: coloro che credono al potere centrale della Massoneria rappresentato da alcuni capi in carne ed ossa chiamati Superiori Incogniti o membri delle retro-logge; e coloro che credono che la Massoneria è condotta da un’idea nefasta e che i Superiori Incogniti sono il diavolo o i suoi suppositi. E lui si schiera con questi ultimi. Bord aggiunge che non ha mai trovato traccia di Capi umani supremi e conosciuti di tutta la Massoneria, anzi ha constatato l’esistenza del contrario: obbedienze massoniche in lotta tra loro, fondate da persone conosciute. Guènon ribatte che tale questione non può essere risolta da storici che pretendono di basarsi soltanto su fatti positivi, provati da documenti scritti, che i Superiori Incogniti hanno lasciato tracce ben precise della loro azione in parecchie circostanze, ma non dice quali e dove. Essi sarebbero degli enti liberi da questa vita, affrancati da ogni limite, stabiliti in uno stato incodizionato ed assoluto, in contatto diretto col Principio primordiale dell’Universo, degli enti in carne ed ossa che sono giunti alle più alte vette della realizzazione spirituale, dotati, secondo la Tradizione dell’estremo Oriente, di longevità, posterità, grande scienza e perfetta solitudine! I Superiori Incogniti sono i veri maestri del mondo e non uomini qualsiasi o comuni.

In breve mentre Nicollaud scorge un influsso preternaturale e diabolico sulla Massoneria; Guènon vi vede al contrario l’azione di un Principio trascendente che concorre alla piena realizazione spirituale. Per Nicollaud, Satana riassume il Potere occulto settario, mentre Guènon, mediante la teoria degli “stati molteplici dell’essere” (una sorta di intermediari astrali di derivazione cabalistica come le Sefirot) complica tutto, relativizzando la nozione d’individuo e soprattutto le categorie del bene e del male e fornisce una maschera al diavolo (21).

Di fronte a questa massa di argomenti il povero lettore di La France antimaçonnique non sapeva più dove sbattere la testa...Sphinx aveva ottenuto il suo risultato, aveva confuso le acque, seminato la zizzania tra antimassoni (servendosi persino dei Quaderni romani e cercando di metterli contro la R.I.S.S.); in breve aveva fatto opera di depistaggio.

Guènon e l’Istituto cattolico di Parigi

Nel 1915 Guènon consegue la licenza in lettere alla Sorbona, in autunno s’iscrive assieme al suo intimo amico Pierre Germain (affiliato anch’esso alla chiesa gnostica) al corso di filosofia delle scienze del professor Milhaud. Ivi come ho già detto, conosce una giovane tomista di diciannove anni, formata dal Padre Sertillange O.P. e da Maritain. Noele Maurice-Denis (più tardi in Boulet), che introduce Guènon presso Maritain nel 1916. Durante l’estate Germain, che aveva ritrovato la Fede a Lourdes, informa Noele Maurice-Denis sul passato di Guènon. Le dà la collezione completa de La Gnose . La Maurice-Denis anche se non condivide le idee di Guènon, ammira la sua chiarezza d’esposizione e la serietà del suo pensiero. Il fatto che fosse stato consacrato vescovo gnostico a ventitrè anni non la stupisce! Vi vede soltanto un errore di gioventù! La giovane tomista ignora, come il Germain, la “confermazione” o “cresima” massonica di Guènon presso la Gran Loggia di Francia e la sua iniziazione al Sufismo del 1912. Sa che Guènon non utilizza più l’oppio e l’aschisch come aiuto alla...“contemplazione”e questo le basta!

Nel dicembre 1916, Noele Maurice-Denis tenta di far pubblicare nella Revue de philosophie la tesi di Guènon: Padre Peillaube, direttore della rivista, era favorevole, ma Maritain no. Conosceva Guènon da sei mesi ed aveva capito quale fosse il suo orientamento filosofico, ma tutto ciò non scoraggiava la giovane e naive Maurice-Denis.

Introduzione allo studio delle dottrine indù

Nel giugno 1920 Guènon termina la redazione dell’ Introduction gènèrale à l’Etude des doctrines Hindoues e si mette alla ricerca di un editore. A tale scopo si mette in contatto con l’ebreo Levy-Bruhl. Porta quindi il manoscritto da Marcel Rivière che accetta di pubblicarlo. Nel febbraio 1921 Noele Maurice-Denis pubblica un articolo sulla natura della Mistica, ma in una lettera del 27 marzo Guènon riaffermerà la sua posizione secondo la quale la “metafisica” è qualcosa di più soprannaturale della Mistica! La Maurice-Denis attribuisce la posizione guènoniana ad una ignoranza sostanziale della dottrina cattolica, malgrado l’educazione religiosa che Guènon aveva ricevuto, minimizzando ancora una volta la portata del suo errore, che non era attribuibile alla semplice ignoranza del Cristianesimo, quanto all’ostilità verso il Vangelo e lo spirito cristiano, come asserì più tardi anche Henry de Lubac (22). Noele Maurice-Denis rispose con due articoli apparsi nella Revue universelle (il 15 luglio 1921) dal titolo Les Doctrines Hindoues ; e Maritain vi prese parte poichè desiderava che l’autrice asserisse che la “metafisica” guènoniana è radicalmente inconciliabile con la Fede cattolica. E scrisse lui stesso l’ultima frase della conclusione del primo articolo della Denis: «Renè Guènon vorrebbe che l’Occidente degenerato andasse a domandare all’Oriente lezione di metafisica e di intellettualità. Invece è soltanto nella sua Tradizione e nella Religione di Cristo, che l’Occidente troverà la forza di riformarsi...» (23).

Inoltre «se Guènon, nonostante tutte le sue critiche conserva alla Grecia una certa reputazione, al contrario Roma non gli ispira che disprezzo» (24).

La reazione di Guènon, dato il suo carattere, fu assai risentita.

Ma cerchiamo di vedere il contenuto dell’articolo di Guènon. La “metafisica” indù è per lui uno Gnosticimo perfetto ed assoluto (anche se Guènon non cita mai la parola Gnosi, impiega tuttavia il termine sanscrito jnana che ne è l’equivalente e preferisce servirsi del termine “metafisica” che guènonianamente significa “conoscenza” o...Gnosi), infatti la “metafisica” indù sfocia nel Panteismo. Per Guènon la morale va esclusa dalla filosofia, “la morale fa male”...! Mentre per la metafisica aristotelica la morale naturale o filosofica esiste e da essa deriva l’etica. Inoltre la contemplazione può farsi con tecniche umane senza il soccorso della Grazia (cosa che per un cristiano è inammissibile); infine la Religione è una tendenza “sentimentale” o devozionalistica alla quale si ricollega la morale, mentre per la teologia cattolica la Religione non è una pura emozione della sensibilità ma una disposizione della volontà e dell’intelletto, mediante i quali l’uomo, conoscendo che vi è un Principio primo, s’inclina a volergli rendere il culto che gli è dovuto a causa della sua eccellenza. Nell’autunno 1922 Guènon aveva perso ogni speranza di iniziare la sua giovane amica, perchè la giudicava incapace di ricevere la filosofia perenne al di fuori della forma specificamente cristiana.

Collaborazione di Guènon alla rivista Regnabit

Nel 1925 (agosto-settembre) Guènon cura un articolo intitolato Le Sacrè-Cœr et la lègende du Saint Graal, apparso sulla rivista Regnabit, con lo scopo di mostrare il perfetto accordo della Tradizione cattolica con le altre forme della Tradizione universale, ovvero l’unità trascendente e fondamentale di tutte le religioni, sulla base omogenea della Tradizione Primordiale. Nel 1925-26 in tre articoli successivi formula l’ipotesi che i documenti massonici anteriori al 1717 (distrutti da Anderson e Dèsaguiliers) contenessero la formula di fedeltà a Dio, alla Chiesa ed al Re, e invita perciò i lettori di Regnabit a scorgere l’origine cattolica della Massoneria originaria (!) e a combattere le tendenze della Massoneria attuale religiosa ma filo-protestante nei paesi anglofoni; e addirittura antireligiosa in quelli latini. L’ostilità di alcuni ambienti neo-scolastici nel 1927, impedisce che Guènon continui a scrivere sulla rivista Regnabit.

Il Re del mondo

Nello stesso momento in cui Regnabit pubblica il suo ultimo articolo, Guènon scrive Le Christ, pretre et roi, sulla rivista Christ-Roi (maggio-giugno 1927) e Le Roi du monde, dove (25). Guènon ci presenta la sua versione del misterioso centro iniziatico “Agartha”, centro del mondo reale e simbolico allo stesso tempo, sotterraneo invisibile ove troneggia il “Re del Mondo”. La teologia cattolica vede nel “Re del Mondo” guènoniano il “Principe di questo Mondo” di cui ci parla il Vangelo e che non è altro che il diavolo.

La crisi del mondo moderno

Nel 1927 Guènon pubblica La Crise du Monde Moderne, in cui riprende il processo alla civiltà occidentale e rilancia l’appello per la costituzione di un’“èlite tradizionale” sensibile alla vera intellettualità sempre conservatasi in Oriente che, solo, potrà restituire all’Occidente la sua Tradizione specifica, una sorta di “Cristianesimo” rivisto e corretto. L’errore e la degenerazione è iniziata in Occidente, perciò tocca proprio a esso di rigenerarsi alla fonte delle dottrine “metafisiche” orientali.

Autorità spirituale e potere temporale

In questo libro Guènon afferma giustamente, in parte, (l’errore assoluto non esiste) che l’Autorità spirituale (o sacerdotale) è superiore a quella temporale (o regale). Ma in tutta la Tradizione cattolica si considera Gesù Cristo come il Signore dell’Universo, mentre lui «non ha mai considerato la concezione medievale che fa del Papa il Vicario di Cristo, e il titolare dello stesso potere temporale in modo diretto o indiretto» (26). Pio XI nell’Enciclica Quas Primas asserisce che vi è speranza di pace duratura solo se gli individui e la Nazioni riconoscono la Regalità sociale di Gesù Cristo. Solo Lui in quanto vero Dio e vero uomo, è il nostro supremo Re e Signore, sia nelle cose spirituali che in qelle temporali, anche se non ha voluto esercitare il potere nelle cose temporali lasciandolo all’autorità temporale ai laici, mentre ha esercitato il potere spirituale. Con la sua Ascensione in Cielo ha lasciato su questa terra una Persona che facesse le sue veci: il Papa che ha il potere nelle cose spirituali e lo esercita; e in quelle temporali (diretto per S. Tommaso e indiretto per S. Roberto Bellarmino), ma che, come Cristo, non vuole esercitarlo (tranne in alcuni casi e luoghi particolari) e lo lascia all’Autorità temporale, che lo deve esercitare per il bene comune temporale e subordinatamente al conseguimento del fine ultimo soprannaturale dell’uomo. Qualora l’Autorità temporale abusi del suo potere il Papa può intervenire per richiamarla all’ordine e se non si corregge può destituirla. Ma questa non è affatto la concezione di Guènon. «Per la Chiesa cattolica il Re del mondo è sempre e soltanto Cristo. (...) Dunque, siamo ben lontani dalla concezione di Guènon che riconosce nel Re del mondo colui che impersona il LEGISLATORE PRIMORDIALE, ed è il DEPOSITARIO DELLA TRADIZIONE PRIMORDIALE. Guènon riconduce a lui con una filiazione simbolica l’ortodossia tradizionale del Cattolicesimo, e vede, bensì, in questo una tradizione legittima, ma sempre una tra le molte derivate dalla sempre vivente tradizione primordiale. (...) LE VISIONI DI GUENON E DELLA CHIESA CATTOLICA SUL RE DEL MONDO SONO NETTAMENTE SEPARATE» (27).

Il libro di Guènon Autorità spirituale e potere temporale va perciò riallacciato a quanto era stato detto sul Re del Mondo e sui Superiori Incogniti.

La triplice prova del 1928, la partenza per il Cairo e la morte

Nel gennaio del 1928 muore la moglie di meningite, e dopo nove mesi anche una sua zia Madame Duru, che viveva con loro. Guènon resta solo con sua nipote di quattordici anni, Francoise Bèlile, a cui la madre, vedova e con molti figli a carico, chiede di ritornare a casa. (28). Nel 1928 traversa una serie di prove che lo scuotono; fa trasmettere dai suoi amici una domanda di matrimonio che non viene accolta. In seguito a questo rifiuto, stringe una relazione con Madame Dina, nata Marie W. Shillito, figlia del re delle ferrovie canadesi e vedova del ricchissimo Hassan Farid Dina, ingegnere egiziano, che aveva un certo interesse per le questioni occulte. Ammiratrice entusiasta di Guènon, offre di mettere la sua ricchezza al servizio dell causa dell’Esoterismo “tradizionale”.

Tra le piramidi e la Mecca

Il 5 marzo del 1930, Guènon parte per il Cairo con Madame Dina, che dopo tre mesi ritorna sola in Francia. Poco tempo dopo la sua mecenate sposa l’occultista Ernest Britt, membro di un gruppo a lui ostile. In Egitto, Guènon, che già dal 1912 si fa chiamare dagli iniziati Sceicco Abdel Wahed Yahia, conduce una vita modesta e discreta e passa essotericamente all’Islàm: la sua “conversione” si ricollega ad un’intenzione segreta di cui non ha mai lasciato traccia scritta; d’altra parte dando una grande importanza ai riti della “tradizione”essoterica, rispetterà sempre scrupolosamente il suo essoterismo islamico. La sua Apostasia si spiega piuttosto con una ragione di convenienza spirituale che come vera e propria conversione, perchè per lui tutte le forme tradizionali sono equivalenti. L’Islàm gli appare come una cerniera tra Oriente ed Occidente; ha il pregio di sembrare (superficialmente) conciliabile con il Cristianesimo, perchè rispetta Gesù Cristo come un profeta (ma ne nega la divinità). Perciò per il guènoniano si può diventare musulmani e pretendere di restare cristiani. L’Islàm nel XX secolo, avrebbe dovuto giuocare il ruolo che la Massoneria aveva giuocato nel XVIII: essere il rifugio dei cristiani che volevano sottrarsi alla disciplina gerarchica della Chiesa, pur mantenendo un certo legame ad un certo vago (e falso) misticismo e ad una “tradizione” spuria e “primordiale”.

Nel frattempo Guènon apprende la lingua araba e già nel 1931 pubblica una serie di articoli in arabo e frequenta le riunioni dello Sceicco Salama Radi. Nel luglio 1934 sposa la giovane Fatma Hanem Ibrahim, che gli darà quattro figli, l’ultimo dei quali nascerà nel 1951 dopo la sua morte. Nel 1939 «un ricchisimo ebreo inglese passato all’Islàm, suo ammiratore, gli offerse una villa ben ammbiliata» (29). Il 7 gennaio 1951 nonostante le cure prodigategli dall’amico ebreo dottor Katz, muore pronunciando due volte il nome di Allah .

Si può essere guènoniani e cattolici?(30)

Guènon esercita un’influenza innegabile e, purtroppo talvolta assai profonda, in ambienti legati anche alla Tradizione cattolica. (31). Nel corso dell’articolo si è visto che la questione s’è posta già durante la vita del Nostro, che collaborò a riviste cattoliche e monarchiche di tendenza antimassonica e tradizionale. Tuttavia si ebbe ben presto la reazione di cattolici integrali (la R.I.S.S.) che costrinsero Guènon a battere in ritirata (non dopo aver fatto vari danni) in Egitto. Oggi molti guènoniani, come ammette anche la rivista Le sel de la terre dei Domenicani di Avrillè, si sono infiltrati negli ambienti della Fraternità San Pio X di Monsignor Lefebvre (32).

Tuttavia vi è una radicale inconciliabilità tra guènonismo (ed ogni forma di Esoterismo in genere) e Cattolicesimo. Infatti Guènon, si presenta come un autore “spirituale”, apportatore di una saggezza orientale superiore anche a quella della Chiesa cattolica! Egli disprezza l’idea di Salvezza o Dannazione eterna, propria del Cattolicesimo e si fa assertore di una gnosi o “metafisica”che conduce all’identificazione suprema con l’Assoluto indifferenziato (il lettore mi scusi per il parolone, ma gli iniziati devono nascondere dietro una cortina fumogena il nulla della loro spiritualità).

La natura della spiritualità guènoniana

Per svolgere questo tema mi baso sull’interessante articolo di Antoine de Montreff, un ex-guènoniano convertitosi al Cattolicesimo (33), secondo il quale la via spirituale proposta da Guènon, comprende tre condizioni che formano come tre tappe. Per Guènon: «L’iniziazione implica tre condizioni successive...: 1°) la qualificazione, costituita da certe possibilità inerenti alla natura propria dell’individuo, e che sono la materia prima sulla quale il lavoro iniziatico dovrà effettuarsi; 2°) la trasmissione (mediante l’appartenenza ad una organizzazione tradizionale) di un’influsso spirituale che conferisce all’ente l’illuminazione che gli permetterà di ordinare e sviluppare le possibilità che porta in lui; 3°) il lavoro interiore mediante il quale, con l’aiuto di ausiliari o di supporti esterni..., questo sviluppo si realizzerà gradualmente, facendo passare l’ente...sino al termine finale della Liberazione o dell’Identità Suprema» (34). In breve nella prima tappa vi è una differenza profonda tra Mistica cristiana, che è passiva e Iniziazione che è attiva; nella seconda, che è la più importante, si riceve l’influsso spirituale durante l’iniziazione. Potrebbe accadere che le organizzazioni iniziatiche, a causa di una degenerazione, possano conferire soltanto un’iniziazione virtuale, tuttavia continueranno ad essere il supporto di questo influsso spirituale ed il lavoro iniziatico potrà dirsi compiuto. L’importante è che la catena non sia interrotta. Nell’iniziazione vi è anche trasmissione di un insegnamento, ma la trasmissione dell’influsso spirituale resta l’elemento principale. In terzo luogo viene l’iniziazione effettiva e per arrivarvi occorre la meditazione dei simboli. Un altro mezzo di progredire verso l’iniziazione effettiva è l’incantazione, ben distinta dalla preghiera: infatti essa «Non è una domanda e non suppone neanche l’esistenza di una realtà esterna...si tratta di un’aspirazione dell’ente verso l’Universale per ottenere...un’illuminazione interiore...Il fine ultimo da cogliersi è sempre la realizzazione in sè dell’Uomo Universale» (35).

«Uno dei fini che Guènon stesso ammetteva di avere, era quello di permettere ai massoni (che trasmettevano ancra un’iniziazione virtuale) di arrivare all’iniziazione effettiva» (36).

Necessità di essere collegati ad una organizzazione iniziatica

«L’iniziazione propriamente detta consiste nella trasmissione di un influsso spirituale, trasmissione che non può effettuarsi che mediante un’organizzazione tradizionale regolare di modo che non si potrebbe parlare di iniziazione al di fuori di un legame con tale organizzazione iniziatica» (37). Ma quali sono le organizzazioni iniziatiche ancora valide nell’Europa odierna? Secondo Guènon ne restano due: la Massoneria e le Compagnonnage: «Tra tutte le organizzazioni che si pretendono iniziatiche e che sono sparse attualmente in Occidente, ve ne sono soltanto due che,...possono rivendicare una origine tradizionale antica ed una trasmissione iniziatica reale; esse all’inizio non erano che una sola cosa, e sono le Compagnonnage e la Massoneria» (38). Mediante la catena iniziatica, l’iniziato riceve un’influsso spirituale la cui origine non è umana. (39). L’influsso spirituale non ha nulla di magico, in quanto per Guènon l’iniziazione si realizza ad un livello spirituale superiore a quello della magia, che invece avviene a livello animale o psichico. Per questo Guènon disprezza coloro che ricercano poteri magici, difetto degli occidentali troppo attaccati ai fenomeni. La magia ci lascia allo stato individuale, mentre l’iniziazione ci fa passare dall’individualità all’Universale. Tuttavia l’iniziato deve prendere coscienza poco a poco di questo influsso spirituale, ed in questo la via iniziatica è diversa da quella religiosa: «Nel campo essoterico, non vi è nessun inconveniente a che l’influsso ricevuto non sia mai percepito coscientemente ..., poichè non si tratta di ottenere uno sviluppo spirituale effettivo; al contrario quando si tratta di iniziazione le cose sono assai diverse, infatti a seguito del lavoro interiore compiuto dall’iniziato, gli effetti di questo influsso devono essere conosciuti, ed è ciò che costituisce il passaggio all’iniziazione effettiva» (40).

La Religione, per Guènon, mira ad assicurarci la Salvezza eterna e quindi ci mantiene nello stato individuale umano; mentre l’iniziazione è senz’altro superiore, poichè tende a farci cogliere l’Identità Suprema con l’Assoluto incondizionato o la Realizzazione, e ciò suppone il sorpasso dello stato individuale e la presa di possesso di stati superiori allo stato umano. E non si tratta soltanto di entrare in comunicazione con tali stati superiori, ma addirittura di prenderne possesso (41). Così anche l’unione trasformante della terza via dei perfetti (la Mistica) è inferiore alla Liberazione che è il fine dell’iniziazione (42). Perciò il fine della via esoterica è assai superiore a quello della via religiosa o essoterica, e il Paradiso cristiano per l’iniziato è troppo stretto, quasi una prigione (43).

Non è possibile seguire la via iniziatica senza
essere collegato ad un Essoterismo

«Questo punto è molto importante e spesso è poco conosciuto. Per Guènon non è questione di restare soltanto nella via iniziatica. Bisogna nello stesso tempo praticare un Essoterismo, mediante una pratica religiosa. Guènon stesso praticò negli ultimi suoi anni la Religione musulmana» (44). Afferma infatti: «È ammissibile che un essoterico ignori l’esoterismo... ma al contrario è inammissibile che chiunque pretenda di essere iniziato all’esoterismo voglia ignorare l’essoterismo, infatti il più comprende il meno» (45). Ed è per questo che i guènoniani s’infiltrano anche negli ambienti cattolici tradizionalisti.

L’influsso spirituale non è una grazia gratuita che viene da Dio

Se l’influsso spirituale non è una grazia che viene da Dio, o è auto-suggestione, o è un influsso che viene da un Angelo. Infatti al di sopra dell’uomo vi sono solo Dio o gli Angeli. «La prima soluzione è possibile in teoria, e ci si può augurare che molti di coloro che si sottomettono alla cerimonia d’iniziazione non ricevano nulla. Ma è molto più probabile che,... l’iniziato riceva effettivamente un “influsso spirituale di origine non umana”. È l’opinione dei migliori conoscitori della Massoneria, come Charles Nicollaud, autore de L’initiation maçonnique, (Perrin, Paris, 1931), con prefazione di Mons. Jouin: “Questi fatti straordinari [la presenza sentita di Satana] sono il triste privilegio di pochi. Essi sono i Superiori Incogniti, come li chiamava la Setta nel XVIII secolo. Agenti diretti di Satana, sono i suoi strumenti abituali, ed è mediante essi che penetra e influisce nel seno delle società segrete Sono i preti della Contro-Chiesa. La Chiesa di Cristo ha i suoi santi, Satana, la scimmia di Dio, ha i suoi iniziati. ”(pag. 145)... Ci si obietterà che tale influsso spirituale potrebbe provenire da un Angelo... Ma gli Angeli sono i ministri di Dio... Se agiscono sugli uomini, è per condurli a N. S. Gesù Cristo e alla sua Chiesa. Ora la lotta contro la Chiesa è una costante della Massoneria... ed il caso di Guènon ci ha mostrato che l’iniziazione, lungi dal condurlo a conoscere meglio la SS. Trinità, N. S. Gesù Cristo e la sua Chiesa, l’aveva condotto ad una specie di ebetudine intellettuale nei loro riguardi e all’Apostasia» (46).

La causa dell’apostasia di Guènon

S. Tommaso insegna che «L’infedeltà nasce dalla superbia» (47). Essa è il più grave dei peccati dopo l’odio di Dio. La vera ragione di una scelta erronea riguardo il fine ultimo, va ricercata dunque nelle opere cattive, nella vita, nell’atto della volontà che può essere anche soltanto interno, ad esempio l’orgoglio intellettuale. Le opere cattive non sono soltanto l’immoralità grossolana, ma anche l’immoralità sottile: l’esaltazione del proprio “Io”, la ricerca della gloria umana e dell’onore del mondo. Come il ladro fugge la luce ed ama le tenebre per poter agire indisturbato, così l’orgoglioso odia la luce, la dottrina pubblica ed ama le tenebre, la dottrina e la pratica esoterica. Le tenebre servono a coprire la sua dottrina ìnfera e la sua condotta perversa, ed odia la luce perchè smaschererebbe la sua perversità interna e nascosta! Si può quindi concludere che la vita cattiva è la causa di ogni incredulità e soprattutto di quella degli eresiarchi e dei “grandi iniziati”, quale fu certamente Renè Guènon. Come il diavolo è diventato un Angelo decaduto per la sua cattiva volontà (con la quale ha preferito affermare se stesso, pur dannandosi, che sottomettersi alla Volontà di Dio che gli domandava un atto di obbedienza e di umiltà), così il “grande iniziato” ha preferito rifiutare la dottrina pubblica di Gesù, per poter compiacersi nella sua oscura e confusa “Tradizione primordiale e comune che si perde nella notte dei tempi...” e che tanto gratifica il suo orgolio di poter essere chiamato: Maestro! Mentre Gesù ci ha ammoniti: “Non vogliate essere chiamati Maestri. Uno solo è Maestro: il Padre vostro che è nei Cieli”.

Il diavolo può influire sull’uomo?

Secondo S. Tommaso e i teologi cattolici il diavolo non può agire direttamente sull’intelletto e la volontà dell’uomo, ma soltanto sui sensi esterni ed interni (memoria e immaginazione) e mediante i sensi può cercare d’influire indirettamente sull’intelligenza e la volontà (48). La cerimonia d’iniziazione potrebbe benissimo essere il punto di partenza di tale azione diabolica. «Dio lascia al diavolo una certa libertà d’azione in tali cerimonie a causa del loro carattere superstizioso: vi è infatti un’invocazione almeno implicita al diavolo ogni volta che si attende un effetto spirituale da una causa che da sè non può produrlo... Tali cerimonie producono i loro effetti solo nella misura in cui Dio lo permette, come punizione del peccato di superstizione. (...) Il fatto di riallacciarsi ad una organizzazione iniziatica regolare rende il peccato di superstizione ancora più grave... Ma niente impedisce al diavolo di agire anche al di fuori di tale catena iniziatica... tuttavia l’iniziazione, procura un’atmosfera favorevole all’attività del diavolo» (49).

NOTE:

1) J.-A.Cuttat, in Annuaire de l’E. P. H. E. , (Vème Section: Sciences religieuses), 1958-1959, pag. 68.

2) M.-F. James, Esotèrisme et Christianisme autour de Renè Guènon, Nouvelles Editiones Latines, Paris, 1981, pag. 17. Nel presente articolo mi baso sostanzialmente sull’ottimo libro della James (al quale rinvio il lettore desideroso di approfondire il tema) e lo integro con altri vari saggi e con la lettutra delle principali opere di Guènon.

3) È sintomatico il rapporto che collega Guènon ad una pensatrice ebrea, che si cerca di presentare come prossima alla conversione al Cattolicesimo: Simone Weil. In realtà nel suo pensiero si ritrovano parecchi elementi della Càbala spuria e del sistema talmudico «Essa probabilmente non ha conosciuto Guènon, al quale non fa mai riferimento, ma alcune sue note, riflessioni e meditazioni si ricollegano singolarmente al pensiero di Guènon, e un libro come Lettre à un religieux prova che la giovane filosofa considerava per lo meno come probabili molte cose che Guènon considerava certe» (P. Sèrant, Renè Guènon. La vita e l’opera di un grande iniziato, Convivio, Firenze, 1990, pag. 29). Il religioso che rispose alla lettera della Weil fu Padre Guèrard des Lauriers O.P., e scrisse che date le affermazioni della Weil non avrebbe potuto concederle nè il Battesimo nè l’assoluzione.

4) M.-F. James, op. cit., pag. 30.

5) P. Chacornac, La vie simple de Renè Guènon, èd. traditionelles, Paris, 1958, pag.24.

6) M.-F. James, op. cit., pagg. 44-45.

7) Ibid. , pag. 46.

8) Ibid. , pag. 42.

9) Ibid. , pag. 100.

10) Cfr. A. Baggio, Renè Guènon e il Cristianesimo, in «Nuova_Realtà», 1987, pag. 39.

11) N. M.aurice-Denis Boulet, L’èsotèriste Renè Guènon. in «La Pensèe Catholique», n° 77, 1962, pag. 23.

12) M.-F. James, Esoterisme, Occultisme, Franc-maçonerie et Christianisme aux XIX et XX siècles, Nouvelles Editiones Latines, Paris, 1981, pagg. 156-157.

13) Ibid., pag. 158.

14) Cfr. Sauvetre, Un bon serviteur de l’Eglise. Moseigneur Jouin, Casterman, Paris, 1936.

15) Ivi

16) E. Jouin, Les fidèles de la Contre-Eglise: Juifs et Maçons, pag. 139.

17) Giov. VIII, 32.

Cfr. C. Nitoglia, Per padre il diavolo. Un’introduzione al problema ebraico secondo la tradizione cattolica, SEB, Milano, 2002, cap. XXXIII, pagg. 437-451.

18) M.-F. James, Esoterisme et Christianisme, pag. 127.

19) P. Sèrant, Renè Guènon. La vita e le opere di un grande iniziato., Convivio, Firenze, 1990, pag. 14.

20) Ivi, pag. 198.

21) Per le riferenze degli articoli citati cfr. M.-F. James, op. cit. pagg.132-162.

22) Lettera di H. de Lubac a N. Maurice-Denis Boulet, 31 dic. 1962. Inedita.

23) N. Maurice-Denis, “Les Doctrines Hindoues”, La Revue universelle, 15 luglio 1921, pag. 246.

24) P. Sèrant, Renè Guènon. La vita e le opere di un grande iniziato, Convivio, Firenze, 1990, pag. 100.

25) M.-F. James, op. cit. , pag. 277.

26) P. Di Vona, Evola Guènon De Giorgio, SeaR, Borzano (RE), 1993, pag. 191.

27) Ibid., pagg. 195-196.

28) Ibid., pag; 295.

29) Ibid. , pag. 303.

30) L. Mèroz, Renè Guènon ou la sagesse initiatique, Plon, 1962.

31) E. Valtrè, La droite du Père. Enquete sur la Tradition catholique aujourd’hui, Guy Trèdaniel, 1994.

32) Le sel de la terre , n° 13, etè 1995, pagg. 34-35.

33) Antoine de Montreff, Qui a inspirè Renè Guènon? in «Le sel de la terre», n°13, etè 1995, pagg.33-64.

34) R. Guènon, Aperçus sur l’initiation, Villain et Belhomme-èd. traditionelles, Paris, 1973, pag. 34.

35) Ibid. , pag. 169.

36) A. de Montreff, cit. pag. 42.

37) R. Guènon, op. cit. , pag. 53.

38) Ibid., pag. 41.

39) Ibid. , pag. 58.

40) R. Guènon, Initiation et rèalilisation spirituelle, Villain et Belhomme-èd. traditionelles, Paris, 1974, pagg. 48-49.

41) Cfr. Aperçus sur l’Initiation, pagg. 27-28.

42) Cfr. Initiation et rèalilisation spirituelle, pagg. 81-82.

43) Ibid. , pagg. 78-79.

44) A. de Montreff, cit. , pag. 48.

45) Cfr. Initiation et rèalisation spirituelle, pag. 71.

46) A. de Montreff, cit. , pagg. 57-58.

47) S. T. II-II, q. 10, a. 1, ad 3um.

48) S. T. II-II, q. 10, a. 3 in corpore. II-II q. 96, a. 1. II-II q. 97, a. 1. I q. 114. II-II q. 165 a. 1.

49) A. de Montreff, cit. , pag 61.

Testo estrapolato dal sito: http://www.doncurzionitoglia.com/reneguenon.htm

mercoledì 3 gennaio 2001

Il paese dei burattini, ossia la sceneggiata napoletana

 N° 180 della serie - Gennaio 2001 - N° 1 dell'Anno XIX

«... Alcuni studi hanno messo in evidenza il sospetto che sia aumentata l'incidenza delle malformazioni congenite tra i figli dei reduci della Guerra del Golfo. In Italia ogni anno si verificano più o meno un migliaio di leucemie acute, cioè, una ogni 60mila abitanti, il 50% delle quali guarisce …»


 


di Manuel Negri

Che l'Italia sia una colonia degli Stati Uniti d'America dalla fine del secondo conflitto mondiale è un fatto ormai consolidato; la sovranità limitata di un paese costretto a soggiacere alle subdole strategie atlantiche intessute oltreoceano per più di mezzo secolo ha costretto la popolazione ad ingoiare amari bocconi, a pagare sulla propria pelle la condizione di vassallaggio e di sudditanza, senza che i «rappresentanti del popolo» muovessero un solo dito in difesa di chi ha loro permesso di appoggiare il culo rotto sulle poltrone del potere.

II recente «scandalo» emerso in relazione agli effetti nocivi causati dai bombardamenti con ordigni all'uranio impoverito, ha confermato la schifosa condizione di acquiescenza e di servilismo degli invertebrati politicanti dell'esecutivo italiota.

L’utilizzo di armamenti all'uranio impoverito era emerso già nel 1991, al tempo della guerra del Golfo, ma le poche e flebili voci che osarono «tuonare» contro le responsabilità statunitensi vennero immediatamente soppresse. Come giustificare il muro di omertà e silenzio innalzato nei confronti di un servizio realizzato e mai mandato in onda da un giornalista della Rai, il quale metteva in luce le disastrose conseguenze provocate dai bombardamenti all'uranio impoverito da parte degli americani?

Quanto accaduto in Iraq si è ripetuto nella ex-Jugoslavia, dove la NATO ha ammesso di aver utilizzato proiettili all'uranio impoverito. 

Falco Accame, presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime delle Forze Armate, denuncia il pericolo di uranio impoverito anche nelle acque del mar Adriatico, dove durante le «oltre 31.000 missioni degli A‑10 in Kosovo, migliaia di proiettili sono stati scaricati in mare. Prima di dare corso al bombardamento i piloti eseguono raffiche di tiri di prova, in zone di solito marcate geograficamente, per assicurarsi che l'apparato sia funzionante al momento dell'attacco» (cfr. “il Resto del Carlino”, 2 gennaio 2001). E pare che l'Adriatico sia stato l'obiettivo principale di queste «esercitazioni» per le scorribande piratesche dei caccia NATO, levatisi in volo dai «garages coloniali» di Aviano e di Gioia del Colle.

L’allarme, dopo alcuni casi di morte e di malattie incurabili che hanno colpito numerosi soldati (italiani e non) di stanza nell'ex-Jugoslavia, è pervenuto da diverse fonti. 

Le organizzazioni non‑governative degli sminatori impegnati nel Kosovo hanno denunciato che «... l'allarme per i proiettili all'uranio impoverito è arrivato con un anno di ritardo. Hanno ricevuto una letterina dal tenente colonnello spagnolo Jacinto Romero, responsabile della sezione G5 presso il quartier generale della brigata multinazionale occidentale, quella che a sede a Pec ed è guidata da un generale italiano. La data fa accapponare la pelle: 20 settembre 2000» (“il Resto del Carlino”, 31 dicembre 2000)

Una pesante accusa proviene anche da Giovanni Aliquò, segretario dell'Associazione Nazionale funzionari di polizia

Aliquò chiama direttamente in causa Gianni De Gennaro, già responsabile del Dipartimento di Pubblica Sicurezza e, dallo scorso maggio, capo della polizia. Ma il suo «j'accuse» arriva fino al massimo referente, vale a dire il ministro degli Interni Enzo Bianco. «Nessuno dei nostri, dal capo contingente all'ultimo dei ragazzi, è mai stato informato sul rischio di contaminazione da uranio impoverito in Kosovo, nessuno poi è stato sottoposto a controlli anche minimi quando è stato rimpatriato, nonostante siano pervenute le richieste di uno screening. Mi sembra un fatto di una gravità inaudita. [...] del rischio uranio, insomma l'abbiamo appreso dai giornali [...] siamo nelle zone a maggior rischio, quelle in cui, secondo le mappe fornite dalla NATO, c'è la più alta concentrazione di proiettili al DU». Alla domanda se il ministro Bianco era al corrente, Aliquò ha risposto: «Ampiamente. Ma anche da lui è arrivato solo silenzio. I casi sono due: o è menefreghismo, e allora è grave, oppure c'è di peggio. Se non c'è menefreghismo, allora c'è la volontà di nascondere il problema. La prima missione all'estero della polizia italiana, nell'ambito dell'UNMIC, è un caso di grande superficialità e disorganizzazione sul quale si innestano questioni come questa dell'uranio, sulle quali, probabilmente, in molti non vogliono parlare» (“il Resto del Carlino”, 30 dicembre 2000)

Gli ipocriti ed infami rappresentanti dell'ese­cutivo minimizzano sull'accaduto, come il ministro della Difesa Mattarella in quale ha precisato che «non vi è motivo di allarme collegato con i luoghi in cui operano i nostri soldati nei Balcani».

AI ministero della Difesa si affidano addirittura alla statistica, evidenziando che, su 60 mila militari presenti nei Balcani dal 1995 ad oggi, potrebbe essere normale che una diecina di persone accusi malattie (in realtà si tratta di molte di più). E da Bruxelles i responsabili della NATO escludono che ci possa essere «un legame fra l'uso dì proiettili all'uranio impoverito e i decessi dei militari», perché «... gli studi medici esistenti negano qualsiasi rapporto diretto fra contatto e malattia». [cfr. “il Corriere della Sera”, 31 dicembre 2000) 

I loro studi medici, pilotati e commissionati ad uso e consumo della propaganda dell'Alleanza Atlantica, non corrispondono a quelli effettuati da studiosi disinteressati, come quelli del professor Guido Bianco, dell'Istituto di Ematologia e oncologia medica "Seragnoli" del Policlinico Sant'Orsola dell'Università di Bologna. «Uno studio fatto dagli americani sui militari che hanno partecipato alla guerra del Golfo ‑spiega il medico‑ suggerisce che chi era in prima linea, o comunque in zona di azione, esposta a radioattività conseguente all'esplosione di proiettili fabbricati con uranio ha sviluppato un rischio di contrarre la leucemia o un linfoma ben 5 volte superiore a chi invece era negli uffici o, comunque, in retroguardia. [...] le particelle alfa emesse dall'uranio sono di due tipi: solubili ed insolubili. Le prime in parte si eliminano, in parte sciolte viaggiano nell'organismo e si fissano successivamente, per esempio sulle ossa, sul fegato o sul cervello. Sono colpiti anche gli organi genitali e tutto l'apparato riproduttivo e, di conseguenza, vengono danneggiati spermatozoi e ovuli. Alcuni studi hanno messo in evidenza il sospetto che sia aumentata l'incidenza delle malformazioni congenite tra i figli dei reduci della Guerra del Golfo. In Italia ogni anno si verificano più o meno un migliaio di leucemie acute, cioè uno ogni 60mila abitanti, il 50% delle quali guarisce. Nei Balcani si sono alternati più o meno 60 mila caschi blu italiani. Se i casi accertati di leucemia sono realmente 20 ‑conclude lo scienziato‑ ci sarebbe un'incidenza altissima: uno ogni tremila militari impegnati nella missione». [“il Corriere della Sera”, 31 dicembre 2000].

A chi credere allora?

Ma in questa italietta contrassegnata sempre più dalla sceneggiata napoletana, con pulcinella e con la tarantella, l'ipocrisia e la viltà ostentata dai politici, dai militari e dai giornalisti ‑sempre più servi dell'oligarchia giudaico‑statunitense- supera ogni limite di sopportazione. In tutta questa vergogna di stampo atlantista nessuno parla dei pericoli a cui sono stati esposti le popolazioni civili dei Balcani ma anche dell'Italia, i quali per centinaia di anni dovranno pagare un conto salatissimo, in termine di costi umani, alla causa delle multinazionali (questi grossi porci dai colletti inamidati per accrescere i loro profitti userebbero anche «proiettili nucleari» contro galline e topi ...), che proprio nell'area dell'ex-Jugoslavia hanno intravisto innumerevoli affari nei giro degli approvvigionamenti energetici.

Alla stessa maniera i maiali del pianeta ‑gli amerikani ed i loro sguatteri‑, onde alleviare la nausea che in questi giorni è montata dappertutto contro di loro, hanno riproposto il pericolo islamico ‑... ma è una «carta» conosciuta ...‑, aprendo una nuova serie di teatro napoletano con l'operetta che ha visto la chiusura d'emergenza dell'ambasciata di via Veneto a Roma.

Ma dobbiamo sempre credere a questi maialoni col cervello farcito di hot‑dog e coca‑cola?