mercoledì 28 marzo 2001

Camerati Addio, Storia di un inganno

Dal n° 182 - Marzo 2001
Pubblichiamo in queste pagine la recensione, apparsa sul bollettino della Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana (dicembre 2000) al libro di Vincenzo Vinciguerra che le Edizioni di Avanguardia hanno pubblicato nello scorso novembre. Tra i tanti sabotaggi e gli innumerevoli silenzi, per viltà o per pressappochismo, soprattutto all'interno del «neofascismo atlantico di servizio»; ad oggi, solo il bollettino della FNCRSI, con “Avanguardia”, ha rotto la congiura del silenzio che circonda l'Autore insieme all'autorevole, dettagliata analisi e documentazione che egli ci ha trasmesso, inchiodando a gravi responsabilità personaggi che vanno dai Freda ai Rauti, dai Delle Chiaie ai Merlino ecc. Gli stessi che ancora oggi tengono stagnante il neofascismo italiano a posizioni di subalternità alle strategie dell'atlantismo giudaico-statunitense.


Parlare del nuovo libro di Vincenzo Vinciguerra è, allo stesso tempo, semplice ed arduo. Semplice, perché i fatti esposti dall'autore sono incontrovertibili e ci raccontano infamie, tradimenti ed inganni perpetrati per decenni ai danni dei tanti che credevano negli ideali del Fascismo ed intendevano riaffermarli. Arduo, perché in qualche modo ciò coinvolge emotivamente noi combattenti della Repubblica Sociale e ci fa ricordare immediatamente tutto il nostro passato, i nostri ideali, il costante impegno di un'intera vita, le tante iniziative, le speranze nostre e di tantissimi autentici camerati, la maggior parte dei quali ormai, o non è più di questo mondo o, per propria dignità, si è messa in disparte, giustamente schifata dall'ignobile letamaio che divenne ed è il cosiddetto «nostro ambiente».
Un impegno ed un sacrificio di generazioni di militanti, stroncato e reso vano anche -in non piccola parte- dall'opera scellerata di vari traditori e di non poche prezzolate canaglie al servizio delle «istituzioni» di questo democratico sistema.
Dunque, per coloro che non ne hanno mai sentito parlare o avessero letto sui giornali del «sistema», qualche fugace accenno alla sua vicenda, inteso a distorcere la figura ed il significato del suo gesto, vogliamo ricordare chi è e che cosa ha compiuto e compie Vincenzo Vinciguerra. Dopo un'intensa e coraggiosa militanza negli anni '60 e '70 in gruppi politici che riteneva schiettamente fascisti, resosi pienamente conto che, al contrario di quanto da essi predicato, la loro attività, in effetti, era indirizzata al sostegno di chi, al servizio dei «padroni del mondo», opprime il nostro popolo, egli, conformemente alla sua vocazione genuinamente rivoluzionaria, decise di effettuare un'azione che, colpendo i «tutori del caos», sconvolgesse gli equivoci rapporti instauratisi sotterraneamente tra «destra extraparlamentare» ed organismi del sistema, all'insegna dell'anticomunismo più becero ed ottuso e della «difesa dell'Occidente» -cioè del sistema coloniale americano-giudaico- e marcasse in tal modo l'irriconciliabile diversità tra veri e falsi «combattenti per l'Ordine Nuovo».
Egli, quindi, il 31 maggio 1972 portò a termine l'attentato di Peteano di Sagrado, in provincia di Gorizia. Furono uccisi tre carabinieri ma, inopinatamente, gli alti ufficiali dell'«Arma benemerita», che avevano subito individuato, anche mercé gli spioni del neofascismo, l'ambiente di provenienza degli attentatori e perciò ben compreso le loro finalità) a giusto titolo ritenute pericolose per la stabilità dello stato antifascista al servizio degli USA), si adoperarono zelantemente per occultare la verità, depistando le indagini verso falsi obiettivi e arrestando e facendo incriminare con l'avallo di procuratori e giudici «amici», alcuni poveracci, «balordi» di paese, che soltanto dopo alcuni anni di detenzione ebbero riconosciuta la loro innocenza.
Vincenzo Vinciguerra riuscì ad espatriare in Spagna dove visse alcuni anni in clandestinità e, mentre in Italia le indagini della magistratura alla fine si concentrarono sul suo gruppo, egli, vivendo in esilio ebbe sia in Europa che in Sud America, altre deludenti esperienze con pseudo camerati e giunse a conclusioni definitivamente negative sui personaggi e sugli ambienti politici che aveva frequentato e quindi sulla vera funzione «di servizio» del piccolo mondo «neofascista» italiano. Risolse coscientemente, perciò, di portate a termine il sacrificio della sua vita per smascherare il tradimento e così salvare storicamente dagli impostori i princìpi del Fascismo. Nel settembre del 1979, quindi, tornò in Italia per costituirsi all'autorità giudiziaria e -pur senza commettere alcuna delazione- assumere la responsabilità dell'attentato rivendicando fieramente le ragioni, politiche ed etiche che lo avevano determinato e affrontare i processi e la prevedibile condanna all'ergastolo che, infatti, gli venne comminata.
Egli è ormai detenuto da più di 21 anni senza usufruire né degli sconti di pena né delle indulgenze carcerarie di cui beneficiano i vari «camerati» e stragisti al servizio -consapevole o meno- degli organismi di tutela del sistema e dei loro occulti ispiratori. Vincenzo Vinciguerra, invece, sballottolato da una prigione all'altra, maltrattato e sovente vilipeso dai suoi carcerieri, angariato in molti modi ed anche illegittimamente privato della regolare consegna della corrispondenza, continua tenacemente nella sua opera di denuncia del sistema, indicando pure nei magistrati al servizio del potere gli indispensabili complici per l'occultamento delle nefande trame della democrazia. Ricordiamo i titoli dei suoi libri finora pubblicati (per altri non è finora stato possibile): “Ergastolo per la libertà. Verso la verità sulla strategia della tensione”, Arnaud, Firenze 1989; “La strategia del depistaggio”, Ed. Il Fenicottero, Bologna 1993; e, recentemente, “Camerati, addio”, Edizioni di Avanguardia, Trapani 2000, che reca il sottotitolo “Storia di un inganno, in cinquant'anni di egemonia statunitense in Italia”. È la storia di una sequela di tradimenti, in verità un unico, continuo tradimento, iniziato alle origini del «neofascismo» -vale a dire negli stessi giorni della tragica fine della RSI nel sanguinoso aprile del 1945- e durato fino ai nostri giorni; che ha visto come esecrandi protagonisti i Michelini, gli Almirante, i Romualdi, nella prima, lunghissima fase del MSI, e poi gli ancor più squallidi Fini, Servello, Rauti, Signorelli, Delle Chiaie, che tuttora imperversano, con i loro degni seguaci ed epigoni: i vari Tilgher, Merlino, ecc. ecc., tanto per citarne alcuni.
Ci rendiamo conto, a questo punto, che il solo menzionare questi personaggi e le loro nefandezze possa dare il voltastomaco: pur tuttavia è necessario conoscerle (ed è questo uno dei meriti dell'opera di Vinciguerra; per smascherare gli agenti ed i meccanismi segreti adoperati senza scrupoli per proteggere il regime democratico, antifascista ed «atlantico» che ci è stato imposto con la vittoria degli «alleati», un regime criminale, corrotto e corruttore, un autentico stato di polizia (l'Italia, tra l'altro, ha il triste primato mondiale del rapporto percentuale -oltre 370.000 uomini, c. 1:170- tra popolazione e consistenza numerica dei numerosi corpi di polizia: PS, CC, GdF, PP, CFdS che certamente non stanno lì soltanto per difendere i cittadini dai malfattori, il che completamente avviene pure, sebbene in maniera scarsamente efficace) che nel difendere se stesso, però, attua con subdola abilità ed efficienza.
Va peraltro sottolineato che il compito assegnato al regime coloniale italiano, fu purtroppo facilitato dall'attitudine reducistica e borghese dell'«ambiente neofascista» che, lungi dal dare testimonianza di fedeltà agli ideali della RSI, come quella espressa con il loro estremo sacrificio da diecine di migliaia di caduti, i quali davvero seppero combattere e morire indossando la camicia nera (come cantava una loro celebre canzone) scelsero di slancio il reinserimento nella vita «civile» ed i vantaggi della vita comoda che callidamente erano loro prospettati dai mezzani della destra nazionale e massonica, in cambio di riporre, e del far riporre, nei cassetti dell'oblio il sogno della palingenesi rivoluzionaria tramandato dai «lor maggiori» e consacrato alla Storia dagli atti della RSI e dal sangue dei nostri caduti.
Raccomandiamo vivamente, perciò, la lettura dei libri-documenti di denuncia politica e morale di Vincenzo Vinciguerra, del quale, in conclusione, vogliamo onorare l'ammirevole comportamento che non esitiamo a definire assolutamente eroico, oltreché unico nel cialtronesco ambito del «neo» e pseudo fascismo del post RSI. Lo facciamo con le rispettose espressioni di stima manifestatagli nella sentenza di condanna emessa il 25 luglio 1987 dalla Corte di Assise di Venezia: «Una posizione indubbiamente singolare quella di Vincenzo Vinciguerra (…) la sua figura di soldato politico non è mai venuta meno e mantiene intatta la sua posizione offensiva nei confronti dello stato democratico». (p. XIV)