venerdì 27 novembre 2009

La critica della Democrazia

Finché si resterà fermi alla formula democratica e parlamentare, finché si dovrà esitare ad ogni passo, tremare dinanzi ai circoli, temere le cabale, lusingare i faziosi, vivere alla giornata, sarà impossibile costruire.

Bisognerebbe poter preparare un lavoro di ampio respiro, confidarlo ai più competenti, dar loro l'autorità e il tempo necessario al compimento di un'opera. Se si deve continuare a scegliere i ministri secondo il colore dei partiti e non secondo la qualità, se nessuno può comandare, se non si è mai sicuri del domani, non si creeranno che incoerenti ed instabili. Noi siamo a questo punto.

Ogni osservatore attento deve convenirne.

Non vi e possibilità di risanamento se non nella misura in cui si sfugge a queste tirannidi democratiche.

Verrà il giorno che, con le buone o con le cattive, spinti a ciò dai rovesci, noi ci dovremo liberare a nostra volta dalle convenzioni di una democrazia incapace di governare, di scegliere, di durare e di creare.

Lèon Degrelle. ottobre 1939

giovedì 26 novembre 2009

L'agente "T" Franco Freda


In un documento inviato al suo superiore generale Maletti, l'informatore del SID Guido Giannettini, amico di Freda, affermava che: 

"Tutto quanto accade nel nostro paese - è mio dovere sottolinearlo alla sua attenzione - è manipolato dall'esterno, dai servizi speciali tedeschi, inglesi, israeliani e americani. Mancano unicamente una linea politica e una causa autenticamente italiane. "(1)

di Manuel Negri.



Lo stesso Maletti, successivamente interpellato dalla Commissione Stragi ha innanzitutto ribadito una situazione di "quasi sudditanza" (sono parole sue) dei servizi italiani rispetto alla CIA, che si muoveva sul nostro territorio con totale autonomia, e trattava gli italiani come subalterni incapaci. (2)
Nell'ottica della salvaguardia dell'occidente atlantico, il presunto reclutamento di un uomo come Franco Giorgio Freda, risulta utilissimo e funzionale ai disegni tattico-strategici elaborati in ambito statunitense da organizzazioni quali la CIA, il Pentagono e gli alti vertici della NATO; allo scopo di utilizzare uomini di sicura fede anticomunista cui affidare il ruolo di manovalanza, di esecutori materiali delle trame intessute dai manovratori atlantici. A riprova dei contatti e dei legami tra gruppi del tipo Ordine Nuovo e ambienti vicino ai servizi statunitensi vi è un recente rapporto del ROS dei carabinieri, depositato agli atti del processo sui fatti eversivi negli anni '70, in particolar modo su Piazza Fontana: una serie di personaggi erano contemporaneamente militanti delle organizzazioni "eversive" d’estrema destra e agenti della CIA. Nel primo ruolo partecipavano alle organizzazioni degli attentati, nel secondo scrivevano diligentemente le relazioni di servizio.(3) Per quanto riguarda la cellula veneta e specificatamente il gruppo di Padova, comprendente Freda, la funzione di tramite veniva assunta, come affermato dallo stesso interessato, da Carlo Digilio, chi ricorda i rapporti di Freda, Ventura e Zorzi con ambienti dei servizi segreti e, attraverso lui Soffiati, della CIA. Oltre a Freda che firmava rapporti informativi come "agente T", del gruppo di Padova facevano parte anche Massimiliano Fachini, che è un collaboratore dei servizi di sicurezza italiani e lo ha ammesso finalmente anche il generale Maletti, capo del reparto D; Gianni Casalini, informatore dei servizi segreti italiani - come dalle dichiarazioni di Vincenzo Vinciguerra nell'intervista del programma televisivo "Dossier Gladio", cit.
anche in Sergio Flamigni, "Trame atlantiche", pag. 98 e nei documenti giudiziari del giudice Salvini. Cfr. Calvi-Laurént, "Piazza Fontana. La verità su una strage", pag. 115 .
Freda ed il gruppo di Padova, fin dall'inizio, si mettono praticamente al servizio, come altri gruppi, di questa strategia le cui origini risalgono all'immediato dopoguerra, quando viene elaborato il famoso "Piano X" da parte dell'ufficio Operazioni dello Stato Maggiore dell'Esercito, in collaborazione con servizi alleati angloamericani. Tale "Piano X" prevedeva l'assistenza, il finanziamento e l'armamento di movimenti anticomunisti legati a forze reazionarie, spesso addirittura neofasciste, affinché promuovessero quelle azioni di sabotaggio, di guerriglia e di disturbo poi attribuite ai partiti del Fronte Popolare. Ricordiamo che siamo a cavallo degli anni 1947-48, periodo in cui vengono create le reti dell'operazione stay-behind, meglio nota come Gladio. Vincenzo Vinciguerra sostiene in merito che:
"E' proprio sul terreno di questo "anticomunismo atlantico" che il mondo neofascista, alla ricerca di un posto all'ombra dei potenti, ha finito per legarsi definitivamente al carro americano, nella sola posizione possibile: quella di uno degli strumenti d'azione del potere statunitense.Non si è trattato cioè di una alleanza, ma di una posizione di assoluta sudditanza politica ed operativa, di cui almeno gli esponenti di vertice del neofascismo (come Freda, N.d.R.) non potevano non essere consapevoli" (4)
Ora, sulla falsa riga del Piano X, all'inizio degli anni '60 si tiene in Svizzera e più precisamente a Berna una riunione di tutti i servizi segreti occidentali, in accordo con quelli della Cina. La strategia da adottare, in funzione antisovietica, viene individuata da due linee di condotta fondamentali: la prima linea era diretta a compiere degli attentati per farli ricadere sulla sinistra; mentre la seconda linea invece era di infiltrazione nei gruppi di sinistra.
"Va rilevata un'inquietante coincidenza: all'epoca la CIA lancia una vasta operazione di controllo degli ambienti liberali e di sinistra americani (denominata MH-Chaos) che, in una delle sue ramificazioni (Project-2), prevede L'infiltrazione negli ambienti maoisti negli Stati Uniti e all'estero. Responsabile di tale operazione altri non è che James Jesus Angleton, capo del controspionaggio della CIA e mentore americano di D'Amato(' (5).
Vediamo ora come Freda ed il gruppo di Padova si sono prestati ed adoperati a realizzare l'opera di infiltrazione a sinistra e a partecipare ad attentati da attribuire alla sinistra. Come conseguenza operativa della riunione del Club di Berna " ...iniziano poi ad essere affissi sui muri di Roma e di altre città, migliaia di copie dei cosiddetti manifesti cinesi. Tale operazione fu diretta dall'Ufficio Affari Riservati del ministero degli Interni, guidato da Umberto Federico D'Amato, uno dei promotori della riunione di Berna e che stese un velo protettivo sui singolari attacchini "cinesi" tanto che a Roma, ed altrove, alcuni di costoro "fermati" dalle volanti della polizia ed accompagnati in Questura, vennero subito rilasciati senza che, a loro carico, venisse assunto alcun provvedimento di carattere amministrativo e/o giudiziario"(6)
Il collegamento di Freda a Roma, come afferma Ventura nell'interrogatorio del 20-11-1972, era Guido Paglia, dirigente di Avanguardia Nazionale, alle dipendenze del Servizio Informazioni Difesa (SID). "Nessuna meraviglia deve destare il fatto che a creare questi gruppi marxisti-leninisti di ispirazione "cinese" fossero, fra gli altri, i "nazisti" italiani. Ad Avanguardia Nazionale, infatti, va ascritto il "merito" di aver affisso sui muri delle città italiane nei primi anni '60 migliaia di manifesti cosiddetti "cinesi" perché inneggiavano all'ortodossia dottrinaria ed ideologica della Cina di Mao, contrapposta al "tradimento" dei "revisionisti" sovietici.
Coordinatore in Italia di questa operazione che venne estesa in diversi paesi europei, fu il direttore de "Il Borghese" Mario Tedeschi, intimo e fraterno amico del questore Federico D'Amato, dirigente dei servizi segreti civili del ministero degli Interni."(7) "Significative ed inequivocabili sono in tal senso le dichiarazioni del Ventura: egli riferisce infatti come l'organizzazione eversiva fosse nata con un'impostazione nazifascista; si articolasse su di una direttrice veneta che faceva capo al Freda, nonché su un'altra romana che faceva capo a Stefano Delle Chiaie; avesse elaborato la propria strategia di base in una fondamentale riunione, tenutasi il 18-4-1969 a Padova, alla quale erano intervenuti il Freda ed altri esponenti di rilievo della cellula eversiva veneta e di quella romana. In tale riunione si era concepito il programma della cosiddetta "seconda linea" o "doppia organizzazione" secondo cui occorreva strumentalizzare, con opportune manovre di infiltrazione e di provocazione, i gruppi estremisti di sinistra, in modo da compromettere questi ultimi negli attentati e farli apparire come responsabili di un'attività eversiva la cui reale matrice, invece, era di destra(' (8)
Successivamente Freda e Ventura continuarono l'operazione tentando di infiltrarsi nelle organizzazioni di estrema sinistra, più precisamente in gruppi filocinesi. II dottor Emilio Alessandrini afferma nella requisitoria del 6 febbraio 1974 che Freda alla fine degli anni '60 mantiene frequenti contatti con la Legazione Cinese di Berna e, che anzi da quest'ultima avrebbe ricevuto il finanziamento per la pubblicazione del "Libretto rosso".Tutto ciò corrisponderebbe alla logica, solita, di un' "opera" di penetrazione condotta dal SID negli ambienti filocinesi italiani, tramite Freda che, legittimato dai contatti con diplomatici cinesi a Berna, può instaurare ottimi rapporti con Elio Franzin e Mario Quaranta, due esponenti di spicco della sinistra extraparlamentare "Va osservato che le conversioni alla sinistra di Freda e Ventura, sono, guarda caso (ma il caso non esiste...), contemporanee a quelle di Merlino e di alcuni suoi compagni nel famoso viaggio in Grecia organizzato da Pino Rauti nell'aprile del 1968.(...) Freda e Ventura tentano di infiltrarsi tra questi ultimi (gruppi filocinesi, N.d.R.), in particolare nel Partito Comunista d’Italia marxista-leninista (PCD'IM-L) (finanziato direttamente dalla CIA, la quale era a conoscenza dei nomi degli aderenti ancor prima della costituzione del movimento, N.d.R.), e a uno dei suoi leader, Alberto Sartori, ex comandante partigiano delle brigate Garibaldi, Ventura offre la direzione amministrativa della Lito (tipografia specializzata nelle pubblicazioni di estrema sinistra, N.d.R.)(9) l'agente "T" Franco Freda inizierà all'opera di infiltrazione anche alcuni suoi colleghi quali Claudio Mutti (comparso nella lista della Rosa dei Venti) che tenta a Parma l'infiltrazione in movimenti di sinistra insieme a Claudio Orsi.
Ricordiamo che al momento del suo primo arresto nel 1974, per concorso in strage, Claudio Mutti fu perquisito e sotto la suola di una scarpa fu trovato un bigliettino di Freda allora detenuto a Brindisi - indirizzato all' "agente Z" Guido Giannettini.
Lo stesso Giannettini è l'autore dei documenti ritrovati nella cassetta di sicurezza di Montebelluna intestata alla madre del Ventura; carteggi che rilevano le esigenze di infiltrazione a sinistra, adatti al conseguimento degli obiettivi che la cellula veneta di Freda e Ventura si era prefissata.
Nell'ottica della infiltrazione a sinistra è probabilmente da inserire anche la progettazione e la stesura dello scritto di Freda "La Disintegrazione del Sistema", così come sostenuto dal Vinciguerra che ebbe questa confidenza dallo stesso Freda nel 1971. Il testo fu infatti pubblicato nel 1969 dalla casa editrice fondata qualche anno prima da Freda stesso, le edizioni di Ar; cui bisogna obiettivamente riconoscere l'apporto culturale fornito alla formazione politico-militante ed il merito di aver pubblicato scritti fondamentali di Julius Evola, Adolf Hitler, Corneliu Z. Codreanu, Werner Sombart, Leon Degrelle, Adriano Romualdi e molti altri.
Sempre in funzione di stabilizzazione e di difesa dell'ordine atlantico occidentale, Freda si adopera nella diffusione di lettere-volantini indirizzati agli ufficiali dell'esercito italiano, invitandoli ad aderire ai Nuclei di Difesa dello Stato, organizzati in ambito NATO come struttura parallela da affiancare a Gladio. I legami di Freda con ambienti vicini allo Stato repubblicano ed antifascista nato dalla Resistenza si riaffacciano nei rapporti che questo intrattiene con il gruppo milanese di Ordine Nuovo, La Fenice, che aveva, chissà come, ampia disponibilità dei timer acquistati da Freda a Bologna presso la ditta Elettrocontrolli (lo stesso tipo utilizzato nella strage del 12 dicembre 1968). Il gruppo La Fenice è diretta emanazione dei vertici politico-militari dello Stato italiano, in quanto collegato e colluso con il SID e col comando della Divisione Pastrengo dei carabinieri.
Alla luce di questi fatti è d'uopo collegare l'intero operato di Freda con le teorie precedentemente esposte e discusse nel convegno dell’istituto Pollio, dove era presente l'amico Giannettini legato ai servizi segreti ed allo Stato Maggiore della Difesa.
Per questa strada ci si avvia alla stagione degli attentati, da attribuire logicamente alla sinistra, per giungere all'apice del 12 dicembre 1969 con Piazza Fontana, momento di arrivo, terminale di un'operazione che doveva portare allo proclamazione dello stato di emergenza.
Il gruppo di Freda è implicato, assumendosi il ruolo di esecutore, nella escalation di questi attentati, dai treni alle banche, da Roma a Milano.
Un episodio curioso è la sospensione dell'incarico nel 1969, con argomenti pretestuosi, del capo della squadra mobile di Padova Pasquale Juliano, che aveva scoperto la cellula eversiva padovana di Freda e Fachini prima della strage di piazza Fontana, rischiando così di far fallire il piano eversivo prima che iniziasse. (10)
Il SID, grazie agli informatori di cui disponeva in seno alla cellula veneta di Freda e al gruppo romano di Delle Chiaie, era sicuramente informato in anticipo di tutti gli attentati commessi nel corso del 1969. I servizi si adoperarono in modo sistematico a fermare qualsiasi inquirente che potesse ostacolare la cellula veneta nei propri compiti, così come successo a Pasquale Juliano.
E così si giunge all'esplosione dell'ordigno nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura di Milano in cui rimasero coinvolti decine di innocenti, vittime sacrificali dello Stato italiano, da immolare sull'altare dell'alleanza atlantica. Come da copione, alcune ore dopo l'esplosione, gli inquirenti hanno già i nomi dei presunti responsabili, appartenenti al gruppo di Padova e alla cellula veneta di ON, ma vengono fatti desistere, si dice di lasciar perdere e di guardare altrove. Dopo alcuni giorni e qualche velina proveniente dai meandri di qualche palazzo romano, il dito viene puntato a sinistra incolpando l'anarchico Pietro Valpreda. Da quel momento ognuno recita il proprio ruolo: giornalisti, forze di polizia, carabinieri, ministero dell’interno. Il procuratore di Milano Alessandrini sottolinea nella sua requisitoria del 1974 che era impossibile che Freda e Ventura, mentre erano sotto il controllo di un agente del SID legato allo Stato Maggiore (Giannettini), si fossero lanciati negli attentati senza pensare che agivano con la copertura del SID e dello Stato Maggiore. E così fu. E' emerso ad esempio che venne preparato un attentato (poi non eseguito) a Giancarlo Stiz, il giudice che nel 1971 aveva indagato per primo su Freda e Ventura in epoca in cui la verità ufficiale attribuiva la strage di Piazza Fontana a Valpreda e ai suoi compagni. Freda fu ugualmente arrestato e le indagini passarono per competenza territoriale al giudice D'Ambrosio fino al dicembre del 1974 quando non si sa perché si trasferì il tutto al Tribunale di Catanzaro. Durante la detenzione di Freda, vennero fatti numerosi tentativi per farlo fuggire.
Benché proprio Freda e il suo gruppo fossero condannati in primo grado per l'attentato terroristico, la fonte fu disattivata e i documenti distrutti per intervento del generale Maletti, capo del reparto D dei SID. (11).
Giannettini afferma che lo stesso Maletti invia il capitano Labruna a recarsi a Barcellona per incontrare Stefano Delle Chiaie al fine di concordare un'eventuale fuga di Freda in America Latina attraverso la Spagna. II Delle Chiaie stesso conferma ciò in un'intervista rilasciata a "Panorama" del 4 maggio 1976. Nel periodo di detenzione di Freda furono attivati anche numerosi canali legati alla massoneria e alla 'ndrangheta calabrese soprattutto grazie alla figura dell’avvocato massone Romeo, che fu poi arrestato nel 1980 per favoreggiamento personale avendo agevolato, per conto del SID, la fuga dalla Calabria di Franco Freda (imputato per la strage di Piazza Fontana). (12)
Molti anni dopo la Corte di Cassazione condannò il gen. Maletti e il capitano Labruna rispettivamente a un anno e a dieci mesi di reclusione per aver depistato le indagini. La stessa corte assolse definitivamente i tre principali imputati, Giannettini, Freda e Ventura. Personalmente non possediamo alcun elemento giudiziario per condannare la persona di Freda per la strage di Piazza Fontana, tanto meno ci interessa il fatto; ma vogliamo ribadire che il suo operato fa pensare ad una collaborazione organica con gli apparati dello Stato; per assecondare le strategie del momento, elaborate oltreoceano dalle teste d'uovo del Pentagono, della CIA e della NATO.
Chiedetevi come mai, ad eccezione dell'atto di guerra di Peteano contro l'Arma più rappresentativa dello Stato, ideato, elaborato e portato a termine del soldato politico Vincenzo Vinciguerra; nell'arco di trent'anni il neofascismo non ha mai colpito o almeno tentato di colpire uomini simbolo delle istituzioni di quello Stato che a parole volevano abbattere, ma che nei fatti difendevano; perché non hanno mai attaccato esponenti dell'alta finanza mondialista, perché non hanno mai tentato di attaccare rappresentanze diplomatiche in Italia, ambasciate, consolati di paesi come gli Stati Uniti o Israele.
Chissà perché...
Lo stesso Freda, una volta caduto il comunismo e venuta meno quella che i suoi colleghi di apparato hanno definito convergenza tattica, non si é rivolto, nei fatti, contro l'Occidente plutocratico, contro quelle democrazie che hanno costituito il nemico mortale delle potenze dell'Ordine Nuovo durante la seconda guerra mondiale.
No, questo Freda non l'ha fatto perché lui come Rauti e tanti altri sono solamente al servizio del Sistema, continuando ad ingannare i militanti in buona fede che li seguono, baloccandosi con le politiche xenofobe ed antiimmigratorie tese soltanto alla difesa dei detriti della razza bianca, appendice putrescente dell'Occidente giudeo-plutocratico.
Note:
1) "I burattinai", di Philip Willan, Tullio Pironti Ediiore, Napoli 1993;
2) "Il generale Maletti e le verità di Piazza Fontana", di Franco Ferraresi, sul "Corriere della Sera" del 16 marzo 1997;
3) "Piazza Fontana. Nuove accuse per Freda e Ventura", di Giovanni Maria Bellu, su la
"Repubblica" del 21 giugno 1996;
4) "Ergastolo per la libertà. Verso la verità sulla strategia della tensione", di Vincenzo Vinciguerra, Edizioni Arnaud, Firenze 1989;
5) "Piazza Fontana. "La verità su una strage", di Fabrizio Calvi e Frédéric Laurent, Mondadori, Milano 1997;
6) "Il Drago e l'Arcangelo" di Vincenzo Vinciguerra, pubblicato su "Avanguardia" dal numero 125, maggio 1996, al numero 130 dell'ottobre '96
7) "La voce del silenzio", di Vincenzo Vinciguerra, pubblicato su "Avanguardia", dal numero 101, maggio 1994, al numero 113, del maggio 1995;
8) "Servizi segreti", a cura di Pietro Calderoni, Tullio Pironti editore, Napoli 1986;
9) come nota 5;
10) "La strage. L'atto di accusa dei giudici di Bologna", a cura di Giuseppe De Lutiis, Ed. Riuniti, Roma 1986;
11) "Lo Stato parallelo. L’Italia "oscura" nei documenti e nelle relazioni della Commissione Stragi", di Paolo Cucchiarelli e Aldo Giannuli, Gamberetti Editrice, Roma 1997;
12) "Trame atlantiche", di Sergio Flamigni, Kaos Edizioni, Milano 1996.
Articolo estrapolato dal mensile "AvAnguardia"

martedì 24 novembre 2009

L'agente "doppio" Pino Rauti.


di Manuel Negri.

Non v'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Così atteggiandosi, molti continuano ancora a credere alle vecchie cariatidi del neofascismo italiano, come Rauti o Freda, anche davanti a numerosi elementi che li hanno inchiodati al muro e liquidati come collaboratori organici dei presidii operativi all'interno dell'Occidente in funzione di stabilizzazione dell'ordine atlantico imposto dagli Stati Uniti d'America.
La "commedia" di Rauti inizia già durante I'esperienza della Repubblica Sociale Italiana; è lui stesso a confermare che mai fu fascista, ma come egli sottolinea:
"Avevo scelto di combattere nella RSI, sapendo che la guerra era perduta, per motivi più patriottici che ideologici."(1)
Terminata la seconda guerra mondiale, prende il via la strategia statunitense del mantenimento dello status quo, in funzione antisovietica, per mantenere inalterati gli equilibri di Yalta. In questo contesto gli ex pseudofascisti alla Rauti partecipano alle trame del Sistema ed assumono un ruolo subalterno e subordinato che i vincitori, i detentori del potere, assegnano agli sconfitti che si mettono al loro servizio.
Rauti, già negli anni cinquanta, inizia a lavorare come giornalista del quotidiano "Il Tempo" di Roma, testata giornalistica che riceveva generose sovvenzioni statunitensi, per il quale, Rauti stesso andava a visionare i carri armati Leopard.
Nel 1956 dà vita ad Ordine Nuovo, che risulta essere una organizzazione parallela, secondo quanto teorizzato dallo stesso Rauti nel suo intervento al Convegno del Parco dei Principi: "Non si pensi che questo convegno esaurisca la sua importanza nel dar vita al documento conclusivo. Spetterà poi ad altri organi, in senso militare, in senso politico generale, trarre da tutto questo le conseguenze concrete e far sì che segua l'elaborazione concreta della tattica controrivoluzionaria e della difesa." (2) Ordine Nuovo riceveva armi ed esplosivi dall'Arma dei Carabinieri e dall'Esercito Italiano, nel quale Rauti aveva enorme fiducia e che difendeva a spada tratta contro tutto e tutti. Giunse anche a pubblicare, a fianco di Giannettini e Beltrametti, un opuscolo "Le mani rosse sulle forze armate': commissionato dal generale Aloia, in sua difesa, dopo essere stato duramente attaccato dai comunisti e da Paese Sera, in seguito alla presentazione a Cesano di Roma del primo (ed ultimo) battaglione di Assalto.(3) L'elaborazione dottrinaria della guerra controrivoluzionaria vede la luce appunto il 3 maggio 1965 all'hotel Parco dei Principi di Roma; il famoso convegno dell’istituto Pollio. Nello stesso anno, ricordiamolo, Licio Gelli, già collaboratore dei servizi di sicurezza, viene ammesso alla Loggia Romagnosi per intervento del vertice massonico. La massoneria di Palazzo Giustiniani è diretta da un uomo di fiducia della CIA, il Gran Maestro Giordano Gamberini. (4)
Con lui, la massoneria- internazionale, tramite la Loggia Propaganda 2, assume un ruolo importante nella lotta anticomunista.
Il convegno dell’istituto Pollio, dicevamo, è stato patrocinato dallo Stato Maggiore della Difesa, organizzato dai Servizi Segreti (ufficio REI, diretto dal colonnello rocca), finanziato dal SID. Tra gli altri, vi parteciparono oltre a Rauti, personaggi come Giorgio Pisanò, il "fascista" cui nessuno doveva "toccare" i carabinieri e la Nato, Beltrametti, Giannettini e tra gli invitati figurava anche Stefano Delle Chiaie.
Dalle dichiarazioni di due partecipanti come De Boccard e Finaldi apprendiamo che I'lstituto " ...fu indirettamente finanziato dall'Ufficio "R" del SIFAR mediante una campagna di abbonamenti ai bollettini che I'lstituto stesso pubblicava presso una agenzia "D". (...) Lo stesso "relatore" Pino Rauti, le cui iniziative politiche vengono, come si è visto, sovvenzionate dal SIFAR, comparirà già nel 1968, nella informativa del SID del 25 novembre. Nello stesso anno è in rapporti con la nota AginterPress (diretta emanazione della CIA, N.d.R.). (...) Rauti, Giannettini, Beltrametti, Torchia Giorgio, risulteranno assunti dallo Stato Maggiore della difesa diretto dal generale Aloia e "devoluti" alle esigenze del Sid dell'ammiraglio Henke.
(5) Pino Rauti risulta dunque aver lavorato per lo Stato Maggiore delle Forze Armate nate dalla Resistenza antifascista, è stato un esperto del SID ed ha reclutato uomini per queste strutture parallele. Se non bastasse, potremmo citare le parole del colonnello Oscar Le Winter, ex agente della CIA, il quale afferma l'esistenza di un documento CIA che elenca persone, grado, compenso mensile di uomini legati a questa associazione. Rauti era un agente del grado 2 e veniva stipendiato con 4000 dollari al mese. (6)
Rauti "predicava la rivoluzione", che "tutto doveva distruggere per tutto ricostruire" e formava, contemporaneamente e riservatamente, i "Nuclei di Difesa dello Stato" (inquadrati in ambito Nato, N.d.R.) che, ovviamente, rivolgevano il loro interesse propagandistico alle Forze Armate e di polizia". (7)
"Nel corso del 1966, molti ufficiali dell'Esercito Italiano ricevettero una lettera che li invitava ad organizzarsi per reagire alla montante offensiva del comunismo. II centro di controspionaggio di Padova (diretto dal colonnello dei carabinieri Giorgio Slataper) inviava all'ufficio "D" del SID una nota informativa nella quale si segnalava la possibilità che ispiratori della lettera fossero Pino Rauti e Giulio Maceratini (8)
A confermare ciò abbiamo la requisitoria del 13 dicembre1974 del Pm. Alessandrini, in
occasione del processo per la strage di Piazza Fontana:
"Fin dal 1966 Freda e Ventura, poco più che ventenni erano in contatto col gruppo Rauti-Giannettini installatosi nel SID per Maggiore e per conto di questo gruppo spedirono manifestini dei sedicenti Nuclei di Difesa dello Stato a vari ufficiali dell'Esercito"(9)
Il legame di sudditanza che univa ON alle istituzioni repubblicane e atlantiste è determinato dalla guida del movimento assunta da Rauti, ma affidata alle "stellette" dei vari corpi separati italiani ed atlantici e dagli organismi di sicurezza, a cominciare dal SIFAR fino al Sismi.
ON era una filiale dei Servizi di Sicurezza con una linea politico-ideologica funzionale all'Alleanza Atlantica; espletava il proprio compito tramite infiltrazione, provocazione e strumentalizzazione di gruppi politici volti a perseguire fini coincidenti con quelli di alcuni apparati dello Stato ai quali erano legati.
Questa era la strategia della controguerra rivoluzionaria, atta ad acuire le tensioni sociali, nel mostrare il pericolo che doveva essere evidenziato tramite attentati da attribuire alla sinistra, ma anche attraverso infiltrazioni a sinistra.
Tutta la visione politico-strategica degli "anni di piombo" risale a questa elaborazione, attuata in modo perfetto da ON, tendente a programmare un'attività sovversiva che attraverso stragi sollecitasse una reazione emotiva, psicologica da parte del popolo, capace di rafforzare le strutture dello Stato contro il pericolo rappresentato dalla sinistra; assai significativa è in merito la definizione di Vinciguerra "destabilizzare per stabilizzare':
Rauti si prestò a fare questo, a condurre questa guerra, perché di vera e propria guerra si tratta, contro la popolazione civile, al fine di assecondare gli equilibri strategici atlantici in funzione anticomunista.
Le sopracitate analisi e conclusioni vengono confermate dal giudice Salvini, che segue l'inchiesta su Piazza Fontana, il quale in una sua sentenza-ordinanza dice fra l'altro che "la presenza di settori degli apparati dello Stato nello sviluppo del terrorismo di destra non può essere considerata "deviazione" ma normale esercizio, per un lungo periodo, di una funzione istituzionale. La posta in gioco era la difesa degli equilibri politici esistenti in Italia e il mantenimento del nostro paese nel campo occidentale ed atlantico." (10)
Grazie a Rauti iniziano a muoversi in questa scacchiera gli uomini del gruppo di Padova, che entrarono così a far parte del "gioco sporco". Rauti e Giannettini parteciparono ad un importante incontro con Freda tenutosi a Padova il 18 aprile 1969 durante il quale i Servizi Segreti avevano dato via libera alla campagna di attentati del gruppo padovano ed alla strategia di infiltrazione a sinistra. (11)
Rauti risulta ancora protagonista qualche anno dopo, sempre in circostanze poco chiare, quando gli furono consegnati i documenti massonici riguardanti le compromissioni nel golpe Borghese da parte di noti esponenti politici. (12)
Alla luce di questi fatti e considerazioni, I'europarlamentare Pino Rauti afferma oggi,
con grande faccia tosta, che è possibile che alcuni elementi di destra possano essere stati manovrati e strumentalizzati dai servizi. Forse tralascia il fatto che questa strumentalizzazione, come lui la chiama, è stata possibile grazie al fatto che a capo di questi uomini, nella maggior parte dei casi, vi era lui con ON, che fin dall'inizio con i servizi ci lavorava.
Per chi ancora non fosse convinto della malafede di questo individuo, ricordiamo che quando fu alla guida del MSI - dal gennaio del 1990 al luglio del 1991 - non riuscì neanche a cancellare la dicitura "destra nazionale" dal simbolo del partito; non compì il minimo tentativo per realizzare tutto ciò che da anni continuava a raccontare a destra e a manca: Rauti non ha mai assunto una reale posizione antagonista agli Stati Uniti, al liberalcapitalismo.
Durante la sua segreteria non prese mai una netta e contraria posizione all'intervento italiano nella guerra del Golfo che fu di sostegno agli USA ed a Israele; non ha mai cercato di attualizzare l'eredità dei postulati sociali, popolari, anticapitalistici e rivoluzionari della Repubblica Sociale Italiana, della quale si ritiene portabandiera; non ha mai cacciato fuori dal MSI tutta la componente reazionaria, conservatrice e filomassonica. Rauti, e nessun altro appartenente al MSI, poteva e doveva fare questo poiché il "Movimento senza importanza" era solamente un calderone anticomunista e patriottardo che del Fascismo Sociale e Rivoluzionario, anticapitalistico e antigiudaico non possedeva nulla.
Così pure oggi, Pino Rauti continua imperterrito il suo operato di agente sistemico a riposo, senza più compiti e doveri di prima importanza, ma al quale nessuno rimprovera ormai qualche uscita e sparata velleitaria, quasi come a voler ringraziarlo dei servizi resi per molti anni alla causa antifascista.
Note:
1) "lnterrogatorio alle destre", di Michele Brambilla, Ed. Rizzoli 1995;
2) "Servizi segreti" a cura di Pietro Calderoni, Tullio Pironti editore, Napoli 1986;
3) "Il mistero della Rosa dei Venti" di Amos Spiazzi di Corte Regia, Ed. Centro Studi
Carlomagno, 1995;
4) "Trame atlantiche" di Sergio Flamigni, Kaos edizioni, Milano 1995;
5) Pietro Calderoni, op. cit.;
6) Intervista rilasciata alla trasmissione di "Rai 3" "Dossier Gladio";
7) "La strategia del depistaggio" di Vincenzo Vinciguerra, Ed. II Fenicottero, 1993;
8) "Lo stato parallelo" di Paolo Cucchiarelli e Aldo Giannuli, Gamberetti editrice, Roma 1997;
9) "La strage di Bologna" a cura di Giuseppe De Lutiis, Ed. Riuniti Roma 1986;
10) cfr. "Gazzetta di Mantova" del 29 maggio 1995;
11) "I burattinai. Stragi e complotti in Italia" di Philip Willan, Tullio Pironti editore, Napoli 1993;
12) Pietro Calderoni, op. cit.
articolo estrapolato dal mensile “Avanguardia” n°12 dell’anno XV – n°143 della serie – Dicembre 1997 -

domenica 1 novembre 2009

Invaders

"Una lunga copiosa serie di demolizioni, distruzioni, tramonti,
capovolgimenti ci sta ora dinanzi: chi già da oggi può avere sufficiente
divinazione di tutto questo da diventare maestro e veggente di questa
logica dell'orrore, da essere il profeta di un ottenebramento e di un eclisse di
sole, di cui probabilmente sulla terra non si è visto l'uguale..."


F. Nietzsche, La gaia Scienza

Ormai è sotto gli occhi di tutti: stranieri di tutte le razze affluiscono quotidianamente sul nostro suolo, con la complicità delle organizzazioni "umanitarie"... Il fatto che il governo raccolga le istanze del popolo leghista non è una inversione di tendenza. Tutt'altro! I governanti hanno capito che bisogna porre un freno a tutto questo pericoloso andazzo se vogliono continuare ad amministrare l'amministrabile, ma sanno pure che ciò è un palliativo. Le istituzioni mondialiste - al contrario - premono affinchè i freni siano allentati: vogliono un popolo di sradicati, di senza terra, di apolidi senza cultura. Su questo tutti convergono: dal capitalismo predatore, fino alle organizzaizoni sindacali e umanitarie. Tutti cantano in coro la medesima canzone. E' la sirena mondialista che non vuole patrie nè persone attaccate alla propria terra e alle proprie tradizioni. Alla fine la lotta che osserviamo tra destra e sinistra è solo un lugubre teatrino proteso ad accellerare il processo di omologazione culturale. Infatti, se da una parte si cerca strenuamente di accellerare il processo di assimilazione, dall'altra si cerca di difendere la cultura allogena. In realtà, i due processi diametralmente opposti sono studiati, permessi ed applicati con un unico fine: rendere lo spazio circostante un mix di culture e religioni. Con la politica dei "falsi respingimenti" si tiene buona quella fetta di opinone pubblica che si è accorta - seppure in ritardo - dell'inganno multiculturale. Con le politiche dell'accoglienza si fortifica il fronte degli immigrati e la parte minoritaria del paese che vuole la loro integrazione.L'Italia è diventata così il capolinea di milioni di disperati provenienti dall'Africa e dall'Asia. Il presidente della camera, Gianfranco Fini, deve "lottare" per far accettare persino un periodo più lungo per ottenere la cittadinanza. E' una battaglia persa in partenza poichè sia l'establishment industriale, sia il magma terzomondista vogliono la stessa identica cosa: l'abbattimento delle frontiere. Del resto, dopo che il fascismo è stato derubricato a fenomeno anacronistico e guerrafondaio, cosa è rimasto? La cultura di origine cattolica, univeralistica, prona ai diktat del Vatinano; e il culturame comunista che, in nome di un bieco ed anacronistico internazionalismo, vuole dare l'Italia in pasto a questi sciacalli senza tradizioni.