domenica 2 ottobre 2011

Il Grande Inganno: l’oro e la guerra


di Gian Paolo Pucciarelli - 02/10/2011

Fonte: Rinascita 


Prima del 1914 un’oncia d’oro valeva 20 dollari in United States Note. Con una banconota da 20 dollari si comprava, al netto delle spese di cambio, una moneta d’oro del peso di gr. 31 circa. Oggi occorrono 50 banconote da 20 dollari (Federal Reserve Notes) per comprare la stessa moneta d’oro, ammesso che sia disponibile.
Il che sembra ovvio o, meglio, “fisiologico”. Tutto si spiegherebbe con la perdita, nel corso del tempo, del potere d’acquisto della moneta, ignorando il fatto che chiunque ne faccia uso deve simultaneamente farsi carico di un debito e assumere l’onere perpetuo di pagarne gli interessi.
Il che, beninteso, non è evidente, ma grazie alle alchimie politiche e alla scienza attuariale è economicamente corretto, anche se eticamente truffaldino.
La moneta a corso legale, infatti, non è soltanto un mezzo di pagamento, ma può diventare, con estrema facilità, lo strumento di speculazione del capitale privato.
Chi non ci crede, potrebbe dare un’occhiata al capitale di Bankitalia o della BCE in regime Euro (nell’anno Domini 2011). Ma dovrebbe anche chiedersi perché a Londra esiste il LBMA (London Bullion Market Association), inaccessibile luogo in cui viene quotidianamente fissato il prezzo dell’oro sul mercato mondiale.
Che la cosa avvenga dal 1919 (l’anno dei diffusi sospetti) è poco convincente, anche se rivestita di ufficialità. La pratica infatti risale al 1815, ma il vero precedente è del 1773. Allora l’idea di Mayer Amschel Bauer diventa tecnica finanziaria che condizionerà l’economia dell’età contemporanea.
Costui (Mayer Amschel) ha una piccola bottega a Francoforte sul Meno, ma non è artigiano, bensì mercante d’oro, come lo chiameranno più tardi almeno due generazioni di regnanti inglesi, cioè “The Goldsmith” (che significa anche “gold dealer”). Appellativo che gli resterà appiccicato anche quando suo figlio, Nathan Mayer, sarà nominato baronetto da Re Carlo III (dinastia Hanover) e da questi assunto in via permanente alla corte britannica, in qualità di consigliere economico di Sua Maestà.
L’idea (sulle prime assai peregrina) di Mayer Amschel Bauer consiste nel finanziare il Re (in oro) a patto che questi gli affidi il compito esclusivo di esattore delle imposte, ferma restando la facoltà del finanziatore di negoziare i certificati di deposito equivalenti su piazze diverse.
Il progetto è geniale, ma per realizzarlo occorre entrare nel giro della “Judengasse”, dove l’oro si scambia col denaro liquido in cospicue quantità e ben oltre la competenza di meno nobili strozzini che prosperano nei vicoli adiacenti.
Nel salto di qualità è anche opportuno assumere un nuovo cognome, che (per legge) si deve cambiare. Lo suggerisce uno scudo rosso (Roth-Schild), simbolo che troneggia sopra la vecchia bottega del banco dei pegni. Mayer Amschel diventa Rothschild. Ma è solo il primo passo. Occorre coinvolgere i grandi “Gold Dealers” di Francoforte, invitandoli a impiegare i loro sostanziosi capitali in operazioni più redditizie (rispetto a quelle correnti e limitate alla sola piazza della città sul Meno). Maestro nell’arte della persuasione e assai dotato di fiuto diplomatico, Rothschild instaura una sorta di colossale gioco senza frontiere, puntando l’intera posta sul tallone d’Achille delle grandi potenze, il bilancio.
Pretese imperialistiche e fermenti sociali non sono per lui che segnali indicatori del giusto investimento dei crescenti capitali di cui egli può gradualmente disporre.
L’oro è “moneta” internazionale, capace di comprare popoli e sovrani e di sostituirsi alle banconote correnti (lo sanno i monarchi sognatori e i rivoluzionari che rincorrono utopie). Ma può diventare un vincolo o costituire viceversa credenziale necessaria (e non sempre, sufficiente) alle manovre finanziarie che le circostanze politiche possono giustificare. Tutte cose che Rothschild intuisce, prevedendo possibilità di guadagno sulla convertibilità della moneta, ma lucrando anche sulla negoziazione dei certificati di deposito che l’equivalente in oro dovrebbero rappresentare. Fra controversie mai pienamente definite, nasce così il gold-standard.
Ma il dubbio sulla concreta esistenza d’una riserva aurea (corrispondente alla circolante moneta) è secolare, come del resto quello sulla variabilità del rapporto oro/moneta.
L’idea del Rothschild diventa comunque, nell’Europa rivoluzionaria e nei decenni a venire, criterio monetario, in base al quale si crea moneta e si lucra sul gettito fiscale.
Questo è possibile anche quando dell’oro non si dispone (o se ne è perso il possesso). Come?
Contrattando i certificati di deposito equivalenti alle Borse di Parigi, Londra e Francoforte, per farne fra l’altro riserva sostitutiva che giustifichi l’emissione di altre banconote (nel linguaggio Fed, “legal tender”), cioè denaro d’uso corrente.
Nella circostanza (al tempo dell’”illuminato” Mayer Amschel) si prospetta al Re l’opportunità di tutelare la difesa del Regno, acquistando armamenti.
L’oro, in caso di guerra, è garanzia reale, ma nei mercati finanziari si trattano i titoli che lo rappresentano. Lo impareranno, a loro spese, il Bonaparte a Waterloo e, centotrenta anni più tardi, Adolf Hitler.
S’inaugura così l’economia speculativa del libero mercato che mal sopporta gli equilibri politici e vede, nel conflitto armato, ghiotte occasioni di guadagno.
Rothschild si garantisce l’esclusiva competenza sulla negoziabilità dei certificati di deposito e l’eventuale agganciamento al gold-standard, costituendo Rothschild Houses, a Londra, Parigi, Vienna e Napoli, alla cui guida il neo banchiere colloca (Francoforte compresa) i suoi cinque figli.
L’ordine è imperativo: prima di cedere l’oro al Re, gli si fa sottoscrivere un contratto, in cui egli riconosce il debito (del regno) e autorizza il finanziatore ad emettere moneta, in quantità equivalente, attraverso una o più banche. Vale in tal senso il noto certificato di deposito, sottoscritto dal monarca, che dell’oro ha bisogno, per fare una guerra o soffocare una rivoluzione (oppure, come spesso accade, per risanare il bilancio). La convertibilità dell’oro in moneta corrente è utilissima nel caso in cui il Re diventasse insolvente o rifiutasse di seguire certi consigli politici. I cospiratori in tali evenienze si pagano in banconote, così come le rivoluzioni che, senza soldi, non si possono fare.
Nello stesso modo si finanziano anche le forze reazionarie, purché il successivo governo, nato dalla restaurazione, affidi a Casa Rothschild il controllo della finanza pubblica.
Il Network dello Scudo Rosso funziona alla perfezione, visti i tempi che corrono in Europa e nel Nuovo Mondo, dove la Corona inglese rischia di perdere il controllo politico e monetario della sua colonia nordamericana. Il capostipite dei Rothschild, oltre che astuto mercante, è attento osservatore di una società in fermento, in cui le tensioni fra classi s’avvicinano al punto di rottura, mentre si va affermando nel Vecchio Continente la forza del “Terzo Stato” o Borghesia.
Il Teatro europeo sembra ideale campo di applicazione della tecnica generatrice del debito pubblico permanente, per mezzo della quale si può trasformare il patrimonio nazionale in capitale privato.
Essa è suggerita dal principio secondo cui il denaro (alias certificato di deposito in oro, la cui concreta esistenza può anche essere ipotetica) è mezzo di pagamento liberatorio dai vincoli di un debito, che pur dipende dal… dove e quando. Cioè dalla diversa valutazione dell’oro o del certificato che lo rappresenta. Questo spiega, fra l’altro, perché Edoardo III nel 1345 rifiutò di aderire alle richieste del banchiere Bardi di Firenze. Infatti, perdurando allora la Guerra dei Cent’Anni, la quotazione dell’oro era alle stelle nel Regno Inglese (grazie all’alta richiesta del metallo prezioso, destinato all’acquisto di armi e alla costituzione di nuovi eserciti) e costituiva pretesto per non soddisfare le pretese del banchiere fiorentino (che chiedeva, documenti alla mano, la restituzione della stessa quantità d’oro a suo tempo prestata al Monarca).
Capitale che, convertito in fiorini, “valea un Regno” come ci racconta il Villani, perché riferito al prezzo dell’oro, ma in circostanze e tempi diversi.
Quattrocento anni dopo, grazie al suo intuito, Rothschild può ovviare all’inconveniente mettendo in gioco i mercati finanziari (Amsterdam, Londra, Francoforte e più tardi Parigi e New York), nei quali sono negoziati i certificati di deposito. Di mezzo c’è sempre “Re Mida”, che ha messo insieme un bel mucchio di questi documenti rappresentativi e intende investirli dove l’oro vale di più: sulla piazza in cui c’è maggiore richiesta, perché si prevede una guerra e un aumento di spesa per gli armamenti, oppure un moto rivoluzionario e la fornitura d’armi e denaro agli insorti. Il clima teso, originato da spinte imperialistiche e prospettive d’indipendenza, agevola l’impiego di capitali (oro o corrispondenti certificati).
Ma, come già osservato, se il Re deve fare la guerra, il prezzo dell’oro sale. Di conseguenza uno scaltro investitore, messo nelle condizioni di poterlo fare, favorisce lo scoppio del conflitto, nascondendo opportunamente i meno nobili intenti che lo causano.
Il banchiere del Re, che non può ignorare i rapidi sviluppi del razional-liberalismo, troverà infatti buone occasioni d’investimento nel finanziare anche quelli che al Re si oppongono, a condizione che l’”affidamento” (o debito) sia poi pagato sotto forma di tributo dai cittadini contribuenti. Il ruolo del banchiere prevede dunque l’eventualità ch’egli possa, all’occorrenza, farsi portavoce di masse oppresse, se ciò favorisce i suoi obiettivi finanziari, non escludendo l’ipotesi di un proprio decisivo sostegno al presunto oppressore, contro cui sarà legittimo finanziare una guerra di liberazione. Quest’ultima rientra in tal modo nel novero delle guerre giuste, finanziariamente sostenute, allo scopo di trarne comunque un profitto.
Casa Rothschild diventa specialista del settore e opera attraverso una rete di selezionati agenti, sparsi in Europa, Asia e le due Americhe.
Nella Francia di Luigi XVI si nota l’allarmante aggravarsi del debito pubblico che sfiora nel 1783 il picco insostenibile di 1.640 milioni di “livres”, grazie alle incaute manovre del Ministro delle Finanze Calonne, che già è ricorso al mercato dell’oro gestito dal Rothschild. Le tasse a carico dei contadini non bastano a pagare gli interessi. S’impone la famigerata “taglia”, classica goccia che fa traboccare il vaso. E il resto che segue è noto. I titoli del Regno francese sono trattati alla Borsa di Francoforte e Londra che ne determinano un sensibile calo, tanto da indurre Parigi a sospendere le contrattazioni. Al Re che non paga si taglia la testa e… nasce l’età contemporanea. A Londra si costituiscono le prime “Accepting Houses” nei cui forzieri è custodita gran parte del Tesoro della Corona francese. La regìa della finanza londinese è affidata a Nathan Mayer Rothschild, il quale propone l’immediato sganciamento della sterlina dal gold standard quando si forma la Settima Coalizione che a Waterloo dovrà porre fine all’aggressività e ai sogni utopistici del Bonaparte, che da anni saccheggia l’oro di mezza Europa, Nord Africa e Russia. Sono queste le due facce del gold standard, sorta di feticcio che nasconde da un lato le virtù del Sacro Graal e nel rovescio il codice della perfetta fregatura.
Gli Stati Uniti hanno conquistato l’indipendenza politica, ma l’economia americana è sempre più schiava del “Metodo Rothschild”, grazie ad un meccanismo funzionale alla pratica del noto Fiat Money, che molti già chiamano London Connection.
Qualcosa che ricorda il “Trick or trade?” e la tradizione di Halloween. Si tramanda anch’essa da padre in figlio, come le generazioni di banchieri internazionali.
Così, le crisi economiche, ricorrenti dal 1837, quasi eguagliano in frequenza gli scherzetti di fine ottobre, come l’ordine di richiamo, improvviso e ingiustificato, dei “crediti a breve termine” e simili stregonerie bancarie. È il trucco che negli States (e non solo) causa insolvenze a catena, crack finanziari e sindromi da panico collettivo. Il trade è l’ovvia fase successiva che, tradotta, significa aumento del tasso di sconto e del gettito fiscale, diminuzione del potere d’acquisto della moneta e ulteriore indebitamento pubblico.
In questo modo indipendenza e autonomia (politica ed economica) vanno a farsi benedire.
Nel complesso gioco imperialistico del primo Novecento, si misurano astuzia finanziaria e la potenza delle armi, perché la posta in palio è il controllo dei territori ricchi di materie prime e, in particolare come già ricordato, del petrolio.
L’indebitamento dello Stato precede dunque l’emissione di moneta, cioè un flusso di liquidità da impiegare con urgenza per non causare ulteriore inflazione e passivi insostenibili.
I mercati finanziari stimolano così gli investimenti pubblici, obbligando lo Stato ad aumentare le spese per gli armamenti.
Cosa fa uno Stato indebitato e ben provvisto di armi? Cerca di usarle, per limitare il passivo. E poi perché le armi non impiegate sono inutili – servono come deterrente, ma non migliorano i bilanci – il loro impiego, dietro i più banali pretesti e le più artefatte provocazioni, può trasformare un passivo in attivo, fino a quando non interviene un altro Stato, pieno di debiti, ma armato fino ai denti che è costretto a proporsi come belligerante. Una sorta di reazione a catena, come quella ben meditata dai Rothschild, nel periodo che precede la Prima Guerra Mondiale. Debito, economia instabile, passivi insostenibili, ampia disponibilità di armamenti, obbligo al loro impiego, guerra.
Ecco lo scenario che si delinea in Europa, all’indomani dell’entrata in vigore del Federal Reserve Act (gennaio 1914), quando inizia la piena attività della Federal Reserve Bank of New York, strumento operativo della Bank of England, che a sua volta è in stretta connessione con la House of Rothschild.
Woodrow Wilson è ottimo giurista che non prescrive rimedi, come egli stesso confessa. Lasciando intendere che corruzione e degrado morale possono serpeggiare al Congresso e alla Casa Bianca, sotto gli occhi del Presidente, come se non fosse sua competenza e dovere adottare opportuni provvedimenti per eliminarli. A Washington però come nell’Atene di Pericle, libertà e democrazia sono miti dell’Olimpo, che vendono bene. Basta confezionarli come pregiata merce d’esportazione.
All’uopo viene fondata l’American International Corporation, secondogenita del Federal Reserve System e gigantesca rete del Corporate Banking.
La politica americana, che non rinuncia al costante richiamo al suo breviario mitologico, inaugura così la grande missione di propaganda fede, secondo un nuovo, perfezionato rituale, capace di nascondere, all’ombra di un mito, il raggiro e la truffa, pur evidenti, ma tanto consueti da essere infine ammissibili, perché origine di un mortificante, colossale e inconfessabile equivoco

             

sabato 20 agosto 2011

Ecce Homo (italiota)

Ecce HomoCon l'abbandono delle ideologie, man mano, abbiamo sostituito l'idea dello stato con quella del mercato; abbiamo rinunciato all'etichetta di popolo per una più allargata universalità e ci siamo liberati dei fastidiosi confini territoriali, incoraggiati ed ammiccati dal miraggio di un" Nuovo ordine mondiale" . In una parola ci siamo
abituati ai nuovi schemi, soprattutto mentali, che ci sono stati sapientemente propinati dai mezzi di formazione  collettivi, diversamente detti di comunicazione di massa. Il tutto a danno di ogni individualità e specificità umana rappresentata da ogni essere vivente con una testa sul collo. Ma funzionerà? Durerà?
Il primo risultato negativo è rinvenibile proprio all'interno della sfera cognitiva: sia essa analizzata sotto il profilo logistico, sia sotto quello dell'emotività. L'organizzazione del quotidiano, per cominciare, prevede nuovi comportamenti che non necessitano più di sforzi analitici: basta inserirsi nella scia principale. Si
va al supermercato perché ci vanno tutti e poi del resto, diciamoci la verità, dov'altro potremmo fare la spesa così... tanta?. Persino i contadini e le massaie vanno al supermercato a comprare ciò che comprano tutti quanti gli altri. E conveniente, oltretutto, perché produrre le stesse cose, come frutta ed ortaggi nelle nostre campagne per esempio, è antieconomico. Per non parlare della zootecnia: chi volesse tenere un animale da latte o da carne o persino da cortile, dovrebbe sottoporsi ad una serie quasi infinita di sevizie per adeguarsi a norme legislative inutili quanto dispendiose, emanate piuttosto per educare e stigmatizzare comportamenti nelle masse anziché per tutelare la salute pubblica. Prova n'è che a nessuno importa della
scadente qualità dei prodotti che arrivano nei "mercati super" e che, costretti o avvinti dal Nuovo Ordine, tutti sono costretti a consumare. Anche il
contadino e la massaia dovranno decidere di comprare "quella schifezza di latte e di carne che arriva, non si capisce bene da dove, nei nostri supermercati".
Quando dico nessuno intendo dire le istituzioni, le cui leve primordiali dovrebbero essere azionate dal sistema  politico in rappresentanza dei diretti interessati.
Macché! La seconda disfunzione di questo nuovo andazzo, infatti, è rinvenibile proprio nella distanza siderale che s'è creata tra il corpo elettorale e gli eletti.
Quest'ultimi, ubbidienti e servizievoli alle emergenti ed egemoni correnti oligarchie (soprattutto finanziarie), guardano con fastidio ogni principio di insorgenza
popolare: insorgenza che in Italia è tenuta efficacemente a bada con la legge elettorale. E così di finanziaria in finanziaria si chiede al popolo sempre
maggiore tributo da versare a chi del potere finanziario ha fatto l'unica sua ragione di vita: banche, petrolieri, multinazionali in combutta con classi dirigenti
corrotte. Quelle italiane, poi, sono tra le più corrotte del globo. Basta riflettere sui privilegi dei nostri parlamentari, affatto paragonabili ai magri privilegi dei
parlamentari degli altri paesi. E così, questo "gioco al massacro", è riuscito a cambiare le sorti dell'umanità, rendendo l'uomo da soggetto detentore di diritti ad
oggetto nelle mani dei pescecani dei massimi sistemi finanziari. Questo assoggettamento, che altrove sta provocando reazioni addirittura di importanza epocale (come in Islanda per esempio) in Italia è vissuto con estrema e supina rassegnazione. Gli italioti beoti preferiscono delegare agli altri connazionali, che a
loro volta fanno lo stesso con altri ancora, per ogni possibile rivoluzione. Ecce homo nefasto artefice del proprio destino. Ecce homo ruota inferiore del carro
minore. Ecce homo: l'italiota beota. Manca solo Monti all'appello... Tranquilli, è in arrivo.

Editoriale di DOMENICO LONGO apparso sul mensile “L’Altra Voce” – Luglio-Agosto 2011.

Mario Draghi, ossia Mr. Britannia

image-229214-panoV9free-gkweEra il 1992, un anno decisivo per la recente storia italiana. All'improvviso un'intera classe politica dirigente crollava sotto i colpi delle indagini giudiziarie. Da oltre quarantani era stata al potere. Gli italiani avevano sospettato a lungo
che il sistema politico si basasse sulla corruzione e sul clientelismo ma sino a quel punto nulla aveva potuto scalfirlo.

Né le denunce, né le proteste popolari né i casi di connivenza con la mafia, che di tanto in tanto salivano alla ribalta della cronaca: immaginiamoci un semplice mariuolo come Mario Chiesa. Ma ecco che, improvvisamente, il sistema crollava e mentre l’attenzione degli italiani era puntata sullo scandalo delle tangenti, il governo italiano stava prendendo decisioni importantissime per il futuro del paese.

Con uragano di "Tangentopoli” gli italiani credettero che poteva iniziare un periodo migliore per l’Italia. In realtà ed in gran segreto, il governo stava attuando politiche che avrebbero peggiorato il futuro del paese. Numerose aziende saranno svendute, persino la Banca d'Italia sarà messa in vendita e la svendita venne chiamata “privatizzazione”, tanto, nel maggio del 1992, Giovanni Falcone venne ucciso dalla mafia. Stava indagando sui flussi di denaro sporco e la pista stava portando a risultati che potevano collegare la mafia ad importanti circuiti finanziari internazionali. Su Falcone erano state diffuse calunnie che cercavano di capovolgere la realtà di un magistrato integro. Probabilmente, le tecniche d’indagine di Falcone non piacevano a certi personaggi con cui il governo italiano ebbe a che fare quell’anno. L'omicidio di un simbolo dello Stato così importante come Falcone, significava qualcosa di nuovo. Erano state toccate le corde dell'élite del potere internazionale.
Ciò venne intuito anche da Charles Rose, procuratore distrettuale cli New York, che notò la particolarità degli attentati (anche Borsellino 19 luglio):

"Neppure i boss più feroci di Cosa Nostra hanno mai voluto colpire personalità dello Stato cosi visibili come era Giovanni, perché essi sanno benissimo quali rischi comporta attaccare frontalmente lo Stato. Quell'attentato terroristico è un gesto di paura... Credo che una mafia che si mette a sparare ai simboli come fanno i terroristi... è condannata a perdere il bene più prezioso per ogni organizzazione criminale di quel tipo, cioè la complicità attiva o passiva della popolazione entro la quale si muove".


Quell'anno l'élite anglo-americana voleva rendere l'Italia un paese completamente soggiogato e dominato dal potere finanziario.

Panfilo-Britannia-1992

2 giugno del 1992, panfilo Britannia, in navigazione.

A bordo c'erano alcuni appartenenti all'élite di potere anglo-americana ed i grandi banchieri a cui si rivolgerà il governo italiano durante la fase delle privatizzazioni (MerriII Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers).
In quella riunione si decise di acquistare le aziende italiane e la Banca d'Italia, e come far crollare il vecchio sistema politico per insediarne un altro, completamente manovrato dai nuovi padroni. A quella riunione parteciparono anche diversi italiani, tra i quali Mario Draghi, allora direttore delegato del ministero del Tesoro, il dirigente dell'Eni Beniamino Andreatta e il dirigente dell'Iri Riccardo Gall.
Gli intrighi decisi sulla Britannia avrebbero permesso agli anglo-americani di mettere le mani sul 48% delle aziende italiane.

Mani Pulite: solo un fumus

mani_pulite_fotogramma_1La stampa martellava su "Mani pulite", facendo intendere che da quell'evento sarebbero derivati grandi cambiamenti. Un grande cambiamento in effetti ci fu.
I banchieri angloamericani erano venuti a “fare la spesa”, ossia a comprarsi i gioielli dell’industria pubblica italiana a buon mercato. In lire svalutate comprarono i gioielli dell'industria italiana, IRI in testa.
Insomma: una strategia concertata.
Cominciò il Fondo Monetario Internazionale (altro organismo che mette sul lastrico interi paesi) che, come aveva fatto da altre parti, voleva privatizzare selvaggiamente e svalutare la nostra moneta, per agevolare il dominio economico-finanziario dell'élite. La Standard & Poor's declassò il debito italiano.

george_soros_lightboxL'incarico di far crollare l'economia italiana venne affidato a George Soros, un cittadino americano che tramite informazioni ricevute dai Rothschild, con la complicità di alcune autorità italiane, riuscì a far crollare la nostra moneta e le azioni di molte aziende italiane.
A causa di questi attacchi, la Lira perse il 30% del suo valore, e anche negli anni successivi subì svalutazioni.
Le reti della Banca Rothschild, attraverso il direttore Richard Katz, misero le mani sull'Eni, che venne svenduta. Il gruppo Rothschild ebbe un ruolo preminente anche sulle altre privatizzazioni, compresa quella della Banca d'Italia. C'erano stretti legami fra il Quantum Fund di George Soros e i Rothschild. Ma anche numerosi altri membri dell'élite finanziaria anglo-americana, come Alfred Hartmann e Georges C. Karlweis, furono coinvolti nei processi di privatizzazione delle aziende e della Banca d'Italia.
Qualche anno dopo la magistratura italiana procederà contro Soros, ma senza alcun successo.
Su Soros indagarono le Procure della Repubblica di Roma e di Napoli, che fecero luce anche sulle attività della Banca d'Italia nel periodo del crollo della lira.
Soros venne accusato di aggiotaggio e insider trading, avendo utilizzalo informazioni riservate che gli permettevano di speculare con sicurezza e di anticipare movimenti su titoli, cambi e valori delle monete.

giuliano-amatoNel giugno 1992 si era intanto insediato il governo di Giuliano Amato. Si trattava di un personaggio in armonia con gli speculatori che ambivano ad appropriarsi dell'Italia. Infatti, Amato, per iniziare le privatizzazioni, si affrettò a consultare il centro del potere finanziario internazionale: appunto le tre grandi banche di Wall Street, Merrill Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers. (Strano che il braccio destro di Craxi, uscisse indenne dalla bufera mani pulite.Il non poteva non sapere per lui non valeva).Appena salito al potere, Amato trasformò gli Enti statali in Società per Azioni, valendosi del decreto Legge 386/1991, in modo tale che l'élite finanziaria li potesse controllare, ed in seguito rilevare.


Il 31 luglio 1992 viene abolita la scala mobile.  Il 9 settembre il governo chiede al Parlamento di approvare una legge delega che gli consenta di cancellare spese, aumentare tasse, bloccare i salari pubblici ogni volta che la Banca d'Italia dichiarasse l'emergenza economica.
Il 13-17 settembre, si è in piena crisi: svalutazione della lira e successiva uscita dallo SME,il sistema monetario europeo. Per arginarla il governo Amato è costretto a varare una legge finanziaria da 100.000 miliardi (aumento dell'età pensionabile, aumento dell'anzianità contributiva, blocco dei pensionamenti, istituzione della minimum tax, patrimoniale sulle imprese, prelievo sui conti correnti bancari, introduzione dei ticket sanitari, tassa sul medico di famiglia, imposta comunale sugli immobili (Ici), blocco di stipendi e assunzioni nel pubblico impiego, privatizzazioni ecc..). A fine anno f ineffabile Scalfaro annuncia “un nuovo rinascimento”. Roba da non credere!!!

125302Come già accennato, a seguito dell'attacco speculativo contro la lira e della sua successiva svalutazione, le privatizzazioni sarebbero state f atte a prezzi stracciati, a beneficio della grande finanza internazionale e a discapito degli interessi dello stato italiano, dell'economia nazionale e dell'occupazione. L' agenzia stampa EIR (Executive Intelligence Review) ha denunciato pubblicamente questa sordida operazione alla fine del 1992 provocando una serie di interpellanze parlamentari e di discussioni politiche che hanno avuto il merito di mettere in discussione l'intero procedimento di privatizzazione.

II 28 giugno 1993, il Movimento Solidarietà svolse una conferenza a Milano, in cui rese nota a tutti la riunione sul Britannia e quello che ne era derivato. I complici italiani furono il ministro del Tesoro Piero Barucci, l'allora Direttore di Bankitalia Lamberto Dini e l'allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi. Altre responsabilità vanno all'allora capo del governo Giuliano Amato e al Direttore Generale del Dini) fecero il doppio gioco: denunciavano i pericoli ma in segreto appoggiavano gli speculatori. Amato aveva costretto i sindacati ad accettare un accordo salariale non conveniente ai lavoratori, per la "necessità di rimanere nel Sistema Monetario Europeo", pur sapendo che l'Italia ne sarebbe uscita a causa delle imminenti speculazioni.
Gli attacchi all'economia italiana andarono avanti per tutti gli anni Novanta, fino a quando il sistema economico-finanziario italiano non cadde sotto il completo controllo clell'é1ite finanziaria.


antonio-fazioNel 1996, il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, riferiva che l'ltalia non poteva far nulla contro le correnti speculative sui mercati dei cambi, perché "se le banche di emissione tentano di far cambiare direzione o di fermare il vento (delle operazioni finanziarie) non ce la fanno per la dimensione delle masse in movimento sui mercati rispetto alla loro capacità di fuoco".
Denuncia dell'élite internazionale e getto della spugna, ritenendo inevitabili quegli eventi. Era in gioco il futuro economico-finanziario del paese, ma nessuna autorità italiana pensava di poter fare qualcosa contro gli attacchi destabilizzanti dell'élite angloamericana.
Anche negli anni successivi  avvennero altre privatizzazioni senza regole precise e a prezzi di favore. Pensate che l'Italia conquistò il record mondiale delle privatizzazioni: sui 460 miliardi di dollari del giro d'affari planetario di questo business negli anni'90, circa 100 miliardi di dollari erano imputabili a noi. La vendita Telecom fu l'operazione più grossa mai conclusa in Europa. Nel settore del gas e dell'elettricità apparvero numerose aziende private, oggi circa 300.
Dal 24 febbraio del 1998, anche le Poste Italiane diventarono una S.p.a. In seguito alla privatizzazione delle Poste, i costi postali sono aumentati a dismisura e i lavoratori postali vengono assunti con contratti precari. Oltre 400 uffici postali sono stati chiusi, e quelli rimasti aperti appaiono come luoghi di vendita più che di servizio.
Le nostre autorità giustificavano la svendita del patrimonio pubblico con le privatizzazioni dicendo che si doveva "risanare il bilancio pubblico", ma non specificavano che si trattava di pagare altro denaro alle banche, in cambio di banconote che valevano come la carta straccia. A guadagnare sarebbero state soltanto
le banche e i pochi imprenditori già ricchi (Benetton, Tronchetti Provera, Pirelli, Colaninno, Gnutti e pochi altri).
Si diceva che Ie privatizzazioni avrebbero migliorato  la gestione delle aziende, ma in realtà, in tutti i casi, si sono verificati disastri di vario genere, e il rimedio, peggiore del male, è stato pagato dai cittadini italiani.
Le nostre aziende sono state svendute ad imprenditori che quasi sempre agivano per conto dell'élite finanziaria, da cui ricevevano le somme per l'acquisto.

Telecom: stessa sorte


telecom italiaLa privatizzazione della Telecom avvenne nell'ottobre del 1997.Fu venduta a 11,82 miliardi di euro, ma alla fine si incassarono soltanto 7,5 miliardi.
La società fu rilevata da un gruppo di imprenditori e banche e. al Ministero del Tesoro rimase una quota del3,5%.Il piano per il controllo di Telecom aveva la regia nascosta della Merril Lynch, del Gruppo Bancario americano Donaldson Lufkin & Jenrette e della Chase Manhattan Bank.
Dopo dieci anni dalla privatizzazione della Telecom, il bilancio era disastroso sotto tutti i punti di vista: oltre 20.000 persone sono state licenziate, i titoli azionari
hanno fatto perdere molto denaro ai risparmiatori, i costi per gli utenti sono aumentati e la società  è in perdita.
La privatizzazione, oltre che un saccheggio, veniva ad essere anche un modo per truffare i piccoli azionisti.
La Telecom, come molte alle società, ha posto la sua sede in paesi esteri per non pagare le tasse allo stato italiano. Oltre a perdere le aziende gli italiani sono stati privati anche degli introiti fiscali di quelle aziende. La Bell, società che controllava la Telecom Italia, aveva sede in Lussemburgo, e aveva all’interno della società con sede alle isole Cayman, che, com’è noto, sono  un paradiso fiscale.
Mettere un'azienda importante come quella telefonica in mani private significa anche non tutelare la privacy dei cittadini, che, infatti, è stata più volte calpestata, com'è emerso negli ultimi anni.
Anche per le altre privatizzazioni, Autostrade, Poste Italiane, Trenitalia ecc., si sono verificate le medesime devastazioni: licenziamenti, truffe a danno dei risparmiatori, degrado del servizio, spreco di denaro pubblico, cattiva amministrazione e problemi di vario genere. La famiglia Benetton è diventata azionista di maggioranza delle Autostrade. Il contratto di privatizzazione delle Autostrade dava vantaggi soltanto agli acquirenti, facendo  rimanere l'onere della manutenzione, di fatto, sulle spalle dei contribuenti.
Nonostante i disastri delle privatizzazioni, le nostre autorità governative sono disposte ad utilizzare denaro pubblico per riparare ai danni causati dai privati.

bankersDietro tutto questo c'era l'élite economico finanziaria (Morgan, Schiff, Harriman, Kahn, Warburg, Rockfeller, Rothschild ecc.) che ha agito preparando un progetto
di devastazione dell'economia italiana, e lo ha attuato valendosi di politici, di finanzieri e di imprenditori.
Nascondersi è facile in un sistema in cui le banche o le società possono assumere il controllo di altre società o banche. Esemplare il caso Parmalat e Cirio.  Queste aziende hanno truffato i risparmiatori vendendo obbligazioni societarie con un alto margine di rischio. La Parmalat emise bonds per un valore di 7 miliardi di euro, e allo stesso tempo attuò operazioni finanziarie speculative, e si indebitò. Per non far scendere il valore delle azioni (e per venderne altre) truccava i bilanci.
Le banche nazionali e internazionali sostenevano la situazione perché per loro vantaggiosa , l'Agenzia di rating, Standard & Poor's, si è decisa a declassare la Parmalat soltanto quando la truffa era ormai nota a tutti. Alla fine, questi complici della truffa non hanno pagato praticamente nulla, con tanti saluti alla giustizia italiana.
Grazie alle privatizzazioni, un gruppo ristretto di ricchi italiani ha acquisito somme enormi, e ha permesso all'élite economico-finanziaria anglo-americana di esercitare un pesante controllo,  sui cittadini, sulla politica e sul paese intero.
Agli italiani venne dato il contentino di "Mani Pulite", che si risolse con numerose assoluzioni e qualche condanna a pochi anni di carcere. Un polverone che è servito solo a consentire il saccheggio e a rimuovere  un sistema politico che lo ostacolava o comunque non in linea con i desideri degli angloamericani. Il nostro paese è oggi controllato realmente da un gruppo di persone, che impongono, attraverso istituti propagandati come "autorevoli" (Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea), di privatizzare quello che ancora rimane e di attuare politiche non convenienti alla popolazione italiana. I nostri governi operano nell'interesse di questa élite, e non in quello del paese.
Questo, a grandi linee, è quanto veramente successo in quel 1992, che ha cambiato in peggio tutta la storia italiana. il resto sono solo chiacchiere di stampa e politica,  entrambe asservite, buone solo per la credulità del parco buoi, quello che in fondo paga sempre per tutti.

Il Ruolo servile della stampa
Uno dei pochi articoli di giornale di quell'anno che parla del convegno sul Britannia, 1o presenta ovviamente quasi come un convegno istruttivo o stage per giovani managers, Il Corriere della Sera. La stessa colpevole congiura del silenzio fu adottata ed è tutt'ora adottata dalla grande stampa nazionale per i partecipanti al Club Bilderberg, un club voluto e variato ogni anno dai grandi finanzieri internazionali,
che attraverso i politici emergenti dei paesi, preparano veri e propri "cicchetti" per impadronirsi delle risorse nazionali in cambio di "carta straccia". –{altro che libertà di stampa...
Solo un cieco non vedrebbe come tutti gli avvenimenti di quell'anno non siano in qualche modo collegati.
Troppe coincidenze, e tutte nella medesima direzione. Resta il fatto, che Draghi tenne un discorso a quella riunione, in cui disse esplicitamente che il principale ostacolo ad una "riforma" del sistema finanziario in Italia era rappresentato dal sistema politico.
Guarda caso, dopo la crociera sul Britannia partì l'attacco speculativo contro la lira e l'uragano di Mani Pulite che proprio quel sistema politico abbatté.
Certo è che lo svegliarsi improvviso della magistratura, che per anni aveva ignorato e insabbiato, sembra sia avvenuto proprio in un momento opportuno per fare "Piazza Pulita" di una classe politica con velleità italiote, e per ottenere le "Mani libere" di fare entrare i governi dei "tecnici", gli amici della Goldman e soci. E qua, consentiteci anche di tirar in ballo il tanto vituperato Craxi.
Di sicuro un Craxi, per quanto corrotto, non avrebbe mai siglato un patto così scellerato, che prevedeva la svendita di tutto il comparto nazionale produttivo, lui che tenne testa agli americani nella vicenda dell'Achille Lauro, negando loro l'accesso sul nostro territorio per attaccare i sequestratori della nave, e portando avanti le trattative con i terroristi nonostante il veto del presidente Reagan, sempre lui che negò agli Usa la base di Sigonella. E, infatti, proprio qualche anno prima Craxi era stato duramente criticato dagli ambienti angloamericani, quegli stessi che non si privano mai d'interferire nella nostra politica interna per salvaguardare i loro interessi. Chi tocca i "fili Usa" muore!
Ed è bene anche ricordare al solito popolo cornuto, mazziato e festante che quando Craxi in Parlamento (mica ad annozero) invitò in pratica ad alzarsi chi non avesse preso tangenti, nessun prode mezza cartuccia italiota si alzò. Questo tanto per fare un po' di storia che le ipocrite tricoteuses attuali dimenticano.
Con l'aiuto della stampa iniziò una campagna martellante per incutere il timore nel popolo italiano di "non entrare in Europa", manco non fossimo stati tra i sei paesi fondatori...
Una campagna a cui presero parte attiva "The Economist" e "Financial Times, fogli al servizio dei saccheggiatori. Ora come allora.
Te la raccomando la stampa inglese e i soliti fessi, o molto interessati, laudatores nostrani! E questa è ormai storia, tant'è vero che sull'episodio del "panfilo Britannia" vi furono anche alcune interrogazioni parlamentari rimaste naturalmente senza risposta.

L’era dei governi tecnici

Fu f inizio dell'era dei governi tecnici, dopo 40 anni di regime DC, con il "tecnico" Ciampi, il tecnico Amato, il tecnico Prodi.
II governo doveva, a tutti i costi essere "tecnico", pur di non fare arrivare al potere neanche un'idea, che fosse tale e che lo fosse per il bene del paese.
In questo "bene " invece rientrò l'allontanamento di Enrico Cuccia, Mediobanca, che si oppose alla svendita di Sme caldeggiata da Prodi. Si è poi visto come é finito questo colosso alimentare. Lo stesso Prodi, che dal1990 aL1993 fu consulente della Unilever e della Goldman Sachs, quando nel maggio del 1993 ritornò a capo dell'IRI riuscì a svendere la Cirio Bertolli alla Unilever al quarto del suo prezzo. Indovinate chi furono
gli advisors? Uomini della Goldman, che vi hanno lavorato sono, oltre a Costamagna e Prodi, Monti (catapultato alla carica di Commissario ed in lizza per un nuovo governo tecnico del dopo Berlusconi), Letta, Tononi e naturalmente Draghi (quest'ultimo,
come il prezzemolo, 1o ritroviamo in tutte le vicende dal sapore speculativo e losco n.d.d.). Sicuramente ce ne sono altri; molti nostri uomini politici se non hanno lavorato per la Goldman, lavoravano per I'FMI, come il defunto Padoa Schioppa (ve lo ricordate questo campione di cicchetti quando diceva "tasse è bello?" n.d.d.), presidente della BEI, Banca Europea per gli Investimenti La classe dei tecnici, fedeli servitori delle banche e dei circoli finanziari angloamericani, il cui motto era "privatizzare per saccheggiare". Quella della condizione di tecnicità per accedere
al potere fu un imperativo talmente tassativo, da riuscire nell'intento di dividere il PCI, con una fetta che divenne sempre più "tecnica", sempre più British, sempre più amica delle banche, sempre più PD. I1 premio di tutta questa svendita, prevista
per filo e per segno, fu la nostra "entrata in Europa",  ovvero la cessione della nostra
già minata sovranità monetaria dalla Banca d'Italia alla Banca centrale europea/ Per una moneta, l'euro, che, con il tasso iniziale di cambio imposto e troppo elevato, è all'origine di tante attuali sciagure.
Queste sono informazioni che dovrebbero essere divulgate e spiegate in lungo e in
largo dalla stampa, ma che invece la stampa ha sempre occultato.  Le anime belle e buone parleranno di complottismo, che vediamo congiure dappertutto...
Rassicuriamole, questi marpioni possono fare, hanno fatto e faranno anche di più e di meglio a danno nostro e vostro. Bisogna solo sapere aspettare.
Stravrogin

Articolo apparso sul n°6, Luglio-Agosto, 2011, de “L’Altra Voce”, diretta da Domenico Longo.

giovedì 21 luglio 2011

Reazioni scomposte

Istituto poligrafico

Con sorpresa di fronte ai primi effetti della crisi economica (crollo dei titoli di Stato  e bancari) nonostante  fosse stata abbondantemente descritta e preannunciata, si stanno registrando le reazioni più scomposte e disparate. Si notano le febbrili iniziative da parte degli agenti incaricati alla difesa dell'attuale apparato economico-politico (Hires docet, un lurido servo che girovaga in rete con l’intento di inquinare le menti n.d.D.), ma anche le reazioni  dei soggetti che pur dichiarandosi contrari a questo sistema, ma poco attrezzati sull'argomento economico-monetario, restano interdetti e disorientati dalle fantasiose proposte che strumentalmente vengono fatte circolare, ad arte, proprio per creare confusione, a difesa del sistema politico-monetario che si sente sempre più posto sotto accusa. Per poter approntare gli opportuni rimedi è necessario individuare con precisione le cause che generano il bubbone economico, con il  disporre congiuntamente dell'onestà intellettuale per recepirle. L'attuale crisi è dovuta al declassamento dei Titoli di Stato del debito pubblico mediante la vecchia, nota ed usurata equazione, semplice ma estremamente diabolica, che si sviluppa per passaggi  successivi:

  1. Lo stato per propri bisogni e per monetizzare il mercato, emette propri titoli di debito  che vengono scontati (comprati) dalle  banche ordinarie e da  quelle d'emissione.
  2. I titoli sono quotati in Borsa e  vengono classificati dalle società di rating, di proprietà delle banche, ad uso e consumo delle banche medesime.
  3. Quando queste intendono alzare i tassi fanno agire le società di rating che declassano il valore dei titoli, cosicché gli Stati sono costretti a rinnovarli accettando condizioni capestro a tassi sempre più elevati. Come quando si mangia il carciofo, una foglia alla volta,  I 'onorata cupola bancaria, utilizzando sempre la solita equazione, si pappa uno stato per volta, come abbiamo sempre detto, scritto e denunciato.

A beneficio degli increduli e dei duri cli cervice ripetiamo ancora una volta  l'elenco degli Stati già sottoposti a questo trattamento: Argentina, Irlanda, Islanda, Grecia, che rappresentano pratiche già chiuse, attualmente sono  sotto cura Portogallo, Spagna e Belgio, ed  ora hanno cominciato con noi. Risulta facilmente comprensibile per tutti, almeno si spera, quale possa essere l'unica terapia possibile per sottrarsi ad un simile devastante e progressivo strangolamento.

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211-04-1596500 lire 469SI  NOTI LA DIFFERENZA: La Banconota da Mille Lire, come tutti gli altri tagli, veniva emessa dalla Banca D’Italia; la Moneta da 500 Lire è un BIGLIETTO DI STATO A CORSO LEGALE, unico caso, emesso dalla REPUBBLICA ITALIANA.


Al di la di tutte le chiacchiere, delle paure dei profeti di sventura, degli sproloqui degli
economisti a carico del sistema e dei cervellotici ed interessati suggerimenti dei proponenti alternativi, che finiscono per mantenere inalterati gli attuali meccanismi, non resta altra soluzione che lo Stato, forte della sua centennale positiva esperienza, ritorni a battere moneta in prima persona in nome e per conto dei cittadini italiani. Se i titoli di debito dello Stato valgono al punto di essere scontati dal sistema bancario, debbono valere anche i titoli monetari emessi dallo stesso Stato.

Disponiamo già della cultura e delle strutture necessarie, ivi compreso l'Istituto Poligrafico dello Stato. Il Ministero del Tesoro e dell'Economia è perfettamente in grado di gestire questa operazione foriera di una nutrita serie di positive sinergie. Cessa il patema e si elimina il ricatto bancario ogni volta che si debbono rinnovare i
titoli in scadenza, cessa l'incremento del debito che attualmente si realizza con l'emissione monetaria a danno di tutti i cittadini e dell'intero sistema produttivo, si dispone della liquidità necessaria per rilanciare l'asfittica economia con la contestuale riduzione della disoccupazione, specialmente in campo giovanile. La ricetta è semplice, felicemente collaudata in un lunghissimo periodo, con Governi di diverso colore incaricati sia dai Re che dai Presidenti repubblicani. Risulta di facile comprensione e di facile realizzazione. (un piccolo strappo al trattato di Maastricht, come altri Stati hanno effettuato  prima di noi) Proprio per questo motivo è opportuno
che i sostenitori di queste posizioni dedichino decisamente il loro tempo, le loro energie ed il loro sapere ad incrementare e compattare I 'organizzazione in grado di coordinare l'azione di tutti. L'Islanda ha dimostrato che è possibile cambiare ed attuare e realizzare ciò che culturalmente e giuridicamente, Auriti docet, abbiamo da tempo appreso.
Savino Frigiola.

Articolo apparso sul Mensile “L’Altra Voce”, Anno 18°, N.6, Luglio-Agosto 2011.

mercoledì 1 giugno 2011

Italia?


@ Italia?
   263 Italia plasmata e restaurata alla guasta "antica maniera"mediante la mafia, nella "nuova"chiave democratica.  Quindi assoggettata e funzionale alla mafia - gangsteristica, perché plasmata e macerata nell'arido affarismo pragmatico americano - affinché ogni atto, istante, prodotto, sia consono ed omogeneo al codice criminale imposto da mediatori surroganti lo Stato, annullato e reso latitante. Con lo spirito nazionale atomizzato dai personalismi – gabbati da federalismo - e da burocrazia cavillosa.
   Italia usata e sfruttata industrialmente per il vantaggio di pochi usurai, sradicata dalle solide basi della civiltà agricola, per aggiogarla alle mene consociative di prestabiliti precludenti partiti.


   Italia infarcita da fazioni partitiche, fatte apparire antagoniste, ma in solidale criminale combutta. Italietta stabilmente serva e succube degli imperialismi planetari.
Italia intelaiata dalla falsa borghesia salottiera adusa al motto Franza o Spagna, pronta a giustificarsi ogni capriccio in nome del1'opportunismo.
   Italia "ricostruita" con edilizia volgare irrispettosa invadente resa avida dal dio profitto. Italia incensata dalla nuova casta sacerdotale dei "palazzinari", (spregevoli epigoni scimmiottatori dei veri costruttori) co-officianti con I 'asservita casta partitica. Italia insultata dai continui dilaganti insediamenti di brutture e scempi di finta edilizia, creati dall'ingordigia di progettisti e speculatori.
   Italia avvilita dalla naturale scarica dei sismi, prevedibili nella distruzione e nella portata, ma ignorati nelle prevenzioni.
   Italia dalla morale sostituita da opportunismo saprofitico.
  Italia annientata con calcolata diseducazione dei giovani, col sistematico avvilimento della scuola di ogni grado, imposto con sfrontati pretesti livellatori di falsa democrazia; che è però vero "razzismo", giacché i valori spirituali sono annientati per imporre abbrutimento ed assuefare  grigiume ed a rassegnazione. Livellando si insultò I 'intelligenza emergente delle nuove leve per snaturarle, ammansirle fino a farle essere ruminanti pedissequi: rassegnati ad esser ammaestrati a ridursi a pascitori di narcotiche erbe.
   Italia ridotta alla sciatteria pressapochista della sanità nazionale, fatta gestire solo dal profitto.
   Italia rinunciataria alla ricerca scientifica; incapace d'ispirarsi alla grande antica stagione dei suoi scienziati.
   Italia geograficamente spaccata: da Roma in giù dominano illusioni e prosopopea piccolo borghese soggetta alla camorristica sopravvivenza imposta dai partitismi destri e sinistri. Ove I 'immondizia è problema di burocrazia. Ove reietti morali della plebaglia locale gestiscono i gangli del potere a vantaggio di egoismi e di precarie personali convenienze. Ove spirito collettivo e solidarietà sociale sono ripudiati anche dalle organizzazioni religiose, appagate d'affollar chiese e piazze con processioni salmodianti tediose giaculatorie. Ove il senso dello Stato è deriso ed offeso dalle stesse sue rappresentanze. Ove il camorrista di vicolo è onorato in banca perché vi conferisce liquidità monetaria, e dal potere politico perché assicura puntuale adempimento di voti nelle urne elettorali. Ove san Gennaro è ancora unica speranza malgrado lo si invochi - nella sua non veridicità storica - con inutili preghiere. Ove il futuro mai arriverà. Come mai arrivò con I 'approdo degli Alleati nel 1943, secondo le facili "profezie" di Curzio Malaparte, che quella "parte Alleata"- ufficiale di collegamento in divisa straniera - aveva voluto affiancare per aver conferma della sua fallacità. Ove la naturale bellezza immeritata dei luoghi ed è ripudiata ed offesa dalla quotidianità. Ove imbecillità e meschinità sono anelate virtù sovrane. Ove la maledizione fu complemento alla fuga del piccolo Savoia.
   Italia resa corrotta e prostituta - ad ogni costo – delle folle di gaudenti vili satrapi interni, impeciati in privilegi esentasse.
   Italia, ove nei secoli nacque e furono formulati il diritto ed il governo più umani dettati dal valore. Italia ora imputridita nella più bieca forma di democrazia maneggiona, svantaggiante ed umiliante i deboli, democraticamente costretti sempre a delegare il più scaltro, mai obbligato a rendiconto.
   Italia ove vivere è lecito solo a chi lucra in denaro a vantaggio di economia signoreggiata da capitalisti usurai.
   Italia ove è solo vantaggio dei gestori del denaro, dei produttori di schiavitù, degli elargitori di illusioni. Ove le  banche sottraggono e dissipano linfa subito spalmata in speculazioni planetarie per proprio lucroso vantaggio.
   Italia resa serva. Italia resa beota. Italia resa succube della volgarità arrogante.
   Italia senza più speranze. Come profetò il Foscolo due secoli or sono. Speranze sepolte ed illusioni strangolate. Irreversibilmente.

Antonio Pantano – Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana, Ed. Il Borghese,  da pag. 207 a pag.210

lunedì 25 aprile 2011

Partigiani

Oggi, per fortuna, i giornali non saranno presenti nelle edicole. Non lo saranno per il semplice motivo che ieri, domenica di Pasqua, sono rimaste ferme non solo le redazioni dei giornali (input) ma pure le rotative tipografiche(output) Questo semplice imprevisto ha ingenerato un "corto circuito" nella carta stampata che ha mandato ha monte la lettura odierna. Questo inaspettato risultato ha un suo vantaggio  per chi, come me, è altresì un lettore assiduo.
Mi verrà risparmiata una dose massiccia di retorica patriottarda, faziosa e partigiana oltre ogni limite.
Mi si potrà obiettare che il 25 Aprile sia la festa di tutti e come tale vada celebrata. E invece non è affatto così. E ciò, evidentemente, non per insulsa piaggeria ma, semplicemente, perché l'Italia del 25 aprile inneggia faziosamente ai partigiani e non a chi fu il reale  protagonista di quella guerra di Liberazione: le forze alleate angloamericane. L'apporto dei partigiani è stato quanto meno ininfluente dal punto di vista strategico-militare e, addirittura, foriero di morte da entrambe le parti dal punto di vista umano. In tutta sincerità, secondo voi, ci sarebbero state lo stesso tutte le stragi e le rappresaglie se non vi fossero stati i partigiani?

sabato 26 marzo 2011

Mondialismo e Società segrete (prima parte) 1

Non siamo fanatici del "copia e incolla" tuttavia, quando l'opera merita, ci trasformiamo in virtuali amanuensi. Presentiamo, pertanto, il seguente studio redatto da Paolo Taufer (e curato da Paolo Rada per le Edizioni di Avanguardia), estrapolato dal volume "Il Mondialismo: da dove viene e dove porta", atti del 3° Convegno di studi cattolici edito a cura della Fraternità Sacerdotale San Pio X.
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Premessa
"Un'organizzazione seriamente e veramente segreta, qualunque sia la sua natura, non lascia mai dietro di sè sei documenti scritti", avvertiva il Guénon, alto iniziato del nostro secolo.
E con ciò il discorso potrebbe essere chiuso e l'argomento esaurito, abortito prima del suo stesso esordio.
La materia è indubbiamente ostica, ma, per fortuna, soccorrono le categorie logiche e teologiche, nonché le rivelazioni di iniziati di una certa levatura, per cui, se nelle società segrete superiori sappiamo direttamente poco o quasi nulla, a livelli inferiori le notizie sono più copiose ed è possibile individuare un phylum che, per successiva estrapolazione logica, consente di dire qualcosa anche sulle società segrete superiori, sulla loro struttura, il loro deposito, la loro gerarchia, il loro modus operandi.
Pierre Mariel che chiamo in causa nella sua qualità di martinista, appartenente cioè ad un pollone occulto dell'albero massonico particolarmente attivo e virulento in area cattolica, scrisse a suo tempo un libro intitolato: "Le Società Segrete che dominano il mondo", talora slegato e depistante (dove ad esempio sostiene che lo stato maggiore delle società segrete è costituita da uomini di Stato, mentre è ben noto che in generale questi ultimi sono figure secondarie, quando non addirittura autentici burattini), ma nella sua essenza credibile e convincente.
Altri iniziati, per lo più francesi, quali ad esempio Jacques Bergier, Oswald Wirth, René Alleau, lo stesso Renè Guénon, hanno fornito nelle loro opere numerosi squarci di cosmogonia massonica e preziose informazioni, che tuttavia vanno filtrate da una certa aura di fabulosità o dai termini corruschi di cui spesso si ammantano e che in realtà celano invece il vero messaggio, accessibile soltanto a coloro in grado di coglierlo, per lo più sul piano intuitivo. Informazioni da trasporre dal piano disorganico e logicamente insostenibile degli esoterici a quello di un filante e reale costrutto logico, in ciò sussidiati soprattutto dalle pazienti ricerche di studiosi di parte cattolica, che potremmo definire "classici", come Mons. Jouin, anima della Revue Internationale del Sociétés Secretés", periodico unico nel suo genere fondato nel 1912, da Leon De Poncins, Pierre Virion. A quest'ultima figura in particolare, che collaborò al RISS di mons. Jouin negli anni trenta, dobbiamo un inquadramento ,approfondito e sistematico, fondato su documnenti stringenti, della difficile materia, che conduce in sintesi ad una precisa distinzione tra auorità e potere, condizione queste indispensabile per avvicinare correttamente il difficile tema delle società segrete.