lunedì 12 giugno 2006

Ragioni d’un’Apolitìa

Nel panorama politico attuale, entrambi gli schieramenti  appaiono appiattiti sullo stesso identico programma.
Non esistono differenze sostanziali e persino nella frange estreme non si nota nulla di veramente interessante.
Qualche indirizzo diverso potrebbe anch’esserci, ma è ovvio che le plutocrazie occidentali non permetterebbero mai che tali istanze trovino un qualsiasi porto d’approdo.
Per converso, in tali frange, esistono individui veramente ambigui, tanto a destra quanto a sinistra. Individui senz’esperienza alcuna che, in alcun modo, potrebbero prendere la guida del paese. Individui votati al raggiungimento di qualche piccolo scranno, tutt’al più di qualche obolo, di qualche briciola di potere. Nulla che sia consono alla linea di guida presentata agli ignari militanti. “Individui” insomma, non “Persone”. Ovvio affermare che non sono tutti esseri abietti, che ci sono delle eccezioni… ma le eccezioni, si sa, non fanno altro che confermare ciò che invece è la regola. Le altrettante rappresentazioni mentali di partito e di tesseramento sono, dopo la prova dei fatti, concetti mefitici, rimasugli esiziali dell’esperienza liberale e democratica. Queste idee, cui, sovente, fanno riferimento i politici nostrani, sono scaturite dalla Rivoluzione Francese. Gli stessi concetti di destra e di sinistra sono degli ambiti di riferimento troppo angusti e, spesso capziosi, che non danno idea alcuna dell’eterogeneità degli schieramenti. Se, poi, usciamo dai confini nazionali, questi concetti sono addirittura vertibili. Il liberalismo e con esso il liberismo sono presentati come idee di “destra”, dimenticando cosa abbia rappresentato la destra nei secoli passati. Oggi tutto è infettato dall’umanitarismo, dal plebiscitarismo, dall’immonda bugia che fa capo all’idea malsana di “democrazia”. Già Platone nella sua “Repubblica” indica quale forma di governo sia quella più giusta. E la democrazia, a mio parere, è preferibile solo alla tirannide. Quanto all’aristocrazia bisogna operare una netta distinzione. Oggi, siamo soliti attribuirle un significato adulterato dal tempo. L’aristocrazia non è il governo di pochi o dei ricchi, ma è il governo dei migliori. Il problema, oggi, è trovare i migliori: merce rara nel lugubre paesaggio esistenziale.
© Arthos

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