sabato 3 ottobre 2009

Lettera di Giovanni Preziosi, scrittore e politico fascista, direttore de La Vita Italiana ed Il Mezzogiorno, al Duce.

Monaco, li 31 gennaio 1944
Hotel Vier Jahreszeiten

DUCE,
Ascoltatemi! Sono un Vostro fedele di tutte le ore ed ho avuto per distintivo un motto che Vi ho ripetuto nelle ore più difficili e Vi ripetei ancora alle ore 19 del 25 luglio con lettera caduta nelle mani di Badoglio. Quella lettera diceva: "Duce, ora più che mai : con Voi et per Voi sempre". Voi sapete che io non ho ambizioni e non ho aspirazioni che non siano quelle di potere servire con lo studio e con l’osservazione il mio Paese. Tra i fascisti «notevoli», io sono il solo che, avendo speso, ora per ora, tutte le mie giornate in servizio dell’Italia, può dire :
«Io non ho quello che avevo prima della marcia». Questa è la mia ricchezza, questa la mia forza che mi fa obbligo scriverVi la presente con immensa fiducia. Voi sapete quello che ho fatto con la stampa e presso di Voi, non che presso gli uomini di Governo dal giorno successivo alla Marcia su Roma per fare penetrare questa verità: il Fascismo ha un solo vero e grande nemico: l’ebreo, e con lui il suo maggiore strumento, il massone. L’ebreo-massoneria domina tutta la vita nazionale ed è il vero Governo dell’Italia. Voi sapete quali armi, ebrei e massoni hanno adoperato per mettervi in condizione di non darmi ascolto. Tutto fu messo in opera contro di me dal giorno (22 febbraio 1923) in cui mi feci promotore d’accordo con Michele Bianchi (lui si che non avrebbe mai tradito !), di una riunione agli Uffici della Camera per far portare a Voi la proposta – sapendo il Vostro pensiero ed i Vostri precedenti in materia – della dichiarazione di incompatibilità tra Massoneria e Fascismo. La presenza di un convocato che noi ritenevamo non massone (il Sottosegretario ai LL. PP. Alessandro Sardi) fece si che la sera stessa, prima ancora di Voi, fossero informate ambedue le Massonerie, le quali provvidero subito a mettere al sicuro i loro archivi. Intuirono allora i massoni che le finalità prime della relazione sulla riforma delle Pubbliche Amministrazioni, che io ero stato chiamato a svolgere in Gran Consiglio, avrebbe avuto per scopo la eliminazione dei massoni dalla burocrazia e dall’esercito. I massoni sapevano che dal 15 ottobre del 1922 "La Vita Italiana" veniva pubblicando a puntate l’Annuario segreto delle Logge e dei Triangoli e relativi fiduciari. Venne così il famoso processo delle Paludi Pontine, e Cesare Rossi si recò a Vostro nome dal Presidente del Tribunale, il massone Caizzi, per dire che una sentenza di condanna era «una necessità politica». Io ho la «Relazione Cassis» il cui risultato, nonostante la solenne promessa fatta in un comunicato ufficiale Stefani, non fu mai reso di pubblica ragione, perché si voleva lasciare un’ombra sulla mia vita. La relazione diceva che io avevo reso un grande servizio alla Nazione. Io so quanto, in periodi diversi, fecero presso di Voi contro me Federzoni, Tittoni, il barone Fassini. Io ho anche lo scambio dei telegrammi tra Cesare Rossi e gli Scarfoglio, allorché presi la direzione del giornale “Il Mezzogiorno”. Ma nulla di tutto questo, e fosse solo questo, è valso ad incrinare la mia fede né i miei sentimenti verso di Voi. In Voi io vedevo l’Italia e la sua grande missione nuova nel mondo. Non c’è nessuno che possa dire di avere sentito da me una parola sola che non significasse identificazione della Vostra persona con le sorti dell’Italia. Venne il delitto Matteotti e Voi vedeste quali erano i «fedeli» e quali i traditori. Posso ben dire che nel campo giornalistico io fui alla avanguardia dei «fedeli». E Voi mi rideste la Vostra fiducia. Ma la pubblicazione dei documenti massonici che io iniziai ne “Il Mezzogiorno”, dai quali, ad esempio, si rilevava che la Massoneria di Piazza del Gesù s’era insediata nella Direzione del Partito, fece sopprimere il giornale. Il Gran Maestro della detta Massoneria s’era intanto insediato presso il Ministro allora più potente – Costanzo Ciano – il quale lo aveva assunto e sempre lo conservò al Ministero delle Comunicazioni: i documenti che io consegnai al Partito, naturalmente sparirono; essi contenevano tra gli altri, i nomi di Marinelli e Melchiori, l’uno Segretario Amministrativo, l’altro Vice Segretario del Partito. E così per ben cinque anni fui riallontanato da Voi. Devo ad un intervento fatto da mia moglie, a mia insaputa, se Voi poteste riflettere sul “metodo” che la Massoneria del Partito, del Ministro degli Interni e del Vostro Ufficio Stampa adoperavano ai miei danni (il «metodo» irresponsabile delle veline informative, con le quali Vi si ingannava quotidianamente); ed il ghiaccio fu rotto ancora una volta ed io potei vedervi e corrispondere con Voi. Voi sapete che io in ogni occasione che mi si offriva Vi ho detto o scritto la Verità. Vi ho detto e scritto che l’ebraismo e la Massoneria erano in Italia, anche in Regime Fascista, padroni della situazione. La soppressione delle Logge e le leggi razziali avevano avuto il solo effetto di rafforzare l’ebreo-massoneria che non voleva l’alleanza con la Germania e non voleva questa guerra. Ad alleanza rafforzata e a guerra iniziata, la massoneria mise in opera tutte le sue forze con lo scopo preciso di fare perdere la guerra e rovesciare il Fascismo. Voi sapete che fin dal Novembre del 1939, in base ad una conversazione con un Cardinale, io Vi scrissi della esistenza di un piano ben preciso e noto al Vaticano, tendente a non fare uscire dall’Italia dalla neutralità, per portarla poi allo sganciamento dall’Asse, indi ad un’intesa con l’Inghilterra e Francia, e non si disperava di portarla poi in guerra contro la Germania. Il piano era attribuito al Ministro degli Esteri e sarebbe stato concordato a Lione. Il discorso alla Camera di Ciano, nel quale, senza il consenso della Germania, rese noto un impegno segreto sulla data in cui l’Italia si sarebbe dichiarata pronta alla guerra, sembrò l’inizio dello sganciamento dall’Asse; anche perché in quei mesi la parola «Asse» sparì dal vocabolario giornalistico. E venne la guerra di Grecia. Voi conosceste il ricorso che per Vostra autorizzazione, e per mio suggerimento avanzò al Re il generale Visconti Frasca. Dai documenti ivi contenuti, e non da quelli soli, risulta che Badoglio preparò la guerra contro la Grecia con il proposito di farla perdere all’Italia (faceva questo parte del piano antifascista preparato a Parigi, il cui documento a suo tempo pubblicai ed ho poi riprodotto in uno degli articoli sul Völkischer Beobachter). Era egli e la Massoneria certo, che il fascismo sarebbe caduto con una sconfitta inflitta dalla piccola Grecia; ed in conseguenza l’Italia si sarebbe sganciata dalla Germania per entrare prima o poi nella coalizione attorno all’Inghilterra. Voi sapete che all’indomani delle dimissioni di Badoglio da Capo di Stato Maggiore, io volevo, sotto la mia personale responsabilità, prendere posizione contro Badoglio (come a suo tempo la presi, vittoriosamente, contro Albertini) attorno al quale si veniva costituendo una coalizione con lo scopo preciso di rovesciare il Fascismo. Vi feci arrivare copia anche della ben grave lettera che contro Badoglio a me scrisse il Generale Cadorna. Badoglio era il centro della Massoneria nell’Esercito. Quando tutto era pronto, il Ministro della Cultura Popolare, mi fece ingiungere a Vostro nome di non attaccare Badoglio. Voi conoscete per averla io trasmessa in copia la lunga lettera che io inviai al Prefetto La Pera, Capo dell’Uffizio razza al Ministero degli Interni, il quale mi aveva invitato ad un colloquio a nome del Sottosegretario Buffarini-Guidi; sapete perciò che io qualificai e dimostrai essere opera di TRADIMENTO la politica filo-ebraica del Ministero degli Interni, così come avevo qualificato opera di TRADIMENTO la politica nei riguardi della Massoneria. Voi non avete dimenticato con quanta insistenza io che vedevo delinearsi il tradimento, Vi proposi la costituzione di un «Ufficio» che apparentemente doveva avere carattere di «Ufficio» Storico della Rivoluzione, ma in realtà doveva servire per mettervi in condizione di conoscere la verità sulla situazione e sugli uomini, dal punto di vista razziale, politico e della fedeltà. Vi dissi che un Ufficio simile doveva essere messo alla Vostra diretta dipendenza. E allorché mi diceste di farVi un piano, Ve lo feci (uno massimo, ed uno minimo) e ve lo feci giungere a Cremona, perché sapevo che, una volta conosciuta l’idea, sarebbe stata – come effettivamente fu – sabotata. Tornai sull’argomento nel febbraio 1942, ma Voi affidaste l’ufficio Storico al Partito (epoca Vidussoni) e Farnesi fece cadere nel ridicolo l’idea dell’Ufficio, non altrimenti come fece cadere nel ridicolo la «Mostra del giudaismo e della Massoneria»: due sale vuotissime. Se l’Ufficio che con scopi ben precisi io Vi avevo proposto, fosse stato costituito, Voi avreste conosciuto i traditori prima del tradimento. Invece non fu possibile, nonostante il Vostro «ordine», pubblicare neppure la «Biografia Finanziaria» che doveva servire a scindere il sacro dal profano. L’ultimo insuperabile ostacolo fu offerto dal Ministro De Marsico, liberale massone, contro del quale io presi posizione fin dal 1924 (quando si costituì la loggia massonica ad Avellino sotto i suoi auspici); ma a Voi fecero credere, col solito sistema delle veline, che quella mia era una bega provinciale; e De Marsico trionfò sempre, fino a diventare Ministro della Giustizia ed autore dell’ordine del Giorno Grandi. Voi sapete che allorché Vi fecero dire che la «questione ebraica in Italia si poteva considerare risoluta» e che «gli arianizzati si potevano contare sulla dita di una mano»; io presi posizione con un articolo ne “La Vita Italiana” del 15 settembre 1942 e dissi che questo significava «nascondere le piaghe », e aggiungevo «Un giorno o l’altro le piaghe faranno cancrena e l’opera di coloro che avranno contribuito a nasconderle apparirà opera di tradimento. Io non voglio contribuire a nasconderle». E, dopo questa premessa, dimostrai che non solo la questione ebraica non era stata risoluta, ma s’era aggravata in quanto costituiva «Il vero e proprio cavallo di Troia nella città assediata». E dissi quale era il modo di risolverla. Il sotto effetto di quella presa di posizione furono la irritazione del Sottosegretario Buffarini-Guidi che governava in materia ebraica-massonica, e una Comunicazione del Ministro della Cultura Popolare Pavolini che minacciava gravi provvedimenti, naturalmente contro di me. Voi sapete che l’11 novembre 1942, io scrissi una ben grave lettera al Generale Galbiati nella sua qualità di Capo dello Stato Maggiore della Milizia V.S.N. Su mia richiesta, Galbiati Vi comunicò la lettera che cominciava con la frase: «la casa brucia». In essa io denunciavo l’opera di tradimento che si veniva impunemente ed in ogni campo svolgendo per opera di Ministri e di uomini di primo piano del Regime, più o meno mammonizzati (il mammonismo è l’arma con la quale il giudaismo – io scrivevo – si è sempre servito per la conquista degli uomini e delle nazioni). Denunziavo l’opera dell’alta burocrazia che sabotava la guerra e gli approvvigionamenti, metteva i popolo contro di Voi e seminava l’odio il più feroce contro la Germania. Nelle giornate della Vostra prigionia avete certamente pensato a quella lettera. E Voi ricordate pure con quanta irritazione contro di me, mi rileggeste, il 12 dicembre 1942, i brani salienti di quella lettera, e finiste per affermare: «evidentemente i bombardamenti di Napoli hanno fatto effetto anche su di Voi ». Mi diceste che le mie preoccupazioni erano senza fondamento e mi faceste l’apologia della burocrazia che ben serviva lo Stato, del quale Voi Vi consideravate il primo dei servitori. E mi diceste che non avevo il diritto di dubitare dei Vostri collaboratori. Ed allorché io mi accingevo a darvi la mia risposta precisa, Voi rivolgendovi al Sottosegretario Russo gli diceste di preparare il decreto della mia nomina a Ministro di Stato, ma non mi deste la possibilità neppure di ringraziarVi. Voi ricordate che subito dopo, e cioè nello stesso dicembre 1942, io ottenni che Vi venisse consegnata una Relazione di 40 pagine dal titolo «PROPAGANDA NEMICA-EBRAISMO-FRONTE INTERNO» datata 16 novembre 1942 (preparata d’accordo con il «Centro Studi sul Problema ebraico di Trieste») con 5 allegati:
1) sullo spionaggio; 2) sulla posizione e responsabilità nell’opera di tradimento che si veniva effettuando attraverso la «centrale ebraica di Trieste»; 3) sul giudeo arianizzato Ing. Cesare Sacerdoti; 4) sui precedenti del gruppo politico plutocratico triestino che, al seguito dell’innocente Vidussoni, si era insediato nel Partito; 5) una lettera che dimostrava come si veniva effettuando il collegamento con l’estero del gruppo ebraico-plutocratico-spionistico. Sola conseguenza di questa Relazione, da Voi passata al Sottosegretario Buffarini-Guidi per indagare e provvedere, fu l’invito categorico da parte del Partito di destituire il Direttore del «Centro Studi sul Problema Ebraico» di Trieste. E la destituzione sarebbe avvenuta se io non mi fossi rivolto a Voi direttamente. Ma la Relazione fu messa a dormire, assieme alle numerose altre che dai «Centri», in ragione gerarchica, era inviate al Ministro della Propaganda Pavolini. Se Vi fate consegnare oggi quella relazione vedrete che tutto era stato previsto, incluso quello che si veniva effettuando intorno a Badoglio. E già, a fine di Luglio del 1942, io Vi avevo mandato da Cortina copia del 5° allegato di cui sopra, assieme a due altre lettere pervenutemi da Trieste, ben gravi e che illuminavano anche l’opera nefasta che attraverso gli ebrei della ben nota «Assicurazioni Generali» presieduta per arianizzarla da… Volpi, si veniva svolgendo all’Estero. Voi mandaste quella lettera a Tamburini, allora Prefetto di Trieste, il quale invece di provvedere, uso parole non mie, «si scagliò contro Gastone Bonifacio, interprete presso la censura militare di Trieste, che egli riteneva colpevole di avere mandato a me Preziosi le tre lettere; ne fece perquisire la casa; per cui il Bonifacio, fascista puro ed uomo di onore, ma sensibilissimo e sofferente di cuore, pochi giorni dopo moriva di crepacuore». E col cadavere di Bonifacio fu seppellito anche l’argomento delle tre lettere. Voi sapete che l’indomani del lungo colloquio Grandi-Di Marsico, che ebbe luogo al Ministero della Giustizia il 14 giugno, intuì che gravi cose si andavano preparando e misi in guardia il Segretario del Partito Scorza; so che Scorza Vi parlò del non fascista De Marsico che mi definì: «il primo da mandar via». Voi sapete per avervelo detto al Quartier Generale del Führer, i passi che feci per evitare che la riunione del Gran Consiglio avesse luogo. Scongiurai fino all’ultimo: «per carità, non lasciate uscire da Roma la Divisione Corazzata della Milizia». E quando seppi che il Ministero della Guerra aveva chiesto che fossero restituiti i fucili in dotazione della G.I.L., feci osservare che era evidente il piano di disarmare il Partito. Voi sapete che da Napoli dove io mi trovavo da un giorno perché dovevo recarmi a visitare la mia vecchia mamma ottantacinquenne, restata ad Avellino alla mercé degli angloamericani, Vi scrissi una lettera in data 18 luglio, appena cioè seppi della riunione del Gran Consiglio, nella quale Vi dicevo: «La seduta del Gran Consiglio potrà rappresentare il suicidio del Fascismo».E qui ho segnato che solo una parte degli sforzi da me fatti perché Vi fosse noto quanto non Vi poteva essere noto per le vie ufficiali, le quali andavano divise in due categorie:
a) quelle traditrici; b) quelle che di fronte a Voi avevano la sola preoccupazione di farVi credere che nel loro settore tutto andava meravigliosamente bene. Partecipavano alla prima categoria, specie nell’ultimo periodo, la quasi totalità di colore che Vi erano più vicini e che riscuotevano la Vostra fiducia. Ma Voi non sapete che allorché io vidi la impossibilità di dare a Voi la visione del pericolo, convocai un autorevole studioso tedesco residente, in ragione del suo Ufficio, a Roma e che aveva sempre avuto con me ottimi rapporti, e dopo di avergli dichiarato che mi rendevo conto della gravità del passo che compivo, gli affidai l’incarico di comunicare all’ambasciatore di Germania, visto che la mia voce non era ascoltata in Italia, perché a sua volta riferisse al suo Governo, che una vera e propria congiura era in atto in Italia con lo scopo preciso di liberare l’Italia dalla Germania. La congiura faceva capo a Badoglio e vi partecipavano, ciascuno per finalità proprie, Federzoni, Grandi, Bottai. Aperto nemico della Germania era Ciano. Aggiungevo che in Badoglio vi era la precisa finalità di rovesciare il Fascismo. Questa segnalazione, alla distanza di un anno, fu da me fatta due volte e mi costa ora che l’Ambasciatore di Germania pensò bene a non dare peso alla mia comunicazione. Anche lui era soddisfatto di quanto gli giungeva attraverso gli organi ufficiali; e … Bottai e Grandi furono festeggiati in Germania. La sola forma di protesta che io ebbi a disposizione fu di rifiutare un invito a fare una visita in Germania assieme a uomini come Baldini che io ritenevo traditori.Tutto questo io ho potuto vedere perché ho studiato il giudaismo nella sua essenza e ne ho seguito l’attuazione metodica del piano di conquista e di sovversione. Le previsioni erano facili, perché alle stesse cause corrispondono gli stessi effetti. Il difficile stava nel non lasciarsi sviare dai fatti secondari e da interessi personali e nel mantenere fermo il rigore del ragionamento sillogistico in ogni circostanza. Tutti inutili però i miei sforzi. Il dominio ebraico-massonico era così completo che c’è solo da meravigliarsi che io abbia potuto continuare a scrivere. Nella migliore delle ipotesi Ministri Vostri e la gran parte dei Segretari del Partito che si sono succeduti, Vi dicevano che Preziosi era un visionario ed un esaltato, e qualcuno Vi faceva credere che io era pagato da Hitler. Calunnia prediletta questa di quel «moralissimo» Capo della Polizia, Bocchini, che aveva nelle mani anche le sorti morali degli italiani tutti.E ora che i fatti mi hanno dato ragione?… Ora so tra l’altro che v’è una ripresa per ridisporre male di Voi contro di me. È cosa che non può meravigliarmi perché la ragione di questa ripresa si identifica con la ragione per la quale se non si risolvono le cause vere che determinarono il 25 luglio, non potremo che avere analoghi effetti.
E le cause VERE sono: a)la mancata soluzione del problema ebraico,b) la mancata soluzione del problema della Massoneria nella vita dello Stato e del Partito.DUCE, io ho il dovere di ripeterVi quanto Vi scrissi il 9 novembre u.s. nell’atto di lasciare il Quartier Generale e tornare in Germania: «Se non ci mettiamo risolutamente sulla via della profonda epurazione dalla Massoneria e della integrale soluzione del problema ebraico, avremo nuove delusioni ».A parte tutto, io demando, come si può pretendere una solidarietà con noi, accanto alla Germania, in questa guerra ebraica, da parte di quanti hanno gocce – dico solo gocce – di sangue ebraico ? Non ha forse la storia dimostrato che ovunque esiste una goccia di sangue ebraico, ivi esiste la solidarietà con la Razza ? Vi pare poca cosa che ancora oggi in Italia gli « arianizzati » o i cosidetti « non appartenenti alla razza ebraica » (e a quale razza appartengono costoro ?) sono ancora considerati non ebrei e perciò buoni italiani ? Chi non sa che dietro queste anormalità giuridiche e razziali si nascondono proprio gli ebrei più pericolosi, arianizzati a fior di quattrini ? Anche il Generale Pugliesi, arianizzato al pari dell’Ing. Sacerdoti per « indispensabilità » continua a circolaree pe l’Italia e va… dal Papa. Mi sovviene un monito, della cui profonda verità l’Italia ha fatto la terribile esperienza, contenuto nel Mein Kampf di Hitler:«Primo compito non è quello di creare una costituzione nazionale dello Stato, ma quello di eliminare gli ebrei. Come spesso avviene nella storia, la difficoltà capitale non consiste nel formare il nuovo stato di cose, ma nel fare il posto per esse».Compito numero uno non è la cosiddetta «concordia nazionale», della quale assieme a Gentile vanno blaterando altri ; ma la totale eliminazione degli ebrei, cominciando da coloro, e sono già tanti, che tali si rivelarono dal censimento, non mai reso pubblico, dell’agosto del 1938. Poi scovare gli altri più o meno battezzati o arianizzati. Indi, escludere da tutti i gangli della vita nazionale, dall’esercito, dalla magistratura, dall’insegnamento, dalle gerarchie centrali e periferiche del Partito i meticci, i mariti delle ebree e quanti hanno gocce di sangue ebraico. Lo stesso va fatto per quanti hanno appartenuto alla Massoneria. Come si può dimenticare che alla vigilia della guerra, il 19 luglio 1939, il Re d’Inghilterra nell’investire il Duca di Kent della « eccelsa carica di Gran Maestro della Massoneria », ricevè la assicurazione dal Vice Gran Maestro, Lord Harenwood, che in caso di guerra « si poteva contare sui massoni dei paesi dove la Massoneria è stata abolita » ? Fu il Times del 20 agosto del 1939 che pubblicava questo racconto ; ed io, nel fascicolo de La Vita Italiana del 15 settembre del 1939 scrivevo tra l’altro : « Sarà molto utile, nel caso di guerra, che dallo Stato Maggiore si abbia un elenco preciso degli ex-massoni, per evitare di affidare a costoro mansioni delicate »… « Sotto l’alto patronato del re d’Inghilterra sono chiamati a raccolta i massoni dei paesi come l’Italia, dove la massoneria è stata abolita per ragioni di sicurezza dello Stato. L’appello li invita, evidentemente, a non servire la Patria, ma a schierarsi, in caso di guerra mondiale dalla parte della Massoneria universale. In altre parole è un invito a tradire la Patria ». E nonostante la mia inequivocabile segnalazione, così è stato : nella scelta tra il giuramento alla Patria e quello alla Massoneria, ha – come sempre e dovunque – prevalso il giuramento alla Massoneria. E così sarà anche domani.L’opera di ricostruzione non potrà cominciare se non quando per Ministri, funzionari, appartenenti al Partito, ufficiali dell’Esercito, Guardia Nazionale Reppublicana, non che per quanti hanno mansioni non solo di prim’ordine, ma di qualsiasi ordine nelle Amministrazioni dello Stato, non si esigerà che non abbiano appartenuto alla Massoneria e non si richiederà la dimostrazione della loro arianità nel solo modo serio, che è quello costituito dalle tavole genealogiche, come si fa in Germania.E poi c’è il problema morale, quelle che fu mirabilmente, ma inutilmente posto da Guido Pallotta (quella di Pallotta sì che era « Mistica Fascista »). Occorre dire a Gentile, e a quanti sono i mammonizzati che scrivono come lui, che occorre smetterla col ferro vecchio, comodo a lor signori : « sentire una volta nausea degli scandali ». È da ventidue anni che gli italiani sentono ripetere in tutti i toni questa frase ebraica, la quale è servita solamente per coprire malefatte di profittatori e malversatori. « Non vogliamo scandali », si predicava tutte le volte che costoro gettavano il fango sul Fascio Littorio. E così i profittatori e malversatori aumentavano di numero ; ed il moltiplicarsi dei casi faceva apparire al popolo come disonesto e profittatore tutto il Fascismo. Oggi i predicatori nuovissimi nutrono la speranza di una assoluzione generale ed osano dire che questa è la volontà del popolo. La volontà del popolo è un’altra ed è caratterizzata dalla sete di giustizia. Il popolo italiano vuole che il gerarca sia esempio di vita, sotto tutti gli aspetti. Il popolo italiano in ogni tempo ha dato gran peso ai valori morali ed ha sempre mal giudicato coloro che si sono arricchiti facendo della politica. E volete, ad esempio, sapere le conseguenze del non dar peso ai valori morali ? Ed il non considerare il Fascismo come un modo di intendere la vita e di usarla. FateVi dire dai rappresentanti consolari italiani, oppure dall’Ambasciatore, oppure dalle stesse autorità germaniche, quale spettacolo van dando, proprio qui a Monaco, alcuni organizzatori sindacali, insediatisi come gerarchi dei Fasci Repubblicani in Germania. Essi hanno abbandonato le funzioni delle loro cariche primitive nell’attesa di potere coprire anche posti consolari e diplomatici. FateVir dire, ad esempio, lo sciupio che fanno di benzina, ma in un paese nel quale altissime autorità non hanno l’uso dell’automobile, e quelle che l’hanno, ricevono la benzina col contagocce. Quante automobili han chiesto i Fasci Reppublicani ? Si va e viene dall’Italia e da Stoccarda in automobile. Giorni or sono uno di questi gerarchi investiva ed ammazzava un tedesco, e non si fermava. C’è voluta tutta la buona volontà del Console e l’immediata condiscendenza tedesca, quando si tratta di italiani, per evitare l’arresto. Chiedete quale spettacolo han dato e quali stipendi han percepito, e i più percepiscono tutt’ora, quella schiera di italiani che lavoravano per la Patria nella «Radio Monaco». Seimila marchi al mese il direttore, da duemilaottocento ad un minimo di millequatrocento mensili gli altri. Questo oltre alle spese di albergo, in uno dei più grandi alberghi della città. Fate domandare al Console o al direttore dell’Albergo quale spettacolo, salvo la eccezione di due o tre, ha dato questa schiera. Una vera schiera, da otto a dieci uomini e sei o sette signorine, per una produzione che, tra notiziario e poche pagine di commento quotidiano, andava da un minimo di otto pagine ad un massimo di venti. Stipendi simili in Germania non esistono per nessuna categoria, non dico di giornalisti, ma di altissimi funzionari. Sono stati invece corrisposti agli italiani per far fare loro opera di italianità in un momento che è il più triste di tutta la storia d’Italia. Allorché mi faceste dire di interessarmi a «Radio Monaco», constatai quanto sopra e limitai il mio interessamento a ricevere saltuariamente qui due o tre giovani che si distinguevano per capacità, per rettitudine di vita e senso di responsabilità. Tutto ciò in un paese che è tutto un esempio di disciplina e di privazioni, proteso nelle sforzo immane della guerra. Qui si vede e si giudica, anche quando non si parla. Ho voluto dirVi anche questo perché sospetto che di tutto ciò nessuno Vi abbia fatto parola. E desidero dirVi ancora che la via per ricuperare l’onore, è una sola: la lealtà più assoluta con l’alleato tradito. Stroncare perciò tutte le incoscienti velleità antitedesche, sotto qualsiasi forma, a tenere sempre presente che quello che si viene costruendo deve essere in funzione di una unità europea ariana, per giungere alla quale nulla è meglio indicato delle leggi razziali germaniche. Per applicare le quali occorrono uomini capaci di riscuotere fiducia e non compromessi per il loro non dimenticato né dimenticabile passato.Ed ho finito. Considerate questa mia come il passaggio dal genere di attività che ho avuto fino al 25 luglio, ad un altro genere, fatto di studio di quegli archivi, ogni nelle mani della Germania (primi fra tutti quello dell’Alleanza Universale Israelitica e quello Rothschild), che serviranno a fare conoscere la VERA storia dell’Europa e quindi dell’Italia. La storia non è costituita della scena. E purtroppo, finora, noi solo questa conosciamo.
Devotamente
Giovanni Preziosi
(Fonte: Manfredi Martinelli, La Propaganda razziale in Italia 1938-1943, Appendice documentaria, pp. 359-364)

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